Aria cattiva in casa danneggia respiro e cuore
L'aria cattiva in casa ha effetti negativi sul sistema respiratorio e su quello cardiocircolatorio. Lo suggerisce il lavoro degli studiosi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) che hanno condotto uno studio sulla montagna himalayana, sulla popolazione degli sherpa, per verificare gli effetti dell’inquinamento indoor sulla salute della popolazione locale. Il lavoro, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di scienze biomediche e chirurgico specialistiche dell’università di Ferrara e con l’università di Pisa, è in via di pubblicazione sulla rivista European
Journal of Internal Medicine.
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Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – che tiene in questi giorni a Ginevra la prima conferenza globale – la presenza in atmosfera del particolato atmosferico fine di origine antropica (Pm 2.5, generalmente definitopolveri sottili) costituisce il sesto fattore di rischio per la salute umana e ha causato nel 2016 a livello globale 4,1 milioni di morti per disturbi respiratori, cardiovascolari e per cancro polmonare. Un numero di decessi maggiore rispetto a quello dovuto a più noti fattori di rischio quali abuso di alcool o inattività fisica, e simile a quello per elevati livelli di colesterolo nel sangue o obesità.
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"Meno noto è che circa 2 milioni di decessi annui addizionali sono originati dall’esposizione all’inquinamento negli ambienti domestici, fenomeno particolarmente preoccupante nei continenti asiatico e africano, dovuto principalmente all’utilizzo, per riscaldamento e preparazione dei pasti, di combustibili di bassa qualità (sterpi, residui agricoli, sterco animale) con stufe altamente inefficienti e in ambienti non adeguatamente ventilati", spiega Sandro Fuzzi, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac) e coautore dell’articolo.
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"Precedenti ricerche – continua Fuzzi – hanno già esaminato questo fenomeno in India, Cina e America Latina. La particolarità di questo studio, condotto nel villaggio di Chaurikharka, a 2.562 metri di altezza, abitato dalla popolazione sherpa, sono la lontananza da altre possibili sorgenti di inquinamento, nonché la bassissima propensione al fumo, e la rarità dei fenomeni di obesità e diabete nella popolazione. L’assenza di questi fattori rende possibile una valutazione più precisa del rapporto causa-effetto fra l’inquinamento indoor e le affezioni riscontrabili nella popolazione".
In questi ambienti domestici le concentrazioni di Pm2.5, contenente a sua volta un’elevata percentuale di black carbon, un derivato dalla combustione estremamente dannoso per la salute, possono superare di molte volte i limiti fissati dall’Oms per l’aria ambiente. "Abbiamo monitorato tredici case del villaggio su un intero ciclo giornaliero per verificare i livelli di concentrazione di Pm2.5 e di carbone. Settantotto abitanti delle case oggetto delle misure in età compresa fra 16 e 75 anni sono poi stati oggetto di una serie di valutazioni mediche", aggiunge Lorenza Pratali, ricercatrice dell’Istituto di fisiologia clinica (Cnr-Ifc) e primo autore dello studio.
"Dai risultati clinici è emerso che anche una cattiva qualità dell’aria dell’ambiente indoor può causare una precoce disfunzione a carico delle vie aeree e danno cardiovascolare subclinico. L’effetto nocivo è maggiore soprattutto dal punto di vista cardiovascolare nella popolazione con età maggiore di 30 anni, con una più prolungata esposizione al black carbon. È chiaro che semplici interventi che favoriscano l’uso di stufe più efficienti e combustibili più adeguati in queste comunità possono ridurre sostanzialmente le emissioni indoor dovute alla combustione e, di conseguenza l’esposizione degli abitanti e gli effetti sulla salute".