«L’anno scorso lui voleva andare in montagna, io al mare. Come sempre, ho ceduto io. Due settimane in Trentino. Come contropartita, ho ottenuto un giorno alle terme e di alloggiare in un hotel con la Spa. Per il resto, camminate in vetta, sudore e fatica. Non il massimo per una che, dopo mesi di lavoro, sogna il tragitto tra il lettino e il bagnasciuga come unica attività sportiva. Al terzo giorno, mentre lui si arrampicava come uno stambecco e io, dietro ad arrancare, con lo zaino in spalla e gli scarponcini ai piedi al posto delle mie agognate infradito, ho preso in considerazione il divorzio. Al ritorno, reduce da una serie infinita di malumori, invece del divorzio ho preteso altro: vacanze separate».
Vacanze separate: perché no?
Anna ha 45 anni, un lavoro da agente immobiliare e un matrimonio che dura da quasi 20. Racconta che all’inizio lei e suo marito ci hanno riso su. Poi il discorso è diventato serio: perché non provarci? «Alla fine l’idea, è piaciuta anche ad Aldo: una vacanza senza sacrifici fatti sull’altare della coppia perfetta. Stiamo insieme da una vita e nessuno dei due soffre di gelosia. Così quest’anno lui partirà per il tour del Monte Bianco con un gruppo di montanari, io me ne vado in Grecia con la mia amica Martina che si è separata, lei per davvero, qualche mese fa. Gli amici ci hanno guardato come fossimo matti, ma secondo me sotto sotto ci invidiano».
Anna e Aldo fanno parte di quel 26% di italiani che quest’estate partirà solo o con gli amici (sondaggio Jetcost): ragazzi single per convinzione o di ritorno, grandi viaggiatori, ma anche mariti e mogli, fidanzate e fidanzati che per scelta o per necessità infrangono il tabù dell’estate insieme a tutti i costi. Quanto la categoria pesi sul totale è impossibile dirlo: nessuna statistica li prende in considerazione. Eppure lontano dai radar il fenomeno cresce, trascinato dalla scoperta relativamente nuova che il tempo dedicato a se stessi – che sia dormire in camere separate, coltivare passatempi diversi, o, appunto, vacanze separate – è una cura per molti disagi.
In vacanza separati per coltivare gli interessi
Ilaria Cazziol, 31 anni, content creator e blogger (è autrice, con Marco, il suo compagno, di Viaggio sola andata e Fotografi in viaggio), quella verità dice di averla scoperta da un pezzo. «Stiamo insieme da 13 anni. Avere una relazione così lunga, ti porta a doverti guardare dentro: se fai tutto insieme, vivi in un costante compromesso. Noi abbiamo iniziato a parlarci e tirare fuori i desideri di ognuno, tra cui ovviamente viaggi in posti che all’altro non interessavano. La prima vacanza da sola l’ho fatta dopo la fine dell’università, mentre Marco già lavorava. Da lì è diventata un’abitudine. Quest’anno sono andata a Panama, nella giungla.»
«Prendere dei momenti di pausa in cui ti dedichi solo a te stesso e ti metti in connessione con quello che vuoi veramente, aiuta anche la coppia: è un modo di
riappropriarti del diritto di dare priorità ai tuoi bisogni. Trovare un compagno che lo rispetti non è scontato, ma ci si può arrivare concedendo la stessa libertà. Che le persone in coppia
facciano cose diverse è visto come qualcosa di strano o indice di qualcosa che non va. E invece è una scelta di indipendenza che dà forza, soprattutto alle donne».
Aiuta a riconnettersi coi propri bisogni
Riconnettersi con i propri bisogni è utile, conferma Alessandra Subri, psicologa e psicoterapeuta. «Nella fase iniziale delle relazioni ci si perde un po’, nell’altro: i gusti diventano quelli del partner e si rinuncia a molte relazioni sociali. Nel tempo, questa fase si allenta e può nascere il bisogno di tornare a un rapporto privato con i propri gusti e i propri bisogni. In quest’ottica, le vacanze separate sono una buone occasioni per ricordarci chi siamo senza l’altro, a condizione che lo si accordi insieme, facendo leva sulla complicità che porta a una comunione di intenti e a un’intimità spontanea».
Le ragioni, dice, possono essere molte e ognuno ha la sua. «Tanti si sono trovati in lockdown, a vivere e lavorare dividendo gli spazi 24 ore al giorno. E anche le coppie più collaudate possono sentire il bisogno di evadere senza che questo implichi necessariamente l’esistenza di problemi. Può essere anche un modo di mettere alla prova la tenuta della relazione, capire se si sta insieme solo per abitudine oppure se il rapporto è solido».
Una scelta che fanno anche le famiglie
Poi ci sono le famiglie, le coppie con figli alle prese con un gioco di incastri complicatissimo, fatto di piani, ferie, vacanze scolastiche e centri estivi sempre più cari. Un Tetris infernale in cui le vacanze separate diventano un’alternativa più economica. «Dove vivo il costo minimo di una settimana al centro estivo è di 180 euro» racconta Chiara, mamma di Filippo, cassiera in un supermercato. «Così, dopo anni, io e mio marito ci siamo decisi: abbiamo chiesto le ferie in due settimane diverse. Così risparmiamo. Anche se è un sacrificio: io vorrei una vacanza tutti insieme, ma non ci stiamo dentro con le spese. Ci accontentiamo di qualche weekend». Non per tutti l’alternanza è un sacrificio.
Per Silvia, mamma di Angelica e infermiera, non lo è. «A luglio facciamo una settimana insieme. Ad agosto mio marito è a casa tutto il mese e porta la bambina in Puglia da mia suocera, io do la disponibilità al lavoro. La mia vera vacanza inizia lì: lui si rende conto di quanto rompe sua madre e io mi godo 20 giorni di silenzio, film, casa sporca, roba da lavare».
Ad Agata, commercialista e mamma di Matteo, invece, è riuscita la suprema quadratura del cerchio: «Io e il mio compagno di sventure, anche conosciuto come coniuge, dopo l’esperienza dell’anno scorso, 3 settimane al mare con il piccolo Attila, abbiamo deciso per la separazione dei beni: quest’anno una settimana a testa da soli per fare quello che vogliamo con chi vogliamo e le ultime 2 di agosto al mare con il bambino».
Separate, ma che siano vacanze!
Francesca Fiore, blogger, scrittrice e fondatrice della, community Mammadimerda assiste all’organizzazione dell’estate delle mamme con un certo sconforto, puntando il dito contro le “vacanze forzate” dello smart working. «La vera vacanza la fa chi resta a lavorare da solo in città. Quelle di chi porta i bambini al mare lavorando da remoto sono l’equivalente estivo dei lavori forzati. Le madri di una volta, quando partivano con i bambini lasciando i papà a lavorare, almeno erano in vacanza. Noi abbiamo da fare la spesa, cambiare i costumi, pulire casa, tutto in smart working. Un autosabotaggio».
A volte, dice, la scelta di dividersi il tempo, facendo vacanze separate è obbligata. «Siamo il Paese in Europa con le vacanze scolastiche più lunghe e c’è chi si ritrova suo malgrado a fare le ferie a turno per ridurre i costi. Detto questo, c’è anche chi, con la scusa di risparmiare, si prende un po’ di pausa. E, a pensarci bene, forse era anche il segreto della durata dei matrimoni delle nostre nonne: ciao amore, ci vediamo a settembre!».