Ci si lascia, ma non del tutto. La relazione si interrompe, ma il partner rimane in qualche modo presente. Capita (sempre più spesso) di finire tra le vittime del cosiddetto “orbiting”, il fenomeno per cui l’altro o l’altra continuano a gravitare in qualche modo nella sfera dell’ex, soprattutto sui social, in particolare mettendo “like” o visualizzando le storie altrui. Ma gli effetti psicologici di questo comportamento possono essere molto importanti, come dimostra lo studio di alcuni ricercatori italiani, appena pubblicato.
Quando si è vittime dell’orbiting
Sono passati i tempi nei quali l’ex, alla fine di una relazione, semplicemente scompariva. Oggi quello che è stato il proprio “lui” o la propria “lei”, rimane in qualche modo una presenza, seppure in secondo piano. Continua, insomma, a orbitare (da cui il termine) nella vita di quello che fino a poco tempo prima era il compagno o la compagna. O forse accadeva in qualche modo anche in passato, ma adesso – complici i social – tutto è diventato più esplicito ed evidente.
Gli ex ancora presenti sui social
«Certamente è cambiato il modo di connettersi agli altri, dunque anche le relazioni amorose. Il mondo online offre parametri nuovi, che ci permettono ad esempio di essere sempre aggiornati su ciò che fanno gli altri e ci dà la misura del “successo”, in base al numero di like che si ottengono. Ma i social consentono anche di sapere cosa fanno gli ex, cosa postano sulle loro bacheche o dove si trovano e con chi», conferma Luca Pancani, docente presso il Dipartimento di Psicologia all’Università di Milano Bicocca e autore con Paolo Riva e Nicholas Aureli di una ricerca sulle vittime dell’orbiting.
Essere vittime o protagonisti: orbitee e orbiter
Una premessa: il fenomeno dell’orbiting prevede una vittima, o orbitee, e un protagonista, ossia la persona che mette in atto il comportamento in questione. Si tratta di chi decide di lasciare, nella maggior parte dei casi senza una motivazione (come per il ghosting), ma non lo fa mai del tutto. A soffrire di più, naturalmente, è chi subisce la decisione di interrompere la relazione, ma anche chi prende la decisione non sempre è consapevole delle conseguenze che causa, anzi può pensare di agire a fin di bene, come spiegano gli esperti.
Love bombing, ghosting e orbiting
«Mentre sugli orbiters sappiamo ancora poco, è interessante indagare chi sono le vittime di questo fenomeno, ancora piuttosto nuovo. È entrato nel linguaggio comune dei più giovani, per poi diventare un vero fenomeno sociale che riguarda anche una fascia d’età più adulta – osserva l’esperto – Rientra in una serie di pratiche che hanno alcuni tratti comuni, come il bread crusting, lo zombing, il love bombing e soprattutto il ghosting, tipico di chi scompare da una relazione (anche d’amicizia, NdR) senza dare spiegazioni». Con l’orbiting semplicemente l’ex partner rimane presente, ma “dietro le quinte”.
Chi sono gli orbiters
Trattandosi di fenomeni relativamente nuovi, non esiste ancora una letteratura ampia su queste pratiche, soprattutto su chi sono coloro che le mettono in atto e perché, anche se alcune motivazioni degli orbiters appaiono chiare: «Facile pensare che si tratti di persone che, nonostante abbiano lasciato il partner, siano spinte dal desiderio di mantenere su di lei o su di lui un senso di controllo. Per questo continuano a visualizzare i profili social dell’altro pur non apparendo in modo evidente o non interagendo in modo diretto. Di certo, chi tra i due protagonisti della relazione amorosa finita soffre di più, è colui che viene lasciato, che dunque non sceglie di scomparire ma di restare defilato», osserva Pancani.
Quali effetti sulle vittime di orbiting
«Gli effetti psicologici dell’orbiting, quindi, ricadono principalmente sulle vittime come nel ghosting. Entrambi i casi si traducono in forme di esclusione sociale. Chi la subisce si sente ostracizzato, ignorato dall’altro o da una cerchia di persone (magari gli amici che un tempo erano comuni), il tutto nonostante l’ex continui a “spiare”. Per questo l’orbitee, la vittima, viene spesso colpita nei bisogni psicologici di base, cioè il senso di appartenenza e di autostima», sottolinea Pancani.
Confusione e paura del cambiamento
Un altro sentimento dominante tra gli orbitees è il senso di confusione, dovuto proprio al fatto che non si capiscono le ragioni dell’ex, il suo non voler uscire del tutto dalla vita del partner ormai lasciato. Questo genera una incapacità di agire, che si unisce anche alla paura del cambiamento. Molto di frequente, infatti, chi viene lasciato non riesce a superare il timore di lasciarsi alle spalle una relazione che, seppure non perfetta (o addirittura terminata) rappresenta comunque una forma di contatto con chi ha fatto parte della propria vita.
Cosa fare in caso di orbiting?
«In genere chi ha a che fare con un ex che fa orbiting si trova a un bivio. Una strada porta a cercare di sminuire gli effetti negativi dell’essere stati lasciati, ma di essere pur sempre “seguiti”. In pratica ci si dà una possibilità, che spesso è un’illusione, credendo che l’altro sia ancora interessato, sperando che il rapporto sia recuperabile e che il fatto di ricevere dei like, per esempio, sia sintomo che si manca all’ex. L’altra possibilità, invece, è quella di decidere di troncare il rapporto, per esempio bloccando l’ex dall’accesso e dalla visualizzazione al proprio account, per evitare di continuare a essere in qualche modo controllato».
Lasciarsi del tutto è più salutare
Chiudere col passato, quindi, è possibile (e spesso più “salutare”) anche se richiede una certa fermezza. «In generale, gli effetti negativi dell’orbiting sono anche peggiori di quelli del ghosting, perché si protraggono più a lungo – osserva lo psicologo – Lasciarsi fa male, specie se non è una propria decisione, ma almeno segna una chiusura netta. Mantenere una qualsiasi forma di contatto, invece, lascia la speranza che possa trattarsi di una pausa o che si possa tornare insieme. È un messaggio ambivalente – specie per chi lo riceve – che può indicare un interesse non svanito verso il destinatario, anche quando l’orbiter non dà questo significato alla sua “presenza”».
Perché gli orbiter non chiudono
Ma cosa spinge a non interrompere definitivamente una relazione? «Come dimostra la nostra ricerca, nonostante si possa pensare che ci sia una forma di “cattiveria” nell’atteggiamento dell’orbiter, spesso questo o questa agiscono quasi in buona fede: pensano che sia meno doloroso per l’ex non sapere i motivi per i quali si è deciso di chiudere la relazione, quindi si scompare, come nel caso di ghosting, senza un perché apparente. Oppure si lascia l’altro, ma lo si continua a seguire sui social. Certo, è sicuramente una soluzione più facile, per chi si comporta così, rispetto a doversi confrontare con quello che è stato il partner», sottolinea Pancani.
Cosa può fare una vittima di orbiting
Ma possono esserci anche aspetti positivi nell’orbiting, per esempio per “metabolizzare” la fine di una relazione? Su questo i ricercatori si sono interrogati, ma ogni singolo caso richiederebbe una specifica valutazione: «In generale, trascinare per le lunghe relazioni disfunzionali, come quella tra un orbiter e la sua “vittima”, non può far altro che esacerbare gli effetti negativi di una relazione che di fatto è terminata e sarebbe quindi meglio chiudere. Ma, come si suol dire, prevale il motto La speranza è l’ultima a morire. Chiudere non è mai semplice, soprattutto nei rapporti a lungo termine, perché si tende a ricordarne i momenti felici. Questo può valere per entrambe le parti, ma soprattutto per chi nutre ancora la speranza di riprendere contatti e relazione».
Ne soffrono i Gen Z, ma anche i Millennials
Ciò che emerge, comunque, è che si tratta di un fenomeno che sta riguardando trasversalmente un po’ tutte le generazioni: «Certamente è molto diffuso tra le Gen Z, perché si tratta di giovani che sono nati con la tecnologia e i social, dunque li usano di più. Ma in realtà abbiamo scoperto come l’orbiting sia ormai una pratica anche tra gli over 40 e oltre, complice il loro maggior ricorso alle App di dating online. Queste piattaforme, infatti, permettono di entrare in contatto con persone in modo più facile e di lasciarle, anche, in modo altrettanto più semplice», conclude l’esperto.