Essere lasciate a 30 anni: come sopravvivere
Lasciarsi – o peggio essere lasciate – non è mai un’esperienza piacevole. Ma se il fattaccio accade alla soglia dei 30 anni – dopo una storia di quelle che iniziavamo a definire come stabile – la botta che arriva è pari a un boomerang aborigeno che vi si schianta in pieno viso dopo un giro durato tutta la relazione. E la cosa peggiore è che il colpo si fa tanto più intenso e palese con il passare dei giorni.
Siete come fratello e sorella? E’ finito l’amore? Ecco i segnali
Passata la fase del dolore acuto, quelle 2 settimane penose comuni a tutte le donne di tutte le età, definite dagli stadi alternati di :
- Incredulità (Perché non mi vuole?)
- Accettazione (Ha un’altra)
- Fallimento (La mia vita non ha senso)
- Apatia (La mia vita non ha senso, resto a letto e respiro soltanto)
- Pianto ininterrotto e/o risata isterica (Così gli altri capiscono che la mia vita non ha senso)
- Meditazione della vendetta (Resto a letto ma ci invito dentro anche un suo amico)
quello che vi attende è uno sfigatissimo e inevitabile periodo di apatica angoscia.
Secondo le statistiche fra la fine di un amore importante e l’inizio di un’altra relazione di pari livello, passano dall’uno ai cinque anni. Per una donna di 30 anni questa notizia è peggio di quando si trova il primo capello bianco. Su questa triste prospettiva affonda poi la Legge della libreria Billy: l’angoscia d’abbandono è direttamente proporzionale alle ore che avevate trascorso all’Ikea insieme al vostro lui. Conosco decine di donne trentenni che stavano coordinando le maioliche bagno/cucina quando l’infame notizie è piombata loro fra capo e collo.
Donne piovra che volevano solo un marito per sentirsi vive o donne libere, donne emancipate e con un bel lavoro. La mannaia della single-a-30-anni non risparmia nessuna. Se avevate arredato la camera da letto con due comodini potete raccontarvi qualsiasi frottola: voi con lui ci volevate minimo minimo abitare. E ora vi ritrovate sole. A sparlare di quella collega che si è fatta portare all’altare da uno inetto ammaestrato come un criceto. Sarà, ma intanto ne parlate. Intanto ci pensate.
La buona notizia però è che mollarsi a 30 anni non è la fine del mondo. E per un’infinità di ragioni. Per prima cosa fatevi rassicurare dalle statistiche. Rispetto alle generazioni precedenti (madri e nonne ma anche sorelle maggiori) l’età a cui fare certe scelte definitive si è notevolmente alzata. Un tempo era impensabile non aver fatto il primo figlio a 30 anni.
Oggi i costumi e la scienza dicono che si può ancora aspettare. Il problema più grande non è perciò il tempo ma l’onestà. E’ bello fare le libere & emancipate con la falcata aggressiva e un paio di Manolo Blahnik ai piedi. Ma se quando si appende il tailleur nell’armadio ci si ritrova nel letto ad abbracciare cuscino sbavando kleenex e sospirando davanti ai filmetti con Hugh Grant e a Grey’s Anatomy è inutile raccontarsi frottole: dentro di voi abita ancora Biancaneve. Anche se ha le prime rughe.
A quella principessa in attesa del prossimo principe azzurro – magari meno fedifrago o codardo del vostro ex – offrite tutti i lati belli della singletudine over 29: un bella passeggiata con un’amica che non vedevate da un po’, un giro in libreria, al cinema, al teatro o a sentire quel concerto noise rock che quando stavate con lui non se ne parlava proprio.
Offritele sesso selvaggio con uno sconosciuto o un’inedita castità, un corso di spagnolo, un paio di stivali nuovi, un giro sui roller, un nuovo lavoro, un volo low cost. Ma per carità non buttatela sul primo che capita. Tanto una cosa ve lo posso garantire: l’Ikea fra 5 anni starà ancora lì.