Proibire all'ex marito di far incontrare ai figli la sua nuova compagna è legittimo oppure no? Gli incontri con la nuova compagna del papà separato sono talvolta sgraditi alle ex mogli, ma questo basta per vietare tali relazioni? Sempre più spesso, in sede di separazione, i coniugi chiedono ai rispettivi legali e al giudice di limitare il diritto di visita dell’altro alla sua sola presenza per evitare che i figli abbiano contatti con il nuovo compagno/a del padre o della madre.
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E' POSSIBILE IMPEDIRE AI PROPRI FIGLI DI FREQUENTARE LA NUOVA FIDANZATA DI PAPA'?
Sul punto è intervenuta di recente la Cassazione andando a colmare un vuoto legislativo che non prendeva assolutamente in considerazione questa problematica. Con la sentenza n. 283 del 2009, infatti, è stato stabilito che il diritto di visita spettante al genitore non collocatario non può essere in alcun modo ostacolato dal divieto di trascorrere il tempo con i figli in presenza della nuova compagna.
Questo principio vale anche nel caso in cui l’ “amica del papà” sia stata la causa della rottura del vincolo matrimoniale e motivo di addebito: l’infedeltà coniugale, infatti, non ha nulla a che fare con il regime dell’affidamento dei figli. Il fatto di vietare ai figli di conoscere la nuova compagna del genitore, non farebbe altro che impedire l’instaurarsi di un rapporto che, a fronte della nuova realtà, potrebbe contribuire ad un loro corretto sviluppo psico-fisico in un clima di maggiore serenità.
L’obiettivo, quindi, a cui si deve puntare è quello di ricreare un nuovo sistema familiare riportando una sensazione di benessere sia per gli adulti che per i minori favorendo lo stabilirsi di relazione positive ed equilibrate.
Quanto detto, tuttavia, non esclude che uno dei coniugi possa avanzare comunque la richiesta al Giudice il quale potrà disporre una limitazione alla frequentazione dei nuovi compagni solo nel caso in cui, dopo un attenta analisi della situazione, si renda conto che il nuovo compagno nuocere gravemente al benessere psico-fisico dei figli o ledere la loro sensibilità.
E SE SONO I FIGLI A RIFIUTARE LA FREQUENTAZIONE CON IL GENITORE?
A proposito dell’atteggiamento psicologico di rifiuto dei figli nei confronti dell’altro genitore, si deve far riferimento all’art. 12 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia di New York del 20 novembre 1989, in base alla quale viene richiesto al giudice di indagare anche attraverso i servizi sociali e le strutture psicopedagogiche sulla maturità e la capacità di discernimento del minore in modo da accertare i suoi reali sentimenti, le tendenze caratteriali, le opinioni e gli interessi intimi e sociali al fine di adottare i provvedimenti più adatti alla sua situazione.
Alla luce di tale principio, la Cassazione ha precisato che “la circostanza che un figlio minore, divenuto ormai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti, provi nei confronti del genitore non collocatario sentimenti di avversione o addirittura di ripulsa a tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rapidamente e facilmente rimossi, nonostante il supporto di strutture sociali, costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri tra il minore stesso e il genitore”.
Nonostante una simile pronuncia, la maggior parte dei giudici ritiene che il principio sopra espresso non sia da considerare come regola generale, ma al massimo come una eventualità da valutare caso per caso. E’ necessario, infatti, dare la priorità assoluta alla salvaguardia del rapporto genitori-figli a maggior ragione se si tratta di adolescenti. Il rifiuto di frequentare il genitore, quindi, non può essere assecondato sempre e comunque, senza prima verificare se esso coincida realmente con il concreto interesse del minore stesso.