«Quando chiudo il mondo fuori di casa, l’unica presenza di cui ho bisogno, a parte la festosa compagnia di un Golden Retriever, è la mia. C’è voluto del tempo per scendere a patti col senso di incompiutezza che l’essere single mi ispirava – o che le persone intorno a me suggerivano». Laura, 39 anni, montatrice cinematografica, è tra gli oltre 8 milioni e mezzo di persone che, secondo l’ultimo rapporto Istat, vivono sole in un’Italia dove i nuclei unipersonali sono ormai un terzo della popolazione e superano la percentuale delle famiglie. Una categoria composita, che comprende single per scelta, divorziati e vedovi, di cui le donne sono una maggioranza su cui incide molto la quota delle over 65. A dispetto della fotografia statistica, da un punto di vista economico, il nostro non è un Paese per single, tra le fette di popolazione più penalizzate dalla pressione fiscale e dagli effetti del carovita.

Essere single fa gola al mercato dei consumi

Le potenzialità di queste trasformazioni non sfuggono invece al mercato, che prospera sui bisogni delle persone sole. I viaggi organizzati per single segnano un’impennata annua del 7,5%, sostiene Speed Vacanze, leader italiano nel settore, mentre la piattaforma di tour operator specializzati come Vamonos-Vacanze.it registra una crescita dei crocieristi solitari del 52% rispetto al 2023. In tutt’altro comparto, le aziende che a vario titolo si occupano di animali domestici si sono accorte, sondaggi alla mano, che il bacino dei single è tra quelli più promettenti.

Tanto commercialmente appetibili da vedersi aggiudicare una ricorrenza all’anno. Anzi due: al 15 febbraio, San Faustino, ora si aggiunge un Single Day mutuato dalla Cina l’11 novembre, ennesima occasione ghiotta per i consumi.

Single per scelta ma non senza pregiudizi

È insomma tempo di archiviare gli stereotipi sulle zitelle acide e pure la retorica consolatoria della sgangherata Bridget Jones, che con la sua autoironia ha contribuito a sdoganare molti cliché. Eppure, c’è chi ancora alimenta i pregiudizi: non s’è fatta attendere la reazione delle americane, capitanate da star come Taylor Swift e Jennifer Aniston, alla battuta infelice del vice di Donald Trump, J.D. Vance, secondo cui il Partito democratico sarebbe un covo di “gattare senza figli”.

«C’è ancora chi pensa che ci sia qualcosa di inconcluso, intrinsecamente difettoso nell’essere single» sostiene Carolina Traverso, psicologa e psicoterapeuta dell’individuo e della coppia. «Non solo perché non ricalca l’arco esistenziale che gli altri si aspettano, ma perché spesso non lo percorre nei tempi “giusti”. L’idea, che un tempo penalizzava solo le donne, ora investe anche gli uomini. A quante è capitato di pensare che se a una certa età un uomo è “ancora in giro”, forse è perché è incapace di amare o di avere una relazione? In ogni caso, un brutto pregiudizio».

Single per scelta o semplicemente single?

Gli anglofoni, che hanno una formula efficace per tutto, lo stigmatizzano con un termine, singlism: discriminazione nei confronti dei single. Per contrastarla, la dottoressa Traverso ha scritto un libro, in parte autobiografico: Semplicemente single (Hoepli).

«Sono stata sola per molto tempo, prima di incontrare mio marito su Tinder, in pandemia, a 46 anni. Sono la dimostrazione che il grande amore può arrivare a tutte le età, anche quando, dopo un po’ di esperienze deludenti, inizi a pensare di essere condannata a vivere un’esistenza da sola, ammesso e non concesso che si tratti di una condanna. Conosco bene l’ossessione, poco utile, per cui la vita senza l’amore romantico non è degna di essere vissuta: ci destina a una costante infelicità, a sottovalutare la pienezza che riservano incontri, passioni, cause, relazioni con animali domestici.

La cosa che mi ha colpito, per esempio, quando ho deciso di prendere un cane, è l’improvvisa sensazione di essere in due, sapere di avere una creatura di cui prendermi cura mi ha regalato calore. Tuttavia, se sento dire: meglio gli animali degli umani perché non ti deludono mai, mi si rizzano le antenne. L’idea che una relazione debba essere scevra da ogni delusione è decisamente fuorviante. Sono proprio le aspettative eccessive ad allontanarci dalla felicità».

Che ruolo hanno siti e app di incontri?

Aspettative che si riversano sui siti e le app d’incontri, altro settore che prolifera sui bisogni dei single. «Mentre prima erano contesti come la famiglia, la comunità, la scuola o la chiesa a favorire le relazioni, statisticamente ora ci s’incontra in prevalenza online: non c’è più un tessuto sociale che tiene, intorno alle nuove relazioni» osserva. Né il tempo per creare connessioni casuali, conoscersi piano e in caso innamorarsi. È un’illusione di comfort: sfogli un catalogo, inseguendo checklist ideali: biondo, alto, benestante. Metti un cuoricino qua e là, nella speranza di risvegliare interesse. E se, arrivati all’incontro, la fiamma non s’accende, allora capita di finire ghostati, pratica ritenuta ormai moralmente accettabile».

Essere single per scelta significa anche essere partner di se stessi

In questa situazione, essere consapevolmente single vuol dire tenere saldi in pugno i valori importanti, non negoziarli per la fretta. «Per anni non mi sono autorizzata a considerare la mia condizione per quella che è: una propensione alla vita solitaria, a dispetto dei fidanzati che vanno e vengono, di cene, aperitivi e vacanze con gli amici», spiega Lorella, 56 anni, divorziata da 20. «La verità è che sto meglio sola, tanto che nelle situazioni “affollate” mi manco». Ancora una volta, c’è un termine inglese, self partnering: allude al rendersi partner di se stessi, salpare per il proprio personale progetto.

Ha contribuito a promuoverlo, e a ribadirlo di recente, l’attrice Emma Watson, chiarendo che la sua non è tanto una celebrazione dello status di single quanto la soddisfazione per il traguardo di sentirsi finalmente a proprio agio con se stessa, di essere riuscita a emanciparsi dall’urgenza di vedersi completa, riuscita, soltanto con una persona a fianco. Vale per tutti, a maggior ragione, pare, per questa metà del cielo.

Le donne sole e senza figli vivono più a lungo

«Farò uno sgarbo alla scienza accademica, dicendo solo: se sei uomo, forse dovresti sposarti; se sei donna, non preoccuparti» ha dichiarato provocatoriamente Paul Dolan, docente di Scienze comportamentali alla London School of Economics e autore del libro Happy ever after (per sempre felici e contenti), che dimostra come le donne sole e senza figli siano tra le più felici e vivano più a lungo. Sono forse anche, a ragion veduta, le migliori testimonial sentimentali, un capitolo importante dell’educazione affettiva contemporanea. «Avere davanti agli occhi l’esempio di donne indipendenti e felici è molto tranquillizzante per le giovani di oggi» commenta Carolina Traverso. «Le aiuta a essere più libere nelle scelte, quindi più felici nelle relazioni. Suggerisce che, se anche il grande amore non è dietro l’angolo, ci sono altre esperienze altrettanto grandi e appassionanti di cui arricchirsi».

Un libro per capire che non abbiamo bisogno di qualcuno che ci completi

Tutti siamo stati single prima o poi, tutti abbiamo condiviso ansie e pensieri negativi che – spiega Carolina Traverso in Semplicemente single. Riflessioni e pratiche di mindfulness per volersi bene, connettersi con gli altri e avere una vita piena d’amore (Hoepli) – non sono necessari. Psicologa, psicoterapeuta e insegnante di mindfulness, dimostra come sia possibile osservare la ferita del sentirci soli senza affanni.

«Praticare mindfulness vuol dire portare l’attenzione a ciò che accade dentro e fuori di noi senza cercare di aggiustarlo o cambiarlo. Ci aiuta a comprendere che non abbiamo bisogno di nessuno che ci completi. È una sorta di auto-alleanza che aiuta a smascherare le illusioni che spesso ci facciamo quando abbiamo molta voglia di innamorarci. A osservare la vita che scorre, affrontandone un passo per volta. Ma anche a spostare l’attenzione da sé all’altro, capacità che al momento opportuno può rivelarsi un toccasana in una nuova relazione».