La storia di Alice

Seduta sul pavimento del mio appartamento nel centro di Milano, capisco che mio non lo è mai stato. Anche se ho una casa di proprietà, ho deciso di andare a convivere in questo lussuoso open space e pagare l’affitto all’uomo che amo, che guadagna quattro volte più di me e ha vent’anni di più. Indosso dei leggings e un maglione largo, abbigliamento per lui «inguardabile e poco femminile». Tutto in me è sbagliato: non so caricare la lavastoviglie, parlare, truccarmi. Respiro a fatica, singhiozzo tra mascara colato e lacrime. I carabinieri se ne sono appena andati. Non so quando ho iniziato a chiedermi se fossi diventata pazza. Lui me lo ha fatto credere così tante volte che è quasi diventato reale. Sono la donna «che più di tutte lo ha deluso». La mia colpa è stata quella di provare a metterlo davanti alla realtà che nega costantemente: l’ennesimo tradimento.

Credeva di essere pazza

Dice che mi invento tutto, che sono paranoica, che ho bisogno di cure psichiatriche. Ai miei genitori ha scritto che è preoccupatissimo per i miei problemi mentali, che vedo cose che non esistono, giura sui suoi figli di non avermi mai tradito. Ma io so di non essere impazzita. L’uomo che diceva di amarmi mi ha trasformata in questo. Mi sono chiusa in bagno con il suo telefono, volevo mostrargli le prove. Ha chiamato i carabinieri dicendo che «c’era una pazza che lo voleva ammazzare». La pazza che lo voleva ammazzare aveva afferrato un bicchiere e l’aveva scagliato contro il muro per spaventarlo quando lui, dopo aver sfondato la porta del bagno, mi aveva trascinata fuori dandomi della “bambina psicopatica”, facendomi sbattere contro gli spigoli dell’unico corridoio di una casa in cui decideva tutto lui: arredi, colori dei tovaglioli, cosa guardare in tv, chi invitare. Ero pazza, sì, perché vivevo così da quasi due anni.

Come ne è uscita

Ha accolto i carabinieri impeccabile e profumato: «È di là». Come se fossi una bestia feroce, una matta relegata nell’altra stanza con la camicia di forza. Io invece ero solo innamorata. Avevo accettato tutto. Nel primo mese non avevo potuto lasciare segni del mio passaggio per non far soffrire una sua ex. Una delle tante che hanno popolato casa, chat e false cene di lavoro. In quella chiamata al 112 lui chiede aiuto mentre massacrata a terra ci sono io. I carabinieri mi fissano. Lui ribadisce che sono una pazza violenta e che me ne devo andare. Ammetto di avergli tirato uno schiaffo perché è un traditore seriale. Gli agenti riconoscono il mio shock, dicono che la situazione li obbliga a chiedergli di andarsene e ritornare solo quando io mi sentirò al sicuro. Risponde: «Ma questa è casa mia, l’affitto è intestato a me». Qualcosa mi esplode dentro. Dico che pago, posso mostrare i bonifici, che quella è anche casa mia. Lo accompagnano fuori e mezz’ora dopo, nella notte più fredda della mia vita, compro online 12 cartoni da trasloco.

Che cos’è il gaslighting

Quello che Alice ha subito dal partner in questa relazione abusante si chiama gaslighting. Lui ha volontariamente omesso la verità e, anche di fronte alle prove, ha sostenuto che Alice si inventasse tutto, insistendo sulla sua instabilità mentale e addirittura arrivando a parlare ai genitori della sua preoccupazione per la “follia” della compagna.

Il gaslighting è la peggiore delle manipolazioni, perché porta la vittima a dubitare delle sue stesse percezioni

Il termine deriva dal film del 1944 Gaslight: un marito manipola psicologicamente la moglie con vari espedienti, tra cui il tremolio delle luci a gas in casa, per poi negare che le cose stiano accadendo, facendo credere alla donna che si stia immaginando tutto. Sì, chi subisce gaslighting inizia a dubitare della propria memoria, dei propri ricordi e viene portato a un tale stato di disorientamento che non sa più cosa sia vero e cosa no.

Perché il gaslighting ti annienta

Il manipolatore ha così in mano la situazione: solo ciò che lui dice è reale e l’altra persona non ha più il coraggio di esprimere opinioni, prendere decisioni o ribellarsi, perché diventa insicura anche sulle questioni più semplici. Il carnefice tira i fili di questo gioco al massacro, che è il gaslighting, dove nel peggiore dei casi la vittima si convince di essere “pazza”. Il partner di Alice nega i suoi tradimenti anche davanti a messaggi espliciti e agisce sulla compagna una critica continua. Lei ha un lavoro prestigioso, ma lui la demolisce facendola sentire in colpa e in difetto. La trascina a forza ma ai poliziotti dice che quello in pericolo di vita è lui. Questo ribaltamento della realtà insopportabile è ciò che scuote in Alice il senso di rivalsa. Quando si sveglia dall’incubo costruito intorno a lei da una mente perversa, riesce a fare ciò che serve per ritornare alla libertà e alla chiarezza mentale: andarsene. Lui la perseguiterà per mesi, stalkerandola con account falsi e mail in cui ribalta la situazione continuamente. Alice deciderà di andare in psicoterapia per ricostruire la sua autostima e capire cosa le è stato fatto.

Così puoi salvarti

Tutti possiamo subire gaslighting senza accorgercene. Bisogna fare attenzione a chiunque insista nel farci dubitare dei nostri ricordi o delle nostre percezioni. Se vi trovate in una relazione e avete iniziato a perdere fiducia nella vostra capacità di giudizio, vi scusate per azioni che non avete compiuto, vi sentite confuse e responsabili per qualcosa di cui non avete colpa, ecco, iniziate a osservare le incongruenze. L’altro cambia sempre versione dei fatti? Nega cose che ha detto? Sposta oggetti dicendo che lo avete fatto voi? Occhio.

Il consiglio è quello di tenere un diario e annotare ciò che avviene nelle situazioni più confuse

Soprattutto, confidatevi con altre persone: solo chi è all’esterno può vedere con lucidità ciò che da dentro è impossibile capire. La salvezza è fuori dalla relazione. Bisogna aprire la porta il prima possibile, come ha fatto Alice, e non avere paura di farsi aiutare, specialmente se dall’altra parte c’è qualcuno che ha già dimostrato di non essere interessato alla vostra incolumità.