Sempre meno giovani si sposano, ma sempre più coppie mature scelgono il divorzio. Si tratta di un fenomeno ormai consolidato. A interrogarsi sul perché di queste tendenze è l’avvocato Carlo Rimini, nel suo libro Perché non ti sposi?. Si tratta di un ritratto in parte, ma soprattutto realista dei motivi per cui sempre meno ragazze e ragazzi pensano al matrimonio come coronamento di un amore. Ma è anche l’occasione per capire perché anche chi quel “grande passo” lo ha fatto da qualche anno, quindi si era già sposato, oggi decide con maggiore facilità di lasciarsi, specie dopo i 50 anni.
Cos’è il matrimonial rate
Si chiama “matrimonial rate” ed è il rapporto tra il numero di matrimoni celebrati in un anno rispetto alla popolazione: in Italia è tra i più bassi al mondo. «È un record negativo, siamo persino gli ultimi in assoluto sia in Europa, sia considerando paesi occidentali come Stati Uniti e Canda. Per tradurre i numeri in pratica, gli italiani si sposano la metà degli statunitensi, molto meno degli inglesi, sensibilmente meno dei tedeschi e un po’ meno dei francesi» spiega Carlo Rimini, professore ordinario di Diritto Privato dell’Università degli Studi di Milano, professore di Diritto di Famiglia all’Università di Pavia e scrittore.
Niente più matrimoni, siamo italiani
«Questa fotografia sorprende per almeno due motivi: il primo è che viviamo in un paese con una profonda e radicata cultura cattolica e questo farebbe pensare che gli italiani si sposino di più. L’altro motivo sta nel fatto che le ragioni per cui il matrimonio ha perso appeal valgono anche per altri Paesi, ma lì il fenomeno è meno marcato che da noi», sottolinea Rimini. Perché? «Io dò una risposta da giurista: l’unica differenza è la legge che regola i matrimoni, che da noi è molto antiquata e non risponde alle esigenze dei giovani, ma neppure di chi dal matrimonio è già passato e ne è uscito con un divorzio o una separazione», aggiunge l’avvocato.
Pochi vantaggi, troppa rigidità
«Oggi sposarsi o rimanere sposati non offre un menù in effetti appetitoso, anzi il matrimonio appare troppo rigido – spiega Rimini – Per esempio, anche alle coppie sposate non piace l’obbligo per cui i coniugi devono essere eredi reciproci, che appare come una compromissione inaccettabile della propria libertà. Un altro esempio sono gli effetti del divorzio, spesso ingovernabili e che invece possono essere superati con i patti prematrimoniali. Nel nostro Paese non sono consentiti, ma ormai sono previsti in tutto il mondo, non sono più solo un’esperienza californiana da film».
Perché ci si separa a 50 anni
Viene da chiedersi, però, perché siano in aumento anche le separazioni e i divorzi dopo i 50 anni: «Questa è una tendenza universale e il motivo principale è che l’indissolubilità non è più prevista dalla legge, ma non è neppure più un valore percepito come tale a livello sociale. Quando marito e moglie litigano o non ne possono più l’uno dell’altra, non c’è ostacolo alla separazione. La tendenza a farlo a una certa età deriva da un atteggiamento umano e comprensibile: se si hanno figli nella maggior parte dei casi si resta insieme per poter restare vicino a loro. Si rinuncia in qualche modo ad avere una famiglia serena, pur di mantenere contatto quotidiano coi figli. Quando però iniziano a uscire di casa e dunque viene meno questa esigenza, la scelta naturale in caso di matrimonio che non funziona diventa la separazione, perché non c’è più una “sanzione sociale”», osserva Rimini.
Le conseguenze di un divorzio
Restano, però, alcune criticità anche nel divorzio: «Gli effetti economici della legge italiana in materia sono pesanti, perché si tratta di una norma che non è stata aggiornata rispetto ai cambiamenti sociali. Di fatto prevede come unico strumento di tutela della parte più fragile della ex coppia l’assegno mensile, che però viene riconosciuto solo nel 20% dei casi e peraltro per una somma che si aggira sui 500 euro al mese, con i quali in città come Milano non si paga neppure l’affitto di un box – sottolinea Rimini – I giudici lo riconoscono in pochissimi casi perché viene ritenuta una “rendita” mentre in alcuni contesti occorrerebbe riconoscere il sacrificio fatto per anni per i figli e la famiglia. All’estero, invece, ci sono strumenti di riequilibrio matrimoniale più efficaci».
Divorzio, all’estero più tutele
Pur riconoscendo alcuni “abusi” del passato nel ricorso all’assegno mensile, «oggi nella maggior parte dei casi la parte fragile della coppia non vede riconosciuto quel “sacrificio” compiuto per anni, quando magari l’ex coniuge era dedito alla carriera (o al calcetto, come accade purtroppo ad alcuni uomini). Nella maggior parte delle esperienze straniere il giudice può intervenire dando una somma capitale, quindi una certa somma di denaro alla parte più debole della ex coppia. È uno strumento più efficace e non appare come una sorta di pensione a vita. In Francia, ad esempio esiste la cosiddetta prestazione compensativa, che non è un’assistenza, ma una forma di compensazione per ciò che una parte può avere fatto a favore della famiglia», spiega Rimini.
L’Italia è rimasta indietro
«Purtroppo da questo punto di vista siamo rimasti indietro e all’orizzonte non vedo grandi riforme del diritto sostanziale in materia: non sembra essere una priorità», osserva l’autore di Perché non ti sposi?, secondo cui anche la condivisione dei beni è una scelta ormai rara da parte delle coppie: «I dati Istat dicono che l’80% ha optato per la separazione dei beni. Intanto perché è più semplice, basta una X su un modulo mentre all’estero occorre un passaggio dal notaio. Inoltre funziona malissimo: l’esperienza ci dice che dopo un po’ con la comunione dei beni si finisce con il litigare e questo rientra anche tra i motivi delle separazioni in aumento. Ma se a 50 anni una donna si ritrova lasciata dal marito o decide di divorziare, oggi rischia anche di essere senza tutele», conclude l’avvocato.