La parente affranta inside si riconosce subito (anche se non siamo così sfigate da annoverarla nella nostra famiglia di origine): lei non cammina, striscia. Non parla, rantola. Non mangia, si nutre con estrema fatica, ma grazie alla sua incredibile forza di volontà riesce infine a ingurgitare una quantità di cibo capace di sfamare un piccolo villaggio.
 

I PARENTI CHE SBAGLIANO USANDO I FIGLI COME MESSAGGERI

Lei è quella che sembra sempre sul punto di tirare le cuoia, e il suo argomento principale è l’ultima visita dal medico e le relative ferali notizie.

Lei è quella che, quando ci fa visita in ospedale dopo che abbiamo avuto un incidente aereo, fa capire con discrezione che c’è sempre chi sta peggio: lei.

I suoi discorsi sono caratterizzati da intercalare tipici come “cosa vuoi mai, si tira avanti, alla nostra età”. Non aspetta altro che gli si chieda “come stai?” per prodursi in un’espressione facciale stile “dead man walking” che fa di lei l’ospite perfetto per un programma di Barbara d’Urso.

Il suo precario stato di salute, ancorché invalidante, ha il vantaggio di essere usato spesso e volentieri come simpatica arma per il ricatto morale, come quando mormora con un filo di voce “non venite mai a trovarmi” “siamo sempre da soli” “siete impegnati per le feste?”
La sua tempra interiore però le consente miracolosamente di condurre una vita normalissima: va in vacanza, esce la sera, mangia al ristorante e sotto le feste si concede maratone di shopping per cui capita di vederla al centro commerciale carica di sacchetti mentre sgomita per accaparrarsi l’ultimo paio di scarpe in saldo, salvo poi riacquistare la consueta aria dimessa e sofferente non appena ci scorge da lontano.

Nemico giurato del parente finto-agonizzante è il parente che si ammala sul serio: ed è pittoresco osservarne le rabbiose reazioni quando si vede rubare la scena.  La sua speranza è infatti che tutti i suoi congiunti godano sempre di ottima salute; o che almeno crepino senza fare tante storie.