Stiamo chiacchierando del più e del meno: la mia ansia strisciante, il suo appuntamento dal dentista, un libro bello, la salute delle piante sul balcone, la ricetta dei pomodori ripieni. Sembra una conversazione telefonica innocua. Fino a questo momento non c’è stata traccia di quel rancore pretestuoso e sordo che talvolta intrude nelle relazioni tra mamma e figlia, identico a se stesso, impermeabile al tempo.
Perché non smettiamo di provocarci?
«Volevo dirti una cosa» dice lei, con aria casuale, prima di salutarci. «Dimmi, mamma» rispondo amabile. «Nei video che fai su Instagram…». Un formicolio dietro la nuca mi avverte che il nostro scambio si sta pericolosamente spostando sull’orlo del precipizio. Del resto, ci succede spesso, praticamente sempre: in due abbiamo quasi 140 anni, ma scivoliamo ancora di continuo nel pozzo nero della nostra immaturità. «Dicevo: nei video che fai su Instagram ti si vedono le rughe in faccia».
Mamma e figlia: quando arrivano accuse, bugie e cattiverie
Ecco. Non basto io che quotidianamente mi massacro davanti allo specchio, che mi affamo, che non mi perdono nulla. Non basta il mio censore interno, implacabile bullo, catalizzatore di corto circuiti, artefice del mio senso di inadeguatezza e della mia sindrome dell’impostore. Adesso, ci si mette pure lei, sangue del mio sangue. Lei che era femminista ancor prima che io nascessi, che mi ha insegnato l’emancipazione, che ha fatto di me la donna indipendente e sicura che fingo di essere. Tu quoque, mater.
Non l’ho presa bene. Ed è stato l’Armageddon: recriminazioni («È mai possibile che tu mi giudichi sempre?»), accuse («Sei sempre nervosa e aggressiva»), menzogne («Io, dei segni dell’età, me ne frego». «Pure io»), cattiverie gratuite («Se ho le rughe significa che non sono morta giovane. Dovresti essere contenta!»), lapidari epiloghi («Parlare con te è inutile». «E allora non parliamoci più»).
Giochiamo a esasperarci
Quando impareremo a sorvolare sulle provocazioni? Quando conteremo fino a dieci prima di lanciare le nostre inutili bombe? Quando evolveremo nelle nostre relazioni infantili? Quando impareremo a ridere di noi? Siamo adulte, siamo giudicanti, siamo il prolungamento l’una dell’altra. In questi anni potremmo essere accudenti e leggere, potremmo raccogliere i frutti preziosi della strada fatta insieme. E invece giochiamo a esasperarci a vicenda, in una danza perfida ma perfetta nella sua sincronia. Quando cresceremo noi madri e noi figlie? Quando impareremo che la sorellanza nasce proprio qui, nel nostro abbraccio?
Il tempo del perdono
«Mamma, vuoi venire a cena questa sera? Faccio il pesce che ti piace». «Volentieri». Mi dirà che il pesce è salato, che ho l’aria stanca ma sto bene con questa camicia. Le risponderò grazie, le regalerò un fiore, le presterò l’ultimo libro che ho letto. Inciamperemo nelle nostre parole sbagliate ma per oggi ci perdoneremo. Mamma e figlia, due signore sciocche che prima o poi diventeranno grandi.