Fidanzata dall'età di 14 anni, terminato il liceo parto per l'Africa dove lui lavorava. Dopo tre anni ci sposiamo e ritorniamo in Italia. Nate due figlie, lui continua a viaggiare all'estero e io resto a casa: lui lavora, io no. In seguito ad un incidente stradale dove lui si salva per miracolo scopro che mi tradisce da otto anni. Devo dire inoltre che poco prima della scoperta, in buona fede, cedo il nostro appartamento a me intestato a mia cognata e subentro nel suo poiché lei doveva acquistarne uno a Roma e sul mio non c'era ipoteca. Senza capire che forse era già in atto un tentativo di tutela da parte della famiglia di mio marito, cedo anche tutte le azioni a me intestate in favore di mia cognata. Provo a perdonarlo, ma non ci riesco perche scopro dopo due anni che la storia continua e che in Africa c'è un'altra donna. Nel frattempo mi dice che è meglio cominci a lavorare per combattere la depressione e mi fa assumere da un socio in una ditta sempre loro.

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Decidiamo di separarci e nella sentenza di omologa, lui, dato che lavoravo, non versa mantenimento a me ma solo alle figlie. La casa non ancora intestatami per mille scuse figura nella sentenza come da intestarsi alla mia figlia maggiore, mentre l'altra, che era in fase di acquisto, risulta intestata alla mia figlia minore. Delle due case di una ne avrei usufruito io e dell'altra lui. In prima istanza eravamo entrambi col suo avvocato, poi appena inizia a ritrattare io mi rivolgo ad un secondo avvocato col gratuito patrocinio. Nel frattempo lui ha un figlio da un'altra donna e modifica la tipologia di lavoro, cosicché ne deriva un'improvvisa riduzione degli alimenti. Tra l'altro io lavoro senza retribuzione per piu' di un anno e poi vengo passata in cassa integrazione e da più di un anno e mezzo con retribuzione di 350 euro. C'è da dire che lui non ha fatto domanda al giudice, ma ha ridotto dall'oggi al domani la cifra che mi versava, pur sapendo che io ero senza impiego e retribuzione.

Mi trovo a dover avere da lui arretrati per 15.000 euro e dal mio datore di lavoro un buco di altrettanti euro. Ho due figlie ormai maggiorenni e la grande  ha appena partorito una bellissima bambina, ma non ha ancora possibilità di sposarsi poiché non lavorano né lei né il compagno. Ormai sono passati 4 anni dalla sentenza e lui ha avuto il tempo di passare tutto alla sorella e di risultare così nullatenente…. e di farsi compatire dalle mie figlie…. io non ho mai voluto creare situazioni astiose e assecondavo le sue chiacchiere. Ora lui vuole il divorzio, che fareste al posto mio?

Cordiali saluti e scusate la forma un po' confusa.

Greta (nome di fantasia inventato dalla redazione)

P.S. quando mi sono fidanzata lui non aveva nulla e tutte le proprietà le abbiamo create lui col suo lavoro, io con la cura delle sue figlie

Gentile Signora,

apprendo con dispiacere il contenuto della sua lettera. Purtroppo sono frequenti i casi in cui, nonostante l’impegno assunto in sede di separazione, il coniuge ometta parzialmente o integralmente di versare il contributo al mantenimento della prole. Premettendo che la sentenza di separazione giudiziale o il decreto di omologa in caso di separazione consensuale costituiscono titolo esecutivo sulla base del quale è possibile agire per il recupero forzoso del credito, lei potrà dare avvio ad una procedura esecutiva nei confronti di suo marito il quale ha interrotto di propria iniziativa il versamento di quanto dovuto per il mantenimento dei suoi figli.

Solo per precisione, le sottolineo, inoltre, che il nostro ordinamento prevede che la tutela possa essere esercitata anche in sede penale con la presentazione di una denuncia-querela, poiché il mancato contributo al mantenimento costituisce un’ipotesi di reato. Ciò in quanto, in assenza di una modifica delle condizioni di separazione, è precluso al coniuge tenuto al pagamento di non provvedervi. Vero è che, in sede di divorzio, l’attuale e peggiore condizione economica di suo marito, tra l’altro genitore di un altro figlio, non potrà non essere considerata ai fini di una variazione del contributo, salvo che lei riesca a dimostrare che egli goda, in realtà, di una situazione economica più agiata rispetto a quella eventualmente dichiarata.

Non dimentichi, tuttavia, che anche la sua precaria condizione economica, peggiore di quella esistente al momento della separazione, non potrà che essere attentamente valutata in caso lei volesse avanzare una richiesta di assegno divorzile. A tal fine è, però necessario che questa sia giustificata dalla mancanza di risorse reddituali e/o patrimoniali in grado di assicurarle un tenore di vita tendenzialmente equiparabile a quello esistente durante la vita matrimoniale e che non sia in grado di procurarsele. Ciò premesso, la invito ad affidarsi ad un collega di fiducia che la possa assistere in questa vicenda sia per il recupero del credito da lei vantato nei confronti di suo marito sia in sede di divorzio.

A cura dell'Avvocato Francesca Maria Croci