Le donne manager sono più inclini al tradimento, come se le scappatelle e le avventure extra coniugali andassero di pari passo con l’avanzamento di carriera.

Lo rivela una ricerca condotta dallo psicologo Joris Lammers, dell’Università di Tilburg (Olanda), i cui risultati evidenziano come uomini e donne abbiano raggiunto una vera e propria parità dei sessi in sul lavoro – se non a livello di stipendio – almeno per quanto riguarda una certa inclinazione all’infedeltà, sfatando così lo stereotipo secondo cui le donne al potere sarebbero più comprensive, collaboratite e austere, al riparo dei vizi tipici dei colleghi maschi.

   

Tutta colpa del potere? Pare di sì.

Secondo lo studio infatti, che ha analizzato un campione 1.500 persone, composto da professionisti, capiufficio, “quadri” e manager, sottoponendo i partecipanti a domande estremamente dettagliate su desideri, ambizioni, obiettivi, onestà e autostima, l’essere donne (o uomini) non influenza in modo positivo l’atteggiamento quando si ha un incarico di responsabilità. Insomma, quando si tratta di stare ai piani alti, non c’è poi molta differenza: armati di un certo potere, di oneri e onori di un ruolo importante, siano tutti pressapoco uguali, come se non si fosse più uomini o donne, ma solo manager. Come spiega il dottor Lammers infatti: “Oggi, le donne ai vertici sono considerate sempre più come i loro omologhi maschili. E questo può portale ad assumere comportamenti negativi che finora si riteneva fossero appannaggio solo degli uomini”.

Non solo: un altro risultato importante emerso dallo studio è che la considerazione di sé cresce di pari passo con l’ambizione e la scalata delle posizioni sociali, man mano che la carriera avanza e si ricoprono posizioni sempre più importanti. E questo influenza i limiti morali dei comportamenti: cosa siamo disposti a fare? Qual è la soglia che divide giusto e sbagliato?

   

Risultati a parte: si tradisce per fare carriera, o perché per riuscire ad arrivare ai vertici si è costretti a diventare così cinici e spregiudicati, così disillusi e pragmatici, che tradire diventa drammaticamente facile, come una cattiva abitudine che che ci si perdona sempre?

Oppure: e se il tradimento sul lavoro non fosse solo un (disperato) tentativo di conciliare la vita di coppia con quella lavorativa, per ottimizzare i tempi?