Ho incontrato il dottor John Gray, in Italia per un seminario. Lui è diventato celebre per la sua teoria: uomini e donne sono animali profondamente diversi, anzi, addirittura esseri di diversi pianeti. Per la precisione, gli uomini di Marte e le donne di Venere.
Gli uomini sono marziani. Sono fatti per l’azione, il lavoro, il sacrificio. Tutto questo li colma di testosterone e il testosterone li rende felici. Il testosterone è un dono di Dio per l’uomo e gliene serve sempre di più ogni giorno.
Le donne sono venusiane. Portate al piacere, ad essere felici e non a sacrificarsi per rendere felice un uomo. Le venusiane sono felici quando producono ossitocina, l’ormone dell’affetto, che fa calare i loro livelli di stress.
«Le donne non devono affannarsi per i loro compagni. Sono i compagni a trovare la felicità nella soddisfazione delle donne»
Sembra meraviglioso. L’universo relazionale del dottor Gray è deliziosamente Anni ’50: mogliettine cinguettanti e maritini baldanzosi che vanno a lavorare per la gioia delle compagne. «La dimensione naturale delle donne è quella del giardino, con altre donne e i bambini, tutte insieme», mentre gli uomini sgobbano fischiettando lieti come i Sette Nani.
Il dottor Gray propone una coppia in cui la comunicazione si basa su poche semplici regole: lei non deve mai lamentarsi e gratificare sempre il compagno. Lui deve ascoltarla guardando nella sua direzione quando lei gli parla, e rassicurarla costantemente della sua importanza e di quanto apprezzi i suoi sforzi. Solo in questo mondo ogni donna avrà bisogno di un uomo e ogni uomo di una donna.
Un appunto: la coppia omosessuale è ancora un mistero, tanto che quando gli faccio la domanda, il dottor Gray va un po’ in crisi. «Non ho mai affrontato la cosa…».
La teoria di Gray è affascinante e rassicurante in parti uguali, non a caso la sala dell’Hotel Summit, dove si svolge il seminario, è gremita di gente. In maggioranza donne, ma ci sono anche molti uomini, e tutti pendono dalle labbra di questo gioviale ultracinquantenne, capace di parlare per ore senza fermarsi e senza bere, perché, dice, «il mio lavoro mi rende felice e mi riempie di testosterone».
Il testosterone (e il suo parallelo femminile, il suo yang, ovvero l’ossitocina) sono la chiave di volta di tutto il discorso: gli uomini devono avere molto del primo, poco della seconda, viceversa le donne. E quando le donne entrano nel campo degli uomini – vanno a lavorare, risolvono problemi, affrontano emergenze – gli uomini si accucciano e non fanno nulla, e la donna si stressa. «Ma non sto dicendo che le donne non devono lavorare! Anzi! La società ha bisogno di più Venere e meno Marte!», ci tiene a precisare.
Il punto è che gli uomini, se messi in condizione di flettere i muscoli, lo faranno con gioia, ma devono sentire che c’è bisogno di loro. Ricordiamocene, la prossima volta che ci troviamo a girare per casa, raccattando calzini e giornali abbandonati in ogni angolo, mentre le bollette giacciono non pagate sul tavolo. E lui dov’è? È andato al bar.