Affetti da chiari disturbi dissociativi di identità, i nostri figli, che a casa sono semplicemente dei bambini che si comportano come tali, quando vengono affidati ai nostri parenti spersonalizzano: i neonati non piangono (nemmeno se hanno sonno, fame o se gli infili degli stuzzicadenti sotto le unghie) i bambini di tre anni non fanno i capricci manco se li porti in un supermercato che vende solo caramelle gommose, gli adolescenti si dichiarano perfettamente d’accordo nel trascorrere il sabato sera a giocare a carte con quattro vecchi invece che uscire con gli amici.
IL BON TON DELLA SEPARAZIONE
E ciò alimenta in noi un doloroso senso di inferiorità. Ecco una situazione tipo che si verifica quando andiamo a prendere un nostro figlio che è stato affidato ai nonni.
– “Mammaaaaaaa la nonna mi ha dato da mangiare una saint honorè per 6 persone appena prima di pranzo!!!!”
– “Ma amore di nonna, non eravamo d’accordo che questo era il nostro segreto? Lo sai che la mamma non vuooooleeeee.”
– “Beh, immagino che poi a pranzo non avrà mangiato nulla.”
– “Figuriamoci. Ha mangiato il primo, il secondo e anche la frutta e la verdura.”
– “Ora mi dirai anche che sei riuscita a fargli mangiare i cavolini di bruxelles!”
– (Con fierezza) “Certo. Uno solo, ma grosso come un melone.”
Arrendetevi: più cercherete di far domande trabocchetto, più loro infioretteranno il loro racconto con mille dettagli sempre più fantasiosi e umilianti (non si sa se più per noi o per loro)
– “Non solo ha mangiato i cavolini, ma per merenda ha rinunciato al gelato perché ha detto di preferire un centrifugato di ortaggi.” “Dopo pranzo, è andato a fare il sonnellino da solo, senza ciuccio, e ha dormito 5 ore di seguito” “Infine si è svegliato, si è messo alla scrivania e ha scoperto la cura contro il cancro.”
L’unica è assentire con convinzione, uscire e, quando siamo al di fuori dal suo campo visivo, prendere lo smartphone e digitare rapidamente su Google “agenzie baby sitter”.