Lo scenario richiama quello dell’emergenza Covid e probabilmente per questo l’annuncio di un maxi contratto per l’acquisto di vaccini contro l’influenza aviaria ha creato tanta apprensione. A siglarlo è stata l’Hera, l’European Health Emergency Response Authority, ossia l’autorità della Commissione europea creata ufficialmente nel 2021 per preparare l’Unione a una futura eventuale pandemia. Intanto crescono i timori, dopo che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha confermato l’infezione in un bambino di 4 anni in India.
Un bambino si è ammalato di aviaria in India
Il bambino si è ammalato di influenza aviaria nella regione del Bengala. Il contagio risale a fine gennaio scorso, quando il piccolo ha iniziato ad avere i primi sintomi. Ricoverato in ospedale, era poi stato curato in terapia intensiva «a causa di una grave e persistente difficoltà respiratoria, febbre alta ricorrente e crampi addominali». Dopo una prima diagnosi di bronchiolite e le dimissioni, a marzo il bambino era tornato in terapia intensiva, risultando positivo al virus H9N2, responsabile dell’influenza aviaria.
Un’altra bambina infettata in Australia
Secondo l’OMS il bambino indiano, originario del Bengala e poi guarito, avrebbe contratto il virus dai polli allevati a casa e nei pressi dell’abituazione. Sarebbe, dunque, il secondo caso umano accertato di contagio, dopo un primo che risaliva al 2019. Nel frattempo, però, sono giunte altre segnalazioni, sia dagli Usa (nello stato del Texas), sia dall’Australia, dove ad essersi ammalata sarebbe stata una bambina di appena due anni, di ritorno da un viaggio. Per le autorità sanitarie, però, il responsabile in questo caso sarebbe un ceppo differente del virus, il sottotipo H5N1.
Quali rischi per bambini e adulti
Il timore, dunque, è che il virus possa compiere un salto di specie, un cosiddetto spillover, adattandosi all’uomo. «Al momento l’aviaria riguarda gli animali e, in particolare, i polli e alcuni mammiferi come i bovini negli Stati Uniti con l’H5N1, dove si è temuto che fosse a rischio anche il latte. In realtà carne, uova o latte non rappresentano un problema: si erano trovate tracce di genoma in alcuni esperimenti di laboratorio sulle cavie, ma non significa che ci fosse il virus vivente» spiega il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Galeazzi-Sant’Ambrogio e Direttore della Scuola di specializzazione di igiene e medicina preventiva dell’Università degli Studi di Milano.
Se il virus dell’aviaria passasse all’uomo: quali pericoli
Il vero timore riguarda la possibilità di uno spillover, quindi: «Anche se questo virus sembra un po’ ‘pigro’ nello sganciarsi dall’ambiente in cui si trova, dunque gli animali, ha pur sempre caratteristiche di instabilità come il coronavirus. Significa che più gira, maggiori sono le probabilità che trovi la variante giusta per aggredire l’uomo, tramite le vie respiratorie – chiarisce Pregliasco – Io credo che accadrà, ma non sappiamo quando. Se passasse all’uomo potrebbe diventare come la spagnola o il Covid».
I sintomi della malattia nell’uomo
«A dispetto del nome, negli animali non dà sintomi influenzali, i polli non starnutiscono: è, invece, una malattia neurologica emorragica. Nell’uomo può presentarsi in forma lieve, con congiuntiviti, oppure in forma grave, con una elevatissima quota di mortalità a causa di polmoniti virali primarie. Questo perché noi abbiamo alcuni recettori del virus, ai quali questo si aggancia (cioè l’emoglutinina 5, H5, ossia l’equivalente della Spike per il coronavirus) a livello delle vie respiratorie profonde. In caso di infezione questo porta potenzialmente a una malattia molto pesante», chiarisce il virologo.
Quanti casi di aviaria ad oggi
Ad oggi l’influenza aviaria umana è causa di infezioni che possono essere responsabili di problemi lievi del tratto respiratorio superiore fino a malattie più gravi, potenzialmente anche fatali. Tra i sintomi ci sono anche congiuntivite, disturbi gastrointestinali, encefalite ed encefalopatia. Secondo l’OMS tra il 2003 e il novembre 2023 ci sono stati 880 casi umani di influenza aviaria (H5N1) in 23 Paesi, con un totale di 460 decessi.
Il maxi contratto Ue per la fornitura di vaccini
Per evitare focolai, l’Ue ha deciso di sottoscrivere un accordo per la fornitura di un vaccino contro l’influenza aviaria. L’intento delle autorità di Bruxelles è evitare gli errori commessi in passato, in particolare con il coronavirus, facendosi trovare impreparati di fronte a una potenziale nuova pandemia. Per questo l’Hera ha firmato un contratto con la società farmaceutica inglese Seqirus per la fornitura di 665mila dosi di vaccino a uso umano contro la trasmissione proprio dell’influenza aviaria. Avrà valore di 4 anni e prevede il possibile acquisto di oltre 40 milioni di dosi.
L’Italia ha detto “no”
Al momento, però, non tutti gli Stati europei hanno sottoscritto l’appalto, siglato da 15 paesi membri (Danimarca, Lettonia, Francia, Cipro, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Islanda e Norvegia). L’Italia, dunque, non figura nell’elenco di coloro che hanno firmato il contratto che, come spiegato da un portavoce della Commissione Ue, lascia i Paesi non sottoscrittori «ovviamente liberi di acquistare i vaccini attraverso le proprie procedure nazionali, indipendentemente dalla partecipazione all’appalto congiunto».
L’Italia non ha aderito all’acquisto del vaccino per l’aviaria
Nulla vieta, dunque, di rifornirsi di vaccini nei tempi e nei modi che le autorità sanitarie nazionali riterranno opportuni. «È una scelta. In ogni caso la mancata sottoscrizione oggi non preclude la possibilità di un acquisto futuro diretto, qualora fosse deciso o si rendesse necessario», chiarisce Pregliasco, che spiega: «Oggi il problema è che, alla luce di quanto accaduto con l’aviaria nel 2005 e soprattutto con il Covid, si vuole evitare di non essere in grado di rispondere tempestivamente a un’emergenza. La difficoltà sta proprio nell’evitare un falso allarme, un “al lupo al lupo” che poi genera sfiducia se non è seguito da un problema serio. Occorrerebbe maggior equilibrio».
Un vaccino solo per gli addetti ai lavori
Al momento, comunque, il vaccino contro l’influenza aviaria è destinato esclusivamente ai lavoratori cosiddetti “a rischio”, dunque allevatori del settore aviario e bovino, e ai veterinari. Al momento, ad esempio, le prime spedizioni per la Finlandia sono pronte. «È un vaccino pre-pandemico, non da usare adesso, ma da avere per non farsi trovare impreparati. Non è una profilassi per tutti, ma solo per i lavoratori particolarmente esposti. È a tecnologia normale, non a Rna, ma se fosse fossero necessarie quantità maggiori, si potrebbe ricorrere anche quel tipo di vaccino», conferma Pregliasco.
Un solo vaccino: come funziona
Il vaccino prodotto dalla Seqirus al momento è l’unico disponibile contro il virus H5N1, H5N2 o H5N9. L’obiettivo è prevenire potenziali focolai di influenza aviaria in Europa ed evitare l’eventuale diffusione dell’influenza. Come spiega una nota di Bruxelles, «quello di Seqirus è l’unico vaccino preventivo contro l’influenza aviaria zoonotica attualmente autorizzato nell’Ue».