1/5 – Introduzione
La riforma del diritto di famiglia disposta il 19 maggio del 1975 aggiorna la precedente legge “Delle persone e delle famiglie” redatta per la prima volta nel 1942 e regola definitivamente ogni aspetto patrimoniale nei rapporti tra i singoli componenti di una famiglia ed, ovviamente, tra i coniugi. Le uniche due forme legali possibili all’interno del matrimonio sono la comunione e la separazione dei beni. Per comunione si intende la proprietà condivisa dei beni acquistati dopo il matrimonio anche se sono intestati solo alla moglie o solo al marito, per separazione si intende invece la gestione separata del patrimonio che sarà di proprietà di ciascuno dei due coniugi. Il Codice Civile elenca le categorie del patrimonio che concorrono a formare il capitale familiare e quelle che, invece, restano beni personali esclusivi di ciascun coniuge come nel caso dell’eredità.
2/5
Mentre la scelta del regime di comunione è automatica, quella relativa alla separazione deve essere specificata al momento del matrimonio. Bisogna dichiarare la preferenza davanti al sacerdote se il rito è religioso, davanti all’Ufficiale di stato civile se la cerimonia è solo civile. Non tutti sono a conoscenza di questa particolarità del codice civile. Gli individui che si ritrovano a condividere i beni con la propria consorte e che, per qualsiasi ragione, desiderano applicare la separazione in un secondo momento devono necessariamente rivolgersi ad un notaio, il quale provvederà ad avviare l’intera procedura burocratica. L’atto notarile deve essere firmato da entrambi i coniugi.
3/5
Tra i beni personali che non concorrono alla formazione del patrimonio in comunione ci sono le proprietà pervenute a seguito di donazioni o come eredità. L’articolo 179 del Codice Civile a tal riguardo alla lettera b) recita che sono considerati beni a gestione separata ‘i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione’. Pertanto nel caso di un’eredità arrivata dopo il matrimonio in regime di comunione, essa non diventerà di proprietà comune: vale a dire che le eredità ricevute non entrano nella comunione dei beni. In parole povere, se una persona riceve una donazione o è beneficiaria di eredità, e nel rapporto matrimoniale della suddetta persona vige la comunione dei beni, questa non avrà effetto alcuno sui valori ricevuti in donazione o in eredità.
4/5
Riguardo all’eredità per morte di uno dei coniugi, il patrimonio familiare va diviso in due parti uguali e solo il 50% di esso costituisce il patrimonio da suddividere tra gli aventi diritto. Al coniuge superstite spetta, infatti, da subito il suo cinquanta per cento che era in comunione più la quota di eredità. Risulta chiaro come il regime di comunione privilegi il coniuge rispetto ai figli o agli altri eredi. Per ciò che riguarda i diritti successori il coniuge separato viene considerato alla stregua del coniuge non separato. Al coniuge superstite spetterà il diritto di abitare nella casa di residenza familiare e di usarne gli arredi pur in presenza di altri legati. La formula appena descritta può essere regolata compilando un testamento alla presenza di un notaio.
5/5 Consigli
- La comunione dei beni in caso di decesso di un coniuge privilegia l’altro in misura maggiore degli altri eredi
- In caso di dubbi sulla destinazione dopo il decesso, rivolgersi ad un notaio