Riconciliazione coniugi
Non è raro che, dopo anni di battaglie legali e discussioni furibonde, i coniugi già separati (o prossimi alla separazione) decidano di riconciliarsi, ripristinando il vincolo matrimoniale in precedenza interrotto. L’istituto della riconciliazione, disciplinato dall’art. 157 del Codice Civile, presuppone non solo la concreta ripresa di una convivenza stabile e continuativa, ma anche e soprattutto la reciproca volontà di ricomporre il rapporto coniugale e di riservare all’altro la posizione di esclusivo compagno di vita.
Perdonare il tradimento, le fasi del perdono
Come e quando avviene la riconciliazione
Innanzitutto, i coniugi possono, di comune accordo, far cessare gli effetti della separazione, giudiziale o consensuale, senza che sia necessario l’intervento del Giudice. In questo caso, muniti della sentenza o dell’omologa, possono rendere un’espressa dichiarazione di volersi riconciliare davanti all’Ufficiale di Stato Civile presso il Comune dove il matrimonio è stato celebrato o trascritto (D.P.R. 396/2000).
Nel nostro ordinamento, tuttavia, si ammette che la riconciliazione possa anche manifestarsi con un comportamento obiettivamente incompatibile con lo stato di separazione, vale a dire, tramite fatti che rivelino un impegno di vita comune nuovamente condiviso.
Visti gli effetti che una simile situazione può comportare, diviene utile valutare quali condotte possano essere interpretate come ripristino di quei rapporti materiali e spirituali che caratterizzano l’unione coniugale.
Ebbene, la giurisprudenza ha escluso che possa dar luogo a riconciliazione la semplice coabitazione tra i coniugi durante la quale questi si comportino come estranei, ad esempio, dormendo in camere separate o consumando volutamente pranzi divisi. Non interrompono la separazione nemmeno le manifestazioni di buona volontà da parte di uno dei due nei confronti dell’altro con doni, elargizioni di denaro ed esecuzioni di opere nella casa coniugale (sent. Cass. Civ. 3323/00), né il fatto che il marito, pur vivendo altrove con un’altra donna, torni in famiglia per i fine settimana, provvedendo, in tali occasioni, alle mansioni domestiche e all’educazione dei figli.
Non è neppure sufficiente, a far cessare gli effetti della separazione, il periodo di prova durante il quale i coniugi intendano sperimentare un ripristino della convivenza (sent. Cass. Civ. 19497/05).
E ancora, non ha ugualmente effetto riconciliativo la riunione per le vacanze e neanche una sporadica ripresa dei rapporti sessuali tra gli stessi, se non accompagnata da altre manifestazioni di perdono o di affetto (sent. Cass. Civ. 15481/2003).
Al contrario, invece, elementi sintomatici della riconciliazione, ovvero dell’intenzione dei coniugi di cancellare lo stato di separazione, possono essere l’abitazione nella medesima casa con l’uso comune dei servizi quotidiani, il ricevimento insieme di amici, le preoccupazioni e le attenzioni per il partner. Trattasi di circostanze che andranno valutate complessivamente in modo che risulti evidente la volontà di entrambi i coniugi di ricostruire tra loro la comunione materiale e spirituale in precedenza perduta.
Che cosa comporta la riconciliazione?
Venendo ora alle conseguenze dell’avvenuta riconciliazione, essa implica, ovviamente, l’abbandono della domanda di separazione, nel caso in cui sia già stata proposta ma non ancora decisa e, in questa ipotesi, ne verrà dato atto nel verbale di udienza.
Qualora sia già stata emessa la sentenza di separazione giudiziale o l’omologa di quella consensuale, vengono a cessarne gli effetti e quest’ultima potrà venire nuovamente pronunciata solo sulla base di fatti successivi alla riconciliazione. Altra conseguenza è il ripristino dei doveri coniugali di natura personale – fedeltà, coabitazione, collaborazione nell’interesse della famiglia – e patrimoniale, ivi compresa la comunione legale dei beni (esclusi gli acquisti fatti durante lo stato di separazione).
Infine, la riconciliazione interrompe il termine triennale dalla separazione, a partire dal quale è possibile chiedere il divorzio. In altre parole, qualora la “pace” tra i coniugi non abbia esito positivo, coloro che intendano divorziare dovranno procedere con una nuova separazione (giudiziale o consensuale) e attendere altri tre anni per avanzare la domanda di divorzio.
A cura dell'Avvocato Francesca Oriali