Le esperienze passate, ragioni ataviche legate all’evoluzione dell’essere umano provocano diversi timori che paralizzano, che fanno rimanere ancorati a meccanismi insani.
Non è raro pensare che sia meglio restare con qualcuno che ci fa soffrire, piuttosto che rischiare di non avere proprio nessuno accanto. È un processo di svalutazione che non permette di vedere che cosa di meglio possa rivelare il futuro.
Ecco perché è arrivato il momento di smettere di avere paura di restare sola. Non è affatto detto che qualcun altro non possa essere più affine, ‘giusto’. Non bisogna accontentarsi, in sostanza.
Questione di rifiuto
Smettere di avere paura di restare sola ha a che fare con il timore di essere rifiutati. È una questione che ereditiamo dai nostri antenati, che cercavano di mantenere dei rapporti di reciproca protezione e di collaborazione all’interno della società. Si trattava di sopravvivenza, individuale e della specie.
Il cervello ha subito un’evoluzione che lo spinge a temere di rimanere emarginato, dimenticato, solo. Si tratta di stress da separazione che vogliamo evitare a tutti i costi, anche rischiando di restare ancorati a uno stato di malessere e di sofferenza cronico.
Tessere relazioni con il prossimo, stare con gli altri è un meccanismo evolutivo di vitale importanza. Restare da soli fa paura per natura, ma le paure possono essere separate.
L’isolamento sociale
Con l’evoluzione il sentimento di solitudine ha assunto altri significati, anche differenti fra loro. È un sentire soggettivo, che mette in gioco fattori cognitivi ed emotivi, che ci dà la possibilità di attribuire un valore a un’esperienza. La valutazione dei rapporti può portarci a non sentirci soli anche se isolati e, invece, soli anche se circondati da tante persone.
La paura ci spinge, alle volte, a coltivare rapporti che non sono sani o che non ci danno tutto quello che avremmo voluto. Nascono complicazioni relazionali, conflitti all’interno della coppia, mancanza di una sfera intima e una delusione generalizzata.
Sentirsi soli è uno stato d’animo soggettivo, mentre l’isolamento è una condizione oggettiva, che si può quantificare attraverso la frequenza dei contatti sociali. Entrambi, però, sono in relazione. Chi sta da solo quindi può non soffrire di solitudine, mentre chi è circondato da tante persone può avere la sensazione di non avere realmente nessuno nella propria vita.
La profezia che si autoavvera
Smettere di avere paura di restare sola presuppone un lavoro su di sé. Colei che è più predisposta alla solitudine valuterà con maggiore attenzione le minacce sociali, il loro rischio e ha una memoria maggiormente selettiva (basata sulle esperienze pregresse). È un po’ come se filtrasse la realtà tramite una lente soggettiva: quella della paura di rimanere senza nessuno accanto a sé.
Si tratta, il più delle volte, di meccanismi perpetrati inconsapevolmente che possono tradursi in atteggiamenti insani e non funzionali. Da questi nascono le difficoltà ad avere dei rapporti ‘virtuosi’ con il prossimo, che siano di arricchimento reciproco e basati sul rispetto di tutti gli attori in gioco.
Un risultato che conferma di essere da soli e che aumenta lo stato di depressione, ansia; che determina il crollo della propria autostima. Ed ecco che si verifica la cosiddetta ‘profezia che si autoavvera’, e che viene mantenuta in circolo proprio dal soggetto che ne è vittima.
L’origine di tutto
Gli ambienti familiari con carenze emotive, subire abusi e manipolazioni, essere abbandonati durante la fase di crescita porta alla creazione di convinzioni e schemi di un sé che non merita di essere amato, senza valore e differente dagli altri.
Spesso sono meccanismi che impediscono di smettere di avere paura di restare sola da adulta. Un’eventualità che fa riemergere vecchie ferite, troppo dolorose e che non si vorrebbero mai più vivere.
La soluzione
Capire quali sono le paure che portano a non volere rischiare l’isolamento è il primo passo per trovare una soluzione. Non è raro che ci si chieda: “Se rimanessi sola allora vuol dire che nessuno mi ama? Non saprei come affrontare le difficoltà della vita? Non sarei una bella persona?” rimanessi solo vuol dire che non vado bene come persona?”.
Raggiungere l’indipendenza emotiva, poi, presuppone l’eventuale individuazione di vere condizioni di vita che aumentano l’isolamento: contatti sporadici con gli altri, non avere amici o familiari pronti ad aiutare. Soltanto così si può agire sulla realtà.
Fondamentale è stabilire se il timore di restare da sola sia o meno invalidante, quanto limiti la qualità della propria vita, le relazioni sociali, il proprio umore. Se si ha una difficoltà oggettiva, è meglio chiedere il supporto psicologico di un professionista, che riesca a dare gli strumenti per prendersi davvero cura di sé attraverso un’analisi e una risoluzione dei traumi pregressi.
Un aiuto mirato
Si tratta di un’esperienza cognitiva e di ‘riparazione’. Sarà lo psicoterapeuta a dirti come smettere di avere paura di restare da sola, a darti gli strumenti per amarti davvero, senza vergognarti di quello che sei e senza mettere in dubbio il tuo valore. Addirittura, ti aiuterà a imparare a godere della solitudine.
Avviene attraverso l’esplorazione dell’infanzia e dell’adolescenza, per cercare l’origine dei tuoi timori. Centrale è la relazione tra terapeuta e paziente. Si fa attenzione a tutte le modalità disfunzionali tramite le quali hai cercato di non soffrire, ma che ti hanno spinto a rimanere all’interno di una relazione insana, alle volte violenta e certamente non benefica.
Sono terapie che hanno lo scopo di perseguire i tuoi valori, che ti guidano nelle azioni, che ti spingono a creare un’esistenza ricca, piena e significativa. È il modo migliore per accettare il dolore passeggero che ti porta a distaccarti da uno duraturo, cronico e dannoso.