Poter mangiare cibi con il glutine senza stare male, senza andare incontro a problemi intestinali è per chi soffre di celiachia un sogno. È vero che ormai esistono molti prodotti in commercio privi della proteina a cui i celiaci sono intolleranti, ma l’idea di potersi sedere a tavola al ristorante e non dover chiedere un menu differenziato resta una chimera. Un nuovo farmaco sperimentale, però, sembra poter dare qualche speranza in questa direzione, in attesa anche del vaccino.

Il nuovo farmaco sperimentale per la celiachia

Si chiama ZED1227 e potrebbe essere in grado di prevenire il danno alla mucosa intestinale causato proprio dal glutine nei celiaci. Insomma, i pazienti intolleranti alla proteina, presente in molti cereali e non solo, potrebbero anche mangiare alimenti che contengono, per esempio, grano, orzo, malto o farro, senza problemi intestinali immediati o di lungo periodo, come l’atrofia dei villi. A far sperare sono gli esiti dei primi test condotti da un team di ricercatori internazionali, coordinato dalla Facoltà di medicina e tecnologia sanitaria dell’Università di Tampere, in Finlandia. Al lavoro partecipano anche gli esperti dell’Istituto di immunologia traslazionale e centro celiaco dell’Università Johannes-Gutenberg in Germania, del Centro norvegese di ricerca sulla celiachia – Istituto di medicina clinica dell’Università di Oslo e di altri poli specializzati nella patologia.

Come funziona

I ricercatori si sono concentrati su un meccanismo che permetterebbe di inibire la transglutaminasi 2 (TG2), che è causa dei danni intestinali provocati dal glutine nei soggetti che hanno la malattia autoimmune. In particolare, avrebbero messo a punto un farmaco in grado di bloccare l’attività dell’enzima TG2. Il glutine, quindi, non verrebbe trasformato in modo tale da diventare dannoso per i villi dell’intestino tenue.

I test sul nuovo farmaco

Per farlo gli scienziati hanno analizzato le biopsie della mucosa intestinale di pazienti celiaci, dopo averli sottoposti a una dieta a lungo termine priva di glutine e dopo aver invece reintrodotto per sei settimane la sostanza. Il quantitativo era ridotto a 3 grammi di glutine, associato a 100 milligrammi di ZED1227. I risultati sono stati infine comparati con quelli del gruppo di controllo, a cui è stato offerto un placebo.

Nessun danno alla mucosa intestinale

«Misurando l’attività genetica, abbiamo scoperto che ZED1227 ingerito per via orale preveniva efficacemente il danno e l’infiammazione della mucosa intestinale indotti dal glutine. Nel gruppo del farmaco, anche l’attività dei geni responsabili dell’assorbimento dei nutrienti e degli oligoelementi è tornata al livello di esposizione pre-glutine», ha spiegato il professor Keijo Viiri, coordinatore del team dei ricercatori.

Attenzione alle controindicazioni

A frenare gli entusiasmi, però, è il dottor Marco Silano, Direttore del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità e Coordinatore del Board Scientifico di AIC. Silano, infatti, ricorda che è vero che «la transglutaminasi tissutale è un enzima dell’organismo umano che svolge un ruolo fondamentale nella trasformazione del glutine e nel rendere tossici i peptidi di questo nelle persone con celiachia». Ma non bisogna dimenticare che «è comunque un enzima ubiquitario presente nel nostro organismo in molti tessuti e in molti organi dove svolge diverse funzioni estremamente importanti per il corretto funzionamento della fisiologia umana; quindi, se si inibisce la TG2 per prevenire i danni da glutine nelle persone celiache bisogna far attenzione che contemporaneamente non si inibiscano le funzioni che invece sono estremamente importanti per il funzionamento degli organi e dell’organismo».

Il “sogno” di mangiare anche cibi con il glutine

A quando, quindi, il “sogno” di poter mangiare senza glutine senza danni, per le persone celiache? «In realtà ancora non si sa quanto sia efficace l’inibizione della transglutaminasi 2 e se questa potrà permettere di consumare glutine, come per esempio un piatto di pasta nelle persone celiache, oppure potrebbe semplicemente coprire i danni da contaminazione occasionale e accidentale dei prodotti senza glutine», chiarisce ancora il dottor Silano. Come per il potenziale vaccino, quindi, occorre attendere ulteriori sviluppi della ricerca.

Si potrà rivoluzionare la vita dei celiaci?

«Fermo restando il nostro interesse e la nostra massima attenzione a tutte le novità scientifiche che interessano i pazienti, il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita del celiaco nelle condizioni attuali. Come affermava già negli anni 40 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si tratta di uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, non è solo assenza di malattia o infermità. Al celiaco serve un ambiente sociale capace di accoglierlo al meglio. Significa, per esempio, trovare operatori della ristorazione consapevoli e competenti sulla dieta senza glutine, per avere sempre più locali sicuri per consumare pasti fuori casa», spiega Caterina Pilo, Direttore Generale di AIC-Associazione Italiana Celiachia.

Cosa serve davvero ai celiaci oggi

L’elenco, però, non si ferma qui: occorre «Il buono digitale per la terapia senza glutine in tutte le regioni del nostro paese, con la possibilità di accedere alle cure anche fuori dalla propria residenza abituale; è importante, poi, una più diffusa cultura scientifica sulla celiachia che faccia riconoscere la malattia dietro sintomi non classici, come l’abortività spontanea, l’infertilità, l’osteoporosi precoce, l’anemia, l’alopecia o le afte del cavo orale, per parlare solo di alcuni dei segnali spesso ignorati, che portano al ritardo nella diagnosi con la sofferenza del paziente, oltre a oneri diretti e indiretti. Solo così il celiaco a dieta senza glutine torna a essere una persona sana, pur rimanendo celiaco per tutta la vita.