«Ogni volta che mi trovo davanti mia figlia, la fatica più grande è riuscire a trattenere le lacrime. In queste 24 settimane ha prosciugato le guance e anche le spalle, due grucce spoglie. Le cosce sono due stuzzicadenti. Le mani due calchi da laboratorio. I capelli fili di stoppa».
Sono queste le parole di una mamma che combatte contro l’anoressia della figlia: è la protagonista del romanzo di Alessandra Arachi, Non più briciole (Longanesi).
Ma quali sono le vere cause di questo male che colpisce mente, anima e corpo?
È sempre colpa delle madri?
Per anni abbiamo collegato l’anoressia ad un conflitto con la madre perché è lei il primo cibo, il simbolo del nutrimento. Spesso snoccioliamo teorie attraenti, semplici. Senza basi scientifiche.
«Oggi la più grande ricerca, lanciata nel 2014 da un team di studiosi americani e inglesi, sta cercando di indagare le origini genetiche dell’anoressia» spiega Alessandra Arachi, scrittrice e giornalista.
«Quello che è certo è che siamo di fronte a una malattia. Smettiamo di discuterne con immagini poetiche: le anoressiche non sono “farfalle” o “passerotti” bisognosi d’amore. Altrimenti, per loro resteranno solo briciole, cioè pochissimi fondi per la ricerca e le cure. E a chi punta ancora il dito contro le mamme, vorrei far conoscere quelle che hanno ispirato il mio libro: donne combattive che sono scese negli inferi per salvare le figlie».
Il disagio nasce a seguito di una dieta?
«Non c’è un legame diretto tra anoressia e diete. I medici conoscevano il disturbo già nel 17° secolo, quando la gente ignorava il significato della parola “dieta”» spiega Filippo Ongaro, medico nutrizionista.
«Però tra le concause del problema può esserci la mancanza di una corretta educazione alimentare. Gli adolescenti non sanno che cosa significhi mangiare bene. Dimenticano che eliminare alcuni nutrienti è nocivo, confondono grassi e calorie. Nella loro testa regna il caos. Un caos che diventa letale in una ragazzina che soffre di fragilità psicologiche. È fondamentale insegnare alle nuove generazioni la cultura del cibo sano: un compito delicato che spetta alle famiglie e alla scuola».
Possiamo parlare di disagio psichico?
«L’anoressia è una “malattia trasversale”» osserva Elena Riva, psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro di Milano «È un disagio psichico che implica problemi diversi: dal senso di inadeguatezza ai disturbi della personalità».
I siti Pro-ana sono una minaccia?
«Seguiamo 300 pazienti alla settimana e l’80% di loro dichiara di aver subìto maltrattamenti in casa. Soprattutto urla: ferite verbali che lasciano cicatrici più indelebili di quelle fisiche» racconta Fabiola De Clercq, fondatrice di Aba, Associazione bulimia e anoressia (www.bulimianoressia.it).
«Questa è la causa scatenante dell’anoressia. Che ha un terribile alleato: la Rete. I siti pro-Ana (Ana è la dea anoressia, ndr), blog e forum dove si inneggia alla magrezza eccessiva, sono sempre di più – prosegue Fabiola – E anche sui social network fioriscono gruppi a tema. I ragazzi malati si scambiano “consigli” per pesare sempre di meno, invitando gli altri a digiunare e colpevolizzando chi non lo fa o non è abbastanza bravo a vomitare. Capita che anche le mamme si rifugino online, tra queste pagine, per capire cosa accade nella testa dei figli malati. Ma non è la strada giusta: serve razionalità per combattere il demone dell’anoressia. E bisogna trovare il coraggio di chiedere aiuto agli esperti».
La moda mostra sempre esempi sbagliati?
«In passerella non sfilano le anoressiche. Lì ci sono quelle magre. E io lo posso dire perché conosco questo mondo» sostiene Elisa D’Ospina, top model curvy.
«Da anni ormai molti stilisti fanno sfilare anche donne in carne, proprio per lanciare un messaggio forte contro la malattia. Ma se tra le tante modelle c’è una ragazza che soffre di anoressia, scoppia una bomba come se il problema fosse tutto qui. È un falso mito. Le anoressiche sono ovunque: tra le vicine di casa, le colleghe, le compagne di banco».
«Da 8 anni vado nelle scuole per una campagna di sensibilizzazione sui disturbi alimentari. Nelle aule incontro tantissimi giovani impauriti dai modelli che si impongono come vincenti nella nostra società. Adesso le ragazze non vogliono tanto imitare le taglie 38, ma i vip dai volti rifatti di botox che sbandierano una finta naturalezza. Questo mi fa paura: l’idea che un corpo debba essere perfetto in eterno, che si possa modellare e plasmare allo sfinimento. E che la bellezza sia lontana dalla normalità, dall’autenticità».