Protesi al seno e rischio di cancro
L’istituto europeo di oncologia (Ieo) rassicura sui rischi di cancro per le donne con protesi al seno. In occasione del 'Bra day', la Giornata per la consapevolezza sulla ricostruzione mammaria, l'istituto milanese vuole lanciare "un messaggio di consapevolezza e trasparenza".
"Il rischio di sviluppare un linfoma Alcl esiste, ma è talmente basso da essere ampiamente superato dai benefici della ricostruzione, in termini psicologici e di qualità di vita", afferma Mario Rietjens, direttore Chirurgia plastica dell'Ieo, che aggiunge: "Per noi la ricostruzione è parte integrante della cura per tumore del seno e ci sentiamo di proporla senza esitazioni alle nostre pazienti, in scienza e coscienza, seguendo la linea dettata dal nostro Consiglio superiore di sanità e dalle autorità sanitarie internazionali".
Il linfoma anaplastico a grandi cellule (Alcl) – informa l'Ieo in una nota – è una rara forma di linfoma specificamente associata alle protesi mammarie e inizialmente localizzata o nel liquido intorno alla protesi o nella capsula, cioè la cicatrice che si forma intorno alla protesi. E' definito linfoma perché morfologicamente le cellule malate sono dei linfociti T del sistema immunitario, che presentano un’alterazione. La malattia è risolvibile con un intervento di rimozione della protesi stessa e della sua capsula, senza nessuna cura ulteriore. Si stima che si verifichi un caso di Alcl associato a impianto protesico ogni 30.000. In Italia le statistiche parlano di 2,8 casi ogni 100.000 pazienti.
Sulla base delle 10 domande più frequenti, messe a punto dalle associazioni DonnaxDonna e Babc (Beautiful After Breast Cancer), gli esperti delle divisioni di Chirurgia plastica e di Senologia affrontano, a tu per tu per tu con le donne, i dubbi e le paure di sviluppare il linfoma Alcl associato all’impianto di protesi mammaria.
"Il linfoma Alcl non deve fare paura perché è rarissimo e inizialmente sempre localizzato – continua Francesca De Lorenzi, chirurgo plastico Ieo e membro di DonnaXDonna – Quindi con controlli annuali con ecografia e mammografia, come quelli che fanno regolarmente le pazienti oncologiche, se la malattia si manifestasse, saremmo in grado di intercettarla e guarirla rapidamente e definitivamente, togliendo la protesi. Dunque in Ieo sia per le nuove pazienti che per quelle che già abbiamo in carico non cambia nulla: non servono ulteriori esami, oltre a quelli che già si fanno, né tantomeno terapie”.
“I dubbi sul dal farsi circa le protesi sono più che comprensibili – conclude Viviana Galimberti, direttore della Senologia – e per dissiparli, accanto al dialogo, in Ieo abbiamo adottato un’informativa del ministero della Salute, che integriamo al nostro Consenso Informato. Le raccomandazioni sono semplici e chiare: le donne portatrici di protesi a seguito di intervento per tumore del seno devono continuare a fare i controlli regolari; le donne che portano una protesi impiantata per motivi estetici devono iniziare subito a effettuare i controlli e mantenere la regolarità nel tempo".
"Inoltre in caso di sieroma tardivo, vale a dire se dopo almeno 1 anno dall’intervento chirurgico il seno si gonfia molto senza un motivo evidente – avverte la senologa – occorre eseguire immediatamente un’ecografia ed eventualmente un esame citologico del liquido intorno alla protesi". Dove recarsi in questi casi? "Nei centri che dispongono di una Breast unit. L’Istituto Europeo di Oncologia, con la sua Breast Unit, è centro di riferimento in Lombardia per la diagnosi e la gestione di eventuali casi di linfoma Alcl associato a impianti protesici".