Paura di crescere e sindrome di Peter Pan nei 40enni. Un libro e il parere dell’esperto
Arturo sale sul tram. Ha un appuntamento molto importante ad attenderlo e stavolta non può tardare. Fermarsi sempre un attimo prima e non arrivare mai puntuale agli appuntamenti che la vita gli presenta, è una spada di Damocle che gli impedisce di evolversi. Su quello stesso tram Arturo ha fatto un viaggio dieci anni prima. Aveva un appuntamento con Atlantide, la ragazza per cui aveva perso la testa, ma qualcosa è andato storto. Da allora la sua intera esistenza è cambiata.
“Arturo è un personaggio che fa tenerezza perché sinceramente non ce la fa. A modo suo ci prova anche a vivere, però risulta goffo, impreparato. Soffre moltissimo senza avere reali motivi per farlo. Ci sono vite particolarmente drammatiche segnate da perdite, dolori grandi. Invece la vita di Arturo è normale, si direbbe anche felice perché ha dei genitori che lo accontentano in tutto e lo sostengono. Nonostante questo lui sta male, perché non ha il coraggio di provare a diventare quello che vorrebbe diventare.”
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È la stessa Valentina Farinaccio a commentare l’incipit de Le poche cose certe (Mondadori), il suo secondo romanzo. Scrittrice e giornalista, vincitrice del Premio Kihlgren Opera Prima 2017 con La strada del ritorno è sempre più corta (Mondadori), Valentina capisce precocemente cosa avrebbe fatto da grande: “Alle medie ero molto brava in italiano ma non lo non ero affatto in matematica. Così ho stretto un patto con la mia compagna di banco: ai compiti in classe avrei scritto per lei quello di italiano e lei per me quello di matematica! Mi accorgevo, nello scrivere due compiti uno dietro l’altro, che qualunque fosse la traccia riuscivo sempre a trovare il modo per divertirmi a scriverla e prendevo anche il massimo dei voti. Ho capito che scrivere era la mia strada, perché mi piaceva e mi rendeva felice”.
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La gavetta è stata molto lunga. Valentina ha cominciato scrivendo racconti e poco a poco è arrivata a raccontare i riti di passaggio della sua generazione, quei quarantenni precari in tutto, con la terra che gli manca sotto i piedi: “Noi quarantenni di oggi non abbiamo le basi solide che avevano i nostri genitori e non abbiamo l’intraprendenza che avranno i ventenni. Siamo una generazione che galleggia nel mezzo e non è un caso se in molti siamo ancora senza un lavoro sicuro, senza una famiglia già avviata e senza la possibilità di accendere un mutuo. Siamo quasi tutti in questa condizione barcollante in cui Arturo sguazza restando immobile al tempo stesso”.
IL PARERE DELL’ESPERTA
Nel 1902 lo scrittore James Matthew Barrie inventò il personaggio di Peter Pan, che appare volando vestito di foglie autunnali e suona il flauto. Il nome e l’abbigliamento di questo bambino sorridente che non cresceva d’età, suggerisce una vaga connessione con il dio greco Pan, molto dispettoso soprattutto verso ninfe e viandanti.
Lo psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati, nel suo libro “Il complesso di Telemaco” (Saggi Feltrinelli) lo
cita come rappresentazione della giovinezza eterna e ne fa la metafora di una nuova forma genitoriale di quarantenni, che diserta le differenze generazionali (linguaggio come i figli adolescenti, utilizzoesasperato di network e smartphone, e, sempre come i figli, relative app di gioco, abbigliamento, fitness e ricorso a medicina estetica ecc.), citando anche esempi esilaranti tratti dal libro di F. Catalucci “Immaturità, la malattia del nostro tempo” Einaudi 2004.
“Cambiano i nomi culturali e collettivi di un fenomeno prima solo al maschile, da qualche tempo anche femminile, che presenta una nutrita coorte di giovani oltre i trenta, che resta nelle case genitoriali pur lavorando anche con aspetti economici non traballanti.” commenta Maria Paola Graziani, psicoterapeuta e ricercatrice del CNR “La “sindrome di Peter Pan” entra di prepotenza nello studio clinico tra i disturbi del comportamento dalle molte sfumature. Recalcati sottolinea che il mito di Peter Pan esalta la “retorica del
culto dell’immaturità”, che propone una felicità spensierata e priva di ogni responsabilità.
Gli fa eco Crepet psichiatra e sociologo, con un secco motto: “Senza i no non si cresce, educare è una fatica, e fa una severa ed accurata analisi delle nuove generazioni di genitori e figli definiti, questi ultimi, come “una generazione che non conosce i sogni perché i genitori, abbandonato il ruolo di educatori, non hanno insegnato né limiti né passioni e a forza di sì, tutto diventa grigio, si perdono i colori”.
Gli fa eco Crepet psichiatra e sociologo, con un secco motto: “Senza i no non si cresce, educare è una fatica, e fa una severa ed accurata analisi delle nuove generazioni di genitori e figli definiti, questi ultimi, come “una generazione che non conosce i sogni perché i genitori, abbandonato il ruolo di educatori, non hanno insegnato né limiti né passioni e a forza di sì, tutto diventa grigio, si perdono i colori”.
“Le ricerche di settore rivelano una sessualità giovane e non solo, più improntata alla semplice eroticità dove il corpo è oggetto parziale di merce ma di proprietà assoluta che nasconde fobiche difese antisolitudine che possono sfociare in aggressività devastanti, associando spesso il tutto a utilizzi compensatori del danaro, moda, droghe, rumori, alcool, computer, smartphone che consentono a molte pulsioni di autosoddisfarsi.” prosegue la dott.ssa Graziani “Questo mondo rappresentato in sintesi estrema, è un profilo narcisistico di un IO individuale e collettivo che non spinge all’autorealizzazione, alla crescita, al rischio ma mette in cornice, ovatta e cementa, il conosciuto, il semplice, e il tutto e subito”.
Eterni fanciulli i Peter Pan narcisi, inseguono inconsapevoli dimensioni dell’infanzia dove è possibile ottenere tutto ciò che si vuole, la realizzazione dei propri desideri avviene senza fatica né ostacoli e, se messi di fronte a problemi concreti, trovano il modo di evitarli scappando, mentendo, tacendo, rinunciando ad affrontare quelle tappe significative della vita che implichino un investimento di forze, di energia o di sacrificio della propria persona. Il definire con “sindrome di Peter Pan” gli over 20 che indulgono a prendere tutto alla leggera “andrebbe dosato con giudizio fino a quando il loro comportamento non compromette fortemente molti aspetti della propria vita” suggerisce la Graziani “come il non esercizio o il suo eccessivo e oppositivo insistente bisogno di autonomia e indipendenza che, soprattutto in età anagraficamente adulta, dovrebbe essere armonioso e in linea con i desideri
adulti interiori più articolabili e declinabili di quelli infantili più irruenti e spesso mediati da altri”.
Questi aspetti del comportamento nei giovani e non solo, sono spesso ritenuti caratteriali e quindi scusati o addirittura rinforzati: “Sarebbe terapeutico invece cercare precocemente un aiuto clinico e terapeutico perché il narcisismo, pur ricadendo in facili narrazioni, è una vera e propria patologia.” conclude la
dott.ssa Graziani “E’ consigliabile cogliere i campanelli d’allarme che si intravedono precocemente nei comportamenti di figli e, nel dubbio, ben venga la spesa emotiva di una consulenza né più né meno di come si farebbe per un dolore insistente a un arto o a un organo. Gli “incidenti” della Mente e della Psiche sono raffinatezze che non emergono neanche alle più sofisticate diagnosi per immagini!”