Cara Chiara sono insoddisfatta di tutto, soprattutto di me stessa. Ho 35 anni, un lavoro che non mi gratifica nonostante le due lauree tanto sudate, ma scelte dai miei genitori perché non ho mai scelto niente nella vita, una brutta esperienza “d’amore” durata 8 anni. E una storia attuale che dura da 4 anni, con un uomo che non mi fa sentire donna: non mi guarda, non mi tocca, non mi parla. È anche colpa mia: per prima non mi accetto, soprattutto fisicamente, ma forse se lui mi facesse sentire un po’ più amata inizierei a farlo anche io. Non so nemmeno perché ti scrivo, spero non te la prenderai, ma forse era più un modo per scrivere a me. A.
Mia cara, ho sempre pensato che la scrittura fosse proprio questo, sai? Raccontare qualcosa a noi stessi mentre lo raccontiamo agli altri. Leggendoti mi è subito venuto in mente un animale selvatico tenuto in cattività, incosciente anche nei muscoli e poi un giorno finalmente liberato. Non è fragile la tua consapevolezza: ha subito per troppi anni un’insofferenza che, quasi suo malgrado, l’ha fortificata. Lasciati guidare da lei, soppesa le tue scelte ascoltando soprattutto l’istinto, quella vocina di cui ho la sensazione che per troppo tempo tu non ti sia fidata. Spesso sottovalutiamo i messaggi del nostro corpo e ci pare che infondo possiamo andare avanti così. Ma dove? Come? Sei troppo giovane per sentirti insoddisfatta di tutto senza cedere alla lusinga di un cambiamento. «Non è che la felicità sia necessariamente semplice» dice a un certo punto la nonna del protagonista di Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron. Un romanzo che sento saprà parlarti.