Gli schemi delle relazioni disfunzionali non sono sempre uguali. E se è vero che l’amore malato ci può aiutare a crescere e capire di cosa abbiamo bisogno e di cosa invece no, nella maggior parte dei casi prevenire è meglio che curare.
La disfunzionalità indica una situazione che non è adatta al contesto, o che agisce in maniera controproducente sulle persone o sull’ambiente. Controproducente è un understatement: se c’è qualcosa che va contro ogni interesse e ogni desiderio personale, è proprio l’infilarsi in una relazione che non ci fa stare bene.
Non mi dà quello che voglio, eppure non riesco a lasciarlo
Che tu abbia saputo esprimere questo pensiero in maniera più o meno consapevole, non ha importanza. Quello che conta è che se ti sei mai trovata a pensare a una relazione in quest’ottica, è assai probabile che tu ti sia trovata in una relazione controproducente. Ovvero una relazione disfunzionale. Il fatto che non porti utilità alla tua vita, ma solo problemi e disperazione, è tanto palese alle tue amiche e ai tuoi cari quanto è invisibile a te.
A te che trasformi ogni granello di felicità in una montagna, e scavalchi montagne di rabbia, tristezza o paura a occhi chiusi perché non le vuoi vedere affatto. Qualcosa del genere.
Prima di tacciare di disfunzionalità ogni rapporto, è importante capire che è tutta una questione di equilibrio. Non esistono relazioni completamente immuni dai conflitti. Scontrarsi e discutere fa parte della natura umana. Le relazioni disfunzionali sono quelle in cui i rapporti di equilibrio tra dare e avere sono sbilanciati, probabilmente sempre dalla stessa parte.
Come si riconosce una relazione disfunzionale?
Le persone che non si sentono ascoltate dal loro partner, coloro che sentono di non ricevere tanto quanto danno, le persone che non riescono a sentirsi considerate alla pari in un rapporto d’amore stanno probabilmente attraversando una relazione disfunzionale.
Imparare a riconoscere queste dinamiche, specialmente quando ci si è dentro, non è affatto facile. Tuttavia, esistono alcune domande che ci si può fare per tentare di acquisire maggiore consapevolezza. La prima domanda riguarda le tue batterie emotive. Come ti senti quanto sei accanto alla persona con cui stai vivendo la relazione? Ti senti bene, ti senti addirittura meglio? Oppure hai una sensazione di stanchezza emotiva che ti pervade?
In che modo la relazione con questa persona migliora (o peggiora) l’opinione che hai di te? Sono domande dirette, lo sappiamo, ma sono anche punti di vista che fanno riflettere. Tutte quelle storie da cui esci rotta, a pezzi, distrutta, che ti fanno dubitare di chi sei, del tuo valore e di quello che hai costruito fino a quel momento devono appartenere a una specifica categoria di relazioni: quelle malate.
Ancora: quando sei accanto al tuo partner, senti che lui o lei è contento/a di chi sei, oppure hai come la costante impressione di dover cambiare qualcosa di te? Senti di dover rimanere al passo con le aspettative di qualcun altro per poter essere accettato?
Quando una relazione enfatizza il tuo senso di insicurezza nei confronti di chi sei, cosa fai e dove ti trovi nella vita, è probabilmente disfunzionale.
Amare male: le relazioni disfunzionali a cui non smettiamo di aggrapparci
La psicoterapia analizza tre concetti fondamentali che rendono conto di questa incapacità che hanno molte persone a costruirsi relazioni funzionali, specialmente dopo averne vissute di malate. Il paradosso nevrotico, o circolo vizioso, i cicli interpersonali e una modalità casuale e disorganizzata di cercare la relazione in se stessi.
Il primo concetto è quello secondo cui nonostante le cose vadano male, senza il partner disfunzionale si è profondamente convinti che andranno peggio. Ci si convince di non avere gli strumenti per combattere questa relazione malata.
Il secondo meccanismo è un insieme di strategie disfunzionali che vengono messe in atto al fine di evitare emozioni troppo dolorose che attivano nell’altro i comportamenti di cui si ha così tanta pausa. In altre parole, evitiamo a tutti i costi di cercare la conferma ai nostri dubbi di essere finite nel cuore di una relazione tossica.
In altre parole si innescano dei meccanismi per cui si smette di ricercare se stessi con la paura di attivare la negatività del partner. Ci si mette alla ricerca di un compromesso che possa andare bene a entrambi (ma soprattutto all’altro), al fine di evitare il conflitto. Si finisce per smarrire i propri gusti e le proprie preferenze in quelle del partner.
Il terzo meccanismo è quello che riguarda la qualità del legame di attaccamento che si è vissuto in età infantile in relazione alle figure di riferimento, come i genitori. In altre parole, quello che abbiamo vissuto da bambini influenza la persona che si è diventati. Non per questo, però, non ci si può affrancare da una relazione tossica.