Il vissuto delle donne con il cancro al seno
Spaventate, ma soprattutto sole e spesso stigmatizzate. Questo il vissuto di molte donne che si trovano a fare i conti con il cancro al seno, emerso dal report Supporting Women With Cancer, un'indagine condotta a livello globale che ha coinvolto 4.585 donne in 23 Paesi, Italia inclusa, presentato in concomitanza con il Congresso Esmo (Società europea di oncologia) a Barcellona.
L'indagine ha rilevato che solo una donna su cinque (il 20%) a cui è stato diagnosticato un tumore ritiene di aver ricevuto un supporto sufficiente riguardo alla gestione delle responsabilità familiari o all'adeguamento della propria condizione lavorativa al mutato stato di salute. Non solo: il 45% era consapevole dei segni e dei sintomi di un tumore prima della diagnosi e quasi la metà (47%) non aveva mai partecipato a un programma di screening oncologico.
I risultati hanno fatto emergere come esistano margini di miglioramento sia per aumentare la conoscenza su tutti i tipi di tumore e sui relativi fattori di rischio, sia per accrescere la consapevolezza relativa all'accesso ai programmi di screening e ai servizi di supporto alle donne.
Infine, un quarto delle donne (25%) ha percepito di essere stigmatizzata a causa della malattia, più di quanto non accada agli uomini. Le interviste alle italiane hanno rivelato importanti bisogni non soddisfatti anche nel nostro Paese: il 51% era a conoscenza dei segni e sintomi del tumore prima della diagnosi, una percentuale maggiore rispetto alla media globale, ma comunque da migliorare. Inoltre, è emersa una sottovalutazione dei rischi associati a tumori non considerati femminili, tra cui quello al colon retto e al polmone. Più di una donna italiana su tre, poi, non ha mai partecipato a un programma di screening oncologico in grado di migliorare la diagnosi precoce.
E ancora, in Italia la stragrande maggioranza delle donne intervistate (85%) dichiara di non aver ricevuto sufficiente supporto per gestire le responsabilità familiari o lavorative (81%). Solo il 32% ha avuto accesso a servizi di supporto e al 52% non è stato offerta dal proprio specialista una consulenza sulla preservazione della fertilità o sulla pianificazione familiare. Nel nostro Paese, tra le barriere che hanno ritardato l'accesso agli screening, figurano la scarsa consapevolezza della necessità di sottoporsi ai controlli diagnostici e la paura della diagnosi.