Non è raro, purtroppo, che, nonostante vi sia un provvedimento del Giudice che obblighi il genitore a contribuire al mantenimento della prole, quest’ultimo, di fatto, non lo rispetti, a volte anche incurante delle conseguenze di un simile comportamento. Quando ciò accade, è lecito domandarsi se e quali forme di tutela siano previste per garantire ai figli il necessario sostentamento, nel caso in cui anche l’altro genitore non sia in grado di provvedervi unicamente con le proprie capacità.
L’art. 148 del Codice Civile stabilisce che, in tali ipotesi, spetta agli altri ascendenti (parenti) legittimi o naturali, vale a dire ai nonni paterni e materni e, in ordine di parenti prossimi, ai bisnonni, il compito di fornire i mezzi sufficienti affinché i genitori possano adempiere ai propri doveri. Perché ciò si verifichi, è però richiesto che entrambi i genitori siano incapaci di mantenere il figlio, poiché, diversamente, qualora uno dei due riesca ad assolvere per intero al sostentamento della prole, dovrà provvedervi da sé, senza nulla pretendere da terzi; resta salva, ovviamente, la possibilità di agire giudizialmente contro l’altro per il recupero delle somme versate in sua sostituzione.
ASSEGNO DI MANTENIMENTO E ASSEGNO DIVORZILE, QUALI SONO LE DIFFERENZE?
Tale concetto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto da una donna laureata e proprietaria di ville, che pretendeva dagli ex suoceri, anch’essi benestanti, un assegno per mantenere il bambino nato dal matrimonio con il loro figlio. Quest’ultimo, infatti, era sempre stato inadempiente non avendole mai versato quanto stabilito nel provvedimento del Giudice (sentenza Cassazione Civile, Sez. I, 30.09.2010 n. 20509).
In particolare, la Suprema Corte ha colto l’occasione per chiarire che l’obbligo di mantenimento grava sui genitori in maniera integrale e ciò comporta che, se uno dei due non voglia o non possa adempiervi, l’altro debba ricorrere a tutte le risorse patrimoniali di cui dispone e sfruttare appieno la propria attitudine al lavoro.
Dunque, solo in via sussidiaria – vale a dire quando nemmeno le possibilità economiche del genitore adempiente siano sufficienti – i nonni saranno tenuti a intervenire. Inoltre, l’obbligazione dei nonni potrà anche concorrere con quella dei genitori, quando l’apporto di questi ultimi, laddove esistente, non risulti comunque adeguato.
In questo caso, ciascuno dei soggetti obbligati dovrà fornire il proprio contributo in base alle rispettive capacità. Naturalmente, bisogna tener conto della condizione economica dei nonni; infatti, se questi, con il loro reddito, riescono a stento a far fronte ai propri bisogni primari, non potrà essere chiesto loro di provvedere anche al mantenimento dei nipoti.
Pertanto, in presenza delle condizioni appena viste, e nel caso in cui i nonni non adempiano spontaneamente alla contribuzione, il genitore che ne abbia interesse potrà depositare un ricorso avanti al Presidente del Tribunale competente, allegando la documentazione comprovante la propria impossibilità di provvedere ai bisogni dei figli e dimostrando, eventualmente, di aver tentato, senza successo, tutte le procedure esecutive per ottenere dall’altro il contributo dovuto.
Nell’ipotesi in cui il Giudice dovesse accogliere la domanda avanzata dal genitore, verrà posto a carico dei nonni, anche solo in via temporanea, l’assegno di mantenimento in favore dei nipoti, da versare direttamente al domicilio del padre o della madre che ne abbia fatto richiesta o di colui che sopporta le spese per il sostentamento, istruzione ed educazione dei figli.
Al provvedimento di condanna potranno poi opporsi i nonni, provando la situazione economica in cui versano e portando le argomentazioni in loro difesa. Infine, è opportuno precisare che i soggetti obbligati saranno tutti gli ascendenti di entrambi i rami genitoriali (e dunque non solo quelli del genitore inadempiente), in base alle capacità contributive di ciascuno.
A cura dell'Avvocato Francesca Oriali