Emilia Clarke, ossia la Daenerys Targaryen di Game of Thrones, ha parlato della sua salute e dei due aneurismi che l’hanno colpita e che, a detta sua, le hanno portato via «un po’ di cervello». «È straordinario che io sia in grado di parlare», ha confessato nel corso di una intervista alla Bbc, seguendo la scia di altri attori, cantanti e influencer che da qualche tempo a questa parte hanno deciso di condividere con i loro fans le proprie malattie: da Brad Pitt a Fedez, passando per Giorgia Soleri, la fidanzata di Damiano dei Maneskin, che soffre di vulvodinia.
Due gli episodi di aneurisma per Emilia Clarke
In questo caso Emilia Clarke ha parlato proprio dei due aneurismi, ai quali aveva solo accennato in passato, rivelando: «È stato il dolore più atroce». Entrambi (nel 2011 e nel 2013) sono stati di entità grave e l’hanno costretta a lunghi periodi di convalescenza.
Ma cos’è l’aneurisma, come si riconosce e come si cura? Ne abbiamo parlato con Gian Franco Veraldi, Direttore U.O.C. di Chirurgia Vascolare presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona-Polo Chirurgico “Pietro Confortini”.
Cos’è l’aneurisma cerebrale
L’aneurisma cerebrale è una dilatazione di un’arteria cerebrale, che avviene quando viene a mancare o è assente uno dei 3 strati dell’arteria, che diventa più fragile e può portare alla rottura dell’aneurisma.
«Si tratta di una dilatazione permanente di un’arteria, maggiore del 50% del suo calibro normale, che riguarda tutte e tre le tuniche vasali, cioè gli “strati” del vaso sanguigno. Nella stragrande maggioranza dei casi è un fenomeno che compare con l’età, in particolare dopo i 60 anni, in seguito ad aterosclerosi, quando i vasi tendono a chiudersi o, appunto, a dilatarsi: l’arteria si indebolisce e si dilata, come fosse un palloncino, e poi tende a rompersi sotto la pressione sanguigna» spiega Veraldi. L’aneurisma può avvenire nel cervello, in questo caso coinvolge l’arteria cerebrale, ma anche in altre parti del corpo, come l’addome o gli arti.
Come riconoscere l’aneurisma: i sintomi
«Nel 75% dei casi si tratta di una malattia completamente asintomatica. Raramente ci sono dolori, come mal di testa o di schiena (a seconda di dove è localizzato l’aneurisma) oppure, soprattutto nei soggetti più magri, può avvenire di sentire “pulsare” l’addome, se si verifica in questa zona. Ma di solito ci si accorge in modo occasionale, durante esami diagnostici per altri motivi, come una lastra o un’ecografa – spiega l’esperto – Il vero problema è quando l’aneurisma si rompe, causando un’emorragia. Se capita al cervello, i danni possono essere anche molto importanti, come deficit neurologici centrali, anche permanenti». Ecco perché la Clarke ha spiegato: «Sono nella minoranza davvero, davvero, davvero piccola di persone che possono sopravvivere a questo. Ora una parte del mio cervello non è più utilizzabile. È straordinario che io sia in grado di parlare, a volte in modo articolato, e di vivere la mia vita in maniera completamente normale senza ripercussioni».
Le cause dell’aneurisma cerebrale
«Se è vero che gli aneurismi sono più frequenti col passare degli anni, nel caso di quelli cerebrali spesso sono congeniti: sono presenti fin dalla nascita, sotto forma di “malformazioni”, e difficili da individuare, se non quando ci siano sintomi come dolori, appunto, non giustificati. Ma ci possono essere anche casi di traumi.
Sicuramente lo stile di vita ha una grossa importanza, in particolare l’alimentazione: l’obesità rappresenta un fattore di rischio importante, insieme ad alti livelli di colesterolo e pressione. Il colesterolo, infatti, tende a depositarsi nei vasi in prossimità dell’aneurisma, per un fenomeno naturale, quasi come se l’organismo volesse “irrobustire” le pareti lì dove sono deboli. Ma il problema è che aumenta il rischio di embolie. Se la pressione sale e ci sono queste placche, si possono rompere dando luogo a infarti o ischemie, in questo caso si trovano lungo gli arti» spiega il chirurgo vascolare.
Attenzione, poi, al fumo: «È dannosissimo e andrebbe bandito» spiega Veraldi.
La diagnosi dell’aneurisma
L’aneurisma solitamente viene diagnosticato analizzando la storia del paziente e con esami come angiografia, TAC, risonanza e gli interventi sono scelti in base al tipo di aneurisma (come dimensioni e localizzazione): «Se si trova nel cervello, andrebbero eseguite sia TAC che risonanza, mentre in altre parti del corpo solitamente è sufficiente una TAC con liquido di contrasto per avere un’immagine chiara del vaso sanguigno, dell’eventuale trombo e del flusso di sangue» spiega Veraldi.
I trattamenti possibili per l’aneurisma
Quanto ai trattamenti, come spiega l’esperto, oggi si fa largo ricorso alla chirurgia di precisione, endovascolare: «Fino al 1991 la maggior parte degli interventi era “a cielo aperto”, oggi si preferisce – ove possibile – procedere con operazioni endovascolari, nel 60% dei casi. Per esempio, nel caso di aneurisma all’aorta addominale, inseriamo tramite gli inguini, senza incisione ma con un solo buchino di mezzo centimetri di lunghezza, delle endoprotesi» chiarisce l’esperto. È come se il sangue fosse incanalato in queste minuscole protesi senza ristagnare nell’aneurisma. «A livello cerebrale si inseriscono protesi a forma di piccola spirale e si ricopre il vaso sanguigno con un micro-stent (un tubicino a rete metallica che sostiene le pareti interne, NdR) per evitare la rottura. Si tratta di interventi molto delicati e, purtroppo, le donne sono più a rischio in quanto più minute: «La percentuale di mortalità negli interventi è più elevata nella popolazione femminile, a causa delle possibili rotture dei vasi, nonostante queste endoprotesi siano piccole, proprio perché il fisico delle donne è generalmente più piccolo».
Il messaggio di positività di Emilia Clarke
Il caso di Emilia Clarke, però, dimostra che è possibile superare anche aneurismi cerebrali e proseguire una vita normale. Nonostante quanto le è successo, infatti, l’attrice non si è persa d’animo e non solo ha continuato a recitare, ma ha anche creato una fondazione, SameYou, in italiano “Come te”, a indicare la vicinanza con chi soffre dello stesso problema.