«Sono incinta! Sarò ancora mamma. Siamo molto felici». Le parole di Marica Pellegrinelli non lasciano dubbi sulla contentezza della modella, che ha confermato le voci di una sua nuova gravidanza. La modella (ed ex moglie di Eros Ramazzotti) avrà un altro figlio, dopo i due avuti dal precedente matrimonio, Raffaela Maria e Gabrio Tullio. Ma soprattutto dopo una diagnosi di tumore all’ovaio, arrivata la scorsa estate. Il tumore e la gravidanza, dunque, non sono inconciliabili.
Un figlio dopo il tumore alle ovaie
A parlare della diagnosi che aveva ricevuto alcuni mesi fa era stata la stessa Pellegrinelli. «Un male nel mio ovaio destro», aveva detto la 35enne, che aveva subito un intervento, tornando poi alla vita quotidiana normale. Ora l’annuncio di una nuova gravidanza, commentato sul proprio profilo Instagram dalla modella così: «Quello che posso dirvi è di andare una volta in più dal medico e non una in meno, di ascoltare voi stessi e non chi sminuisce i vostri malesseri». Poi la gioia, nell’affermare di essere «felice e baciata dalla fortuna, voglio continuare a vedere il bicchiere non mezzo pieno ma pieno, straripante».
La Pellegrinelli, dunque, è una delle donne alle quali è stato diagnosticato un cancro, che oggi diventa modello per chi desidera la maternità, nonostante la malattia. «Per questo vogliamo dire a tutte le donne che non devono rinunciare anche a quel sogno, perché si può intervenire e lo si deve fare, ma nel momento giusto», spiega Daniela Galliano medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma.
Perché il tumore può compromettere la fertilità
Una diagnosi di tumore può arrivare come un fulmine a ciel sereno e, oltre alle implicazioni strettamente legate al decorso della malattia, può essere accompagnata a interrogativi sul futuro e il desiderio di diventare genitori. Purtroppo, infatti, uno dei principali effetti secondari della malattia è proprio il rischio di perdere la fertilità, dunque non poter avere figli, soprattutto nel caso di alcuni tipi di cancro: «Se guardiamo l’incidenza tumorale, per le donne in età riproduttiva i più comuni sono il carcinoma mammario, il carcinoma della cervice uterina e il melanoma, mentre negli uomini prevale il tumore della prostata che rappresenta il 19% di tutti quelli diagnosticati. Per entrambi i sessi, il rischio di perdere la fertilità è associato alla chemioterapia e in particolare ai farmaci utilizzati per la cura del tumore, che può ridurre il numero di ovuli nella donna, per esempio, o la produzione di spermatozoi nell’uomo, oppure può causare effetti come calo della libido e della quantità di sperma», spiega Galliano.
Dopo la chemioterapia la fertilità cala
«In ogni caso, la fertilità può essere compromessa da qualsiasi trattamento che riduca il numero dei follicoli primordiali, oppure colpisca l’equilibrio ormonale o interferisca con il funzionamento delle ovaie, delle tube, dell’utero o della cervice. Quindi anche se le donne inizialmente sono fertili, dopo i trattamenti antitumorali, la durata della loro fertilità può essere ridotta», prosegue l’esperta.
Quando iniziare la stimolazione ovarica
Per questo, uno dei fattori principali è quello del tempo. Quando si riceve una diagnosi di tumore, quindi, cosa bisogna fare se si vuole provare a preservare la fertilità? «Il tempo in questi casi è un fattore fondamentale. La stimolazione ovarica va iniziata il prima possibile dopo la diagnosi di tumore, idealmente con il ciclo mestruale in corso ma se la situazione lo richiede, anche in qualsiasi altro giorno del ciclo ovarico. Questo permette infatti alla paziente di iniziare con il percorso di preservazione della fertilità senza perdere tempo prezioso e senza dover posticipare l’inizio delle cure chemioterapiche e/o radioterapiche», chiarisce la ginecologa.
Come rimanere fertili nonostante un tumore
Se si decide di intraprendere questa strada, dunque, occorre seguire un percorso che prevede un trattamento ben preciso: «Ritengo indispensabile offrire un percorso privilegiato e rapido per i pazienti che decidono di preservare la fertilità per motivi oncologici – dice Galliano – Importante è il counselling riproduttivo, quindi fornire le necessarie informazioni e percorso di consulenza che va proposto il prima possibile dopo la diagnosi di malattia oncologica così da avere il tempo necessario per scegliere e applicare la strategia di preservazione delle fertilità più indicata».
Il supporto psicologico tra tumore e fertilità
Da questo punto di vista può essere importante un supporto medico e anche psicologico: «La paura dei rischi associati alle tecniche, quindi il ritardo dell’inizio delle cure oncologiche, il carico mentale e lo stress relativo a quale trattamento scegliere, la presenza o meno di un partner, sono alcuni dei temi che accomunano le emozioni dei pazienti oncologici: costruire una rete che li segua prima, durante e dopo il trattamento può fare la differenza», chiarisce l’esperta. Una volta deciso, però, si procede con il congelamento di ovuli e spermatozoi, che «sono conservati in azoto liquido all’interno della banca gameti della clinica in cui si è effettuata la procedura del congelamento degli ovociti».
La gravidanza dopo il tumore: quando?
Un altro dubbio dei pazienti oncologici è quanto tempo occorre attendere, una volta congelati gli ovuli e soprattutto dopo la guarigione, per avviare una gravidanza: «È consuetudine suggerire di attendere qualche anno dopo il superamento delle cure tumorali prima di cercare una gravidanza. In ogni caso, bisogna tenere conto di diversi fattori personali prima di suggerire tempi diversi di attesa, come per esempio l’età della paziente. Anche per questo è fondamentale proseguire un rapporto di comunicazione tra medico e paziente anche dopo il superamento delle cure del cancro per suggerire il percorso migliore per ogni caso», suggerisce Galliano.
Le possibili controindicazioni
Tra i timori che possono sorgere in una paziente oncologica uscita dal difficile periodo della cura, ci può essere quello che riguarda possibili controindicazioni, in particolare ci si può chiedere se la terapia di preservazione della fertilità può avere effetti negativi sulla salute in una ex paziente oncologica. A questo proposito la ginecologa chiarisce: «Alcune tecniche di preservazione della fertilità possono non essere applicabili in determinati casi di tumore». Il riferimento, in particolare, è alle terapie che prevedono una stimolazione ormonale: «In questo caso – prosegue l’esperta – è possibile proporre strategie di preservazione della fertilità, sempre discusse con il proprio oncologo e valutate caso per caso, anche nell’ipotesi di una successiva gravidanza, una volta che la donna sia guarita dal tumore. Ad eccezione dei casi di sindrome neoplastica ereditaria, dove è opportuna un’attenta valutazione genetica, per entrambi i sessi, in genere non sussistono controindicazioni alla genitorialità una volta avvenuta la guarigione dal cancro».