La cannabis non fa bene al cuore, soprattutto degli over 65. Gli adulti che, pur non fumando tabacco, consumano marijuana corrono un maggior rischio di attacchi di cuore e infarto, mentre chi usa quotidianamente la cannabis ha il 34% in più di probabilità di andare incontro a uno scompenso cardiaco. A dirlo sono due nuovi studi, presentati dall’American Heart Association (AHA) riunita nella sessione scientifica a Filadelfia, negli Stati Uniti.
Attenzione al cuore
L’AHA, dunque, mette in guardia dagli effetti collaterali del fumo, ma non si limita a quello tradizionale: il monito degli esperti cardiologi americani riguarda anche lo svapo e soprattutto la marijuana, ritenendola una fonte di pericolo, sia per uso ricreazionale che medico: «Le più recenti ricerche sull’uso di cannabis indicano che fumare o inalare questa sostanza aumenta la concentrazione nel sangue di carbossiemoglobina (monossido di carbonio) e catrame (frutto della combustione) almeno quanto il tabacco. Entrambe le sostanze sono state associate a malattie del muscolo cardiaco, dolori al petto, disturbi nella frequenza cardiaca, infarti e altre condizioni analoghe», ha spiegato alla CNN Robert Page, professore presso il Dipartimento di farmacia clinica, medicina fisica e della riabilitazione alla University of Colorado Skaggs School of Pharmacy and Pharmaceutical Sciences.
Perché la cannabis può causare infarti
«I risultati non dovrebbero stupire e anzi vanno presi in seria considerazione, soprattutto ora che si studiano maggiormente gli effetti della cannabis, anche grazie al fatto che c’è una maggiore legalizzazione nei consumi, specie in molti stati degli Usa. Va anche considerato che la sostanza che oggi si trova in commercio non è più quella di 10 anni fa, è molto più potente. Un report appena pubblicato dall’EMCDDA (l’Osservatorio europeo per le droghe e le dipendenze) ed Europol indica che la potenza media dell’erba è cresciuta del 57% tra il 2011 e il 2012 e quella della resina di cannabis addirittura di poco meno del 200%», spiega Riccardo Gatti, psichiatra e già direttore del Dipartimento Dipendenze presso la Asl di Milano.
Boom di cannabis negli over 65
L’appello dei cardiologi americani, infatti, arriva di fronte a un vero boom nel consumo di marijuana, soprattutto tra gli over 65. Secondo uno studio condotto nel 2020 in America, tra il 2015 e il 2018 si è assistito a un raddoppio nel fumo di cannabis negli over 65. Da un altro lavoro del 2023, invece, emerge un incremento del 450% di binge drinking (il consumo di alcolici in modo compulsivo) e marijuana nel periodo tra il 2015 e il 2019, sempre negli ultra 65. A preoccupare è anche l’effetto dipendenza che ne deriva: in circa 3 persone su 10 si verifica il cosiddetto “cannabis use disorder”. «È interessante il campione di over 65: le preoccupazioni, infatti, finora si erano concentrate sui giovanissimi e sui danni psichici. Nella popolazione più adulta, invece, emergono effetti collaterali legati a fragilità diverse, come quelle cardiovascolari», aggiunge Gatti.
La dipendenza da marijuana, spesso sottovalutata
Secondo l’istituto nazionale per gli abusi statunitense, gli effetti collaterali della dipendenza da marijuana possono andare dalla fame compulsiva alla mancanza di appetito, irritabilità, irrequietezza, difficoltà a prendere sonno o disturbi dell’umore. Ma i problemi possono aumentare in caso di ultra 65enni, come emerge dall’analisi delle cartelle cliniche di chi viene ricoverato per altri motivi ed è un fumatore di marijuana. I ricercatori hanno condotto una serie di analisi su un campione di pazienti ricoverati per problemi come alta pressione, diabete di tipo 2 o colesterolo alto, tipici dell’avanzare dell’età.
Cosa può provocare la cannabis negli over 65
Si è scoperto che su 8.535 adulti che avevano fumato erba, il rischio di attacchi di cuore o problemi cerebrali era maggiore del 20% rispetto agli oltre 10 milioni di pazienti che non avevano mai usato marijuana. Il consumo di erba, infatti, aumenterebbe sensibilmente la pressione del sangue, che è uno dei maggiori fattori di rischio per le malattie cardiache. Un secondo studio, condotto su 160mila persone di età media di 54 anni, ha invece mostrato un maggior rischio (+34%) di scompenso cardiaco nei fumatori di marijuana, mentre a inizio 2023 un ultimo lavoro, realizzato a Baltimora (Maryland), ha indicato una maggiore probabilità (33% circa) di problemi coronarici rispetto a chi non ha mai fumato cannabis.
Attenzione anche in Italia
In Italia la cannabis non è legalizzata, ma è comunque considerata una “droga leggera”: «È un mantra che si ripete da sempre, ma che non ha alcuna base scientifica che lo avvalli. Anche se non si muore per overdose, rimane una sostanza stupefacente, non innocua e ora gli studi mostrano come nelle persone avanti con l’età possa provocare danni anche gravi», spiega ancora Gatti, che coordina il Tavolo tecnico sulle Dipendenze della Regione Lombardia. L’esperto, infine, non trascura un ultimo aspetto: «Oltre agli effetti del monossido di carbonio sprigionato dalla combustione, che di per sé può incidere sulla pressione arteriosa, negli over 65 la cannabis si può sommare all’assunzione di farmaci legati ad altre patologie tipiche dell’età, come colesterolo, diabete o la stessa alta pressione sanguigna. Il risultato finale può portare a un ulteriore aumento dei rischi», conclude Gatti.