La separazione e il divorzio rappresentano un evento doloroso per tutti i componenti della famiglia, soprattutto per i figli. Talvolta può addirittura accadere, per svariate ragioni, che un figlio si rifiuti di stare con un genitore. Cosa succede in questi casi? Ecco come gestire la situazione nel migliore interesse del minore.
Diritto di visita e bigenitorialità
Nonostante le difficoltà emotive connesse alla separazione, la legge e la giurisprudenza tutelano il diritto del figlio di mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori. Il principio di bigenitorialità sancisce questo diritto, basandosi sull’assunto che la presenza di entrambi i genitori sia fondamentale per il sano sviluppo psicofisico del minore. Di conseguenza sarebbe bene che il figlio venga affidato a entrambi i genitori.
Affidamento condiviso
L’affidamento condiviso rappresenta, infatti, la soluzione più frequente adottata dai Tribunali per tutelare la bigenitorialità. In questo regime, i figli trascorrono tempo con entrambi i genitori, anche se prevalentemente vivono con uno di essi, definito genitore collocatario. Al genitore non collocatario viene garantito il diritto di visita, stabilito dal Tribunale in base a specifici tempi e modalità.
Il rifiuto del figlio verso un genitore
In alcuni casi i figli possono rifiutare di trascorrere del tempo con il genitore non collocatario. Le motivazioni possono essere diverse: risentimento per la separazione, incompatibilità caratteriali, influenza dell’altro genitore o altre ragioni da minore ritenute valide. È importante sottolineare che il rifiuto del figlio non può essere forzato o indotto dal genitore non collocatario e il diritto di visita non può essere imposto contro la volontà del minore.
L’intervento dei servizi sociali
In caso di rifiuto da parte del figlio, il genitore non collocatario può richiedere l’intervento dei servizi sociali per favorire il ristabilimento del rapporto affettivo. Il Tribunale, su richiesta del genitore non collocatario o d’ufficio, può disporre una consulenza tecnica con un esperto (psicologo o neuropsichiatra infantile) per approfondire le motivazioni del rifiuto. Sulla base di questa consulenza, il Tribunale adotterà le misure più opportune per tutelare il benessere del minore e favorire il rapporto con il genitore non collocatario.
Il minore non può essere costretto
L’uso della coercizione per costringere il figlio a stare con un genitore non è mai ammesso. Il Tribunale di Torino, con decreto del 4 aprile 2016, ha stabilito che la coercizione deve essere impiegata con estrema cautela, tenendo conto del superiore interesse del minore. Anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20107/2016, ha ribadito l’impossibilità di imporre rapporti affettivi, sottolineando l’importanza di favorire la normalizzazione dei rapporti tramite i servizi sociali.
Cosa può fare un genitore? Ascoltare il minore
Un aspetto fondamentale in questo tipo di problematiche è ascoltare il figlio e comprendere le sue ragioni. Anche se minorenni, i figli hanno il diritto di esprimere la propria volontà in merito ai rapporti con i genitori. I figli maggiorenni, invece, hanno piena autonomia decisionale. Non possono essere obbligati dal Tribunale a vedere il genitore non collocatario e possono scegliere di vivere da soli, pur continuando a ricevere il mantenimento dai genitori fino al raggiungimento dell’indipendenza economica.