Ad aver problemi alla tiroide siamo in tante. I numeri ufficiali parlano di sei milioni di italiani, soprattutto donne, ma probabilmente è solo la punta di un iceberg. Manca all’appello infatti chi ne soffre senza saperlo, perché magari ha sintomi così lievi da non rendersene conto. «La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato un’alta prevalenza di patologie tiroidee nella popolazione femminile in età fertile» afferma Annamaria Colao, professoressa ordinaria di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università degli Studi di Napoli Federico II. «Questo dato epidemiologico molto forte è dovuto in particolare agli ormoni estrogeni e al progesterone che hanno un’azione diretta sulla tiroide. Possono causare pro- blemi all’ovulazione e al ciclo mestruale, che spesso vengono sottovalutati o attribuiti ad altre problematiche, stress compreso. Ed è così che molte donne si accorgono di soffrire di una disfunzione tiroidea solo quando si presentano alterazioni della fertilità, anche gravi, e aborti spontanei». Per questo oggi la parola d’ordine è “giocare d’anticipo”, per cogliere un disturbo in fase iniziale, quando è possibile.

Come controllare le tiroide?

Professoressa Colao, chi ha la mamma con una patologia tiroidea allora deve sottoporsi a controlli?

«È un consiglio che io do sempre alle mie pazienti che sono madri di figlie femmine, soprattutto se soffrono di tiroidite di Hashimoto, patologia che ha una forte familiarità. Il check consiste in un’analisi del sangue per valutare il profilo ormonale della tiroide attraverso il controllo dei due ormoni che produce, cioè FT3 e FT4, del TSH e degli anticorpi tiroidei. Si associa un’ecografia per controllare la forma e lo stato della ghiandola. Se questi esami risultano negativi, però, non consideriamo la questione chiusa. Al contrario, gli accertamenti vengono ripetuti anche a distanza di anni da questa prima dia- gnosi, in caso di insorgenza di sintomatologia che possa far sospettare un problema tiroideo».

Ci descrive i sintomi principali, ma anche quelli insospettabili?

«La tiroide controlla e influenza molte delle funzioni vitali del nostro organismo. Le faccio un breve elenco: la frequenza cardiaca, la respirazione, la temperatura corporea, la velocità con cui si bruciano le calorie, il metabolismo, l’integrità della pelle e dell’osso, la crescita, la digestione, la fertilità e lo sviluppo del feto. I suoi effetti quindi si riscontrano in quasi tutti i sistemi e apparati: il sistema nervoso centrale, l’endocrino, quello cardiovascolare, l’apparato respiratorio, digerente, riproduttivo e lo sviluppo embrionale e infine quello muscolo-scheletrico. Nello specifico, l’ipotiroidismo, cioè quando la tiroide funziona poco, determina stanchezza, debolezza, pelle secca, aumentata sensibilità al freddo, perdita di capelli, difficoltà a concentrarsi, calo della memoria, stipsi, aumento di peso, disturbi del ciclo mestruale e cardio-circolatori. In caso di ipertiroidismo, vale a dire quando la ghiandola funziona troppo, ci può essere tachicardia, aumento del metabolismo basale, eccessiva sudorazione, calo ponderale, diarrea, nervosismo e insonnia».

Quando controllare la tiroide?

Quando è necessario fare dei controlli anche in assenza di sintomi?

«Innanzitutto, andrebbero effettuati dalle donne che vivono o provengono da aree geografiche a carenza di iodio, cioè del minerale che garantisce la corretta funzione della ghiandola tiroidea. In Italia è un’emergenza che non esiste più, ma secondo i dati OMS nel mondo ci sono ancora 23 nazioni in cui la situazione è critica. I controlli poi sono indicati per le donne che soffrono di una malattia autoimmune, come il diabete di tipo 1, la celiachia e la vitiligine, perché ci sono maggiori probabilità di sviluppare malattie alla tiroide autoimmuni, come la già citata tiroidite di Hashimoto».

L’alimentazione per controllare la tiroide

È vero che esistono alimenti con un ruolo protettivo?

«Certo, l’alimentazione ha un ruolo fondamentale sull’attività della tiroide. Prima ho citato lo iodio, che è un minerale la cui funzione principale è quella di contribuire alla sintesi degli ormoni tiroidei. I cibi che ne hanno il contenuto maggiore sono quelli di origine marina, cioè crostacei, pesci, alghe, ma anche latte e formaggio. Per dare un’idea di quanto iodio assumere, due porzioni di pesce alla settimana, una noce di formaggio tutti i giorni, garantiscono il 50% circa del fabbisogno giornaliero della preziosa sostanza. La metà restante viene “coperta” dal consumo di sale iodato, che non deve superare comunque i 3-5 grammi giornalieri. Altri alimenti particolarmente amici della funzionalità tiroidea sono quelli a base di selenio, un minerale importante perché interviene nella funzionalità degli ormoni tiroidei. Le principali fonti sono il pesce e i frutti di mare, pasta e riso integrali, le uova, la carne e la frutta secca, special- mente le noci brasiliane».

Gli integratori servono?

«In alcune fasi della vita sì, per evitare problemi di carenza che metterebbero in crisi gli equilibri della tiroide. Durante la gravidanza, per esempio, il fabbisogno di iodio aumenta di circa il 50% ed è fondamentale che non si verifichi una carenza nutrizionale nella mamma per evitare gravi complicanze nel nascituro. Qui serve l’integratore, che va assunto anche durante l’allattamento. Lo stesso vale per il selenio, che va preso sia in gravidanza sia dagli adulti in generale, se scarseggia per via di un regime alimentare squilibrato».

Ultimamente si parla molto della integrazione di vitamina D: è una moda oppure una reale necessità?

«Gli studi hanno provato che la vitamina D è importante in chi ha una patologia tiroidea per il suo ruolo centrale nella corretta funzionalità della ghiandola. La fonte primaria è rappresentata dai raggi solari, ma è necessario un supplemento nel caso di anziani, donne in gravidanza e allattamento, in menopausa e, in generale, se si ha un malassorbimento intestinale».

Quale terapia per la tiroide

Non abbiamo parlato di farmaci: sono sempre necessari?

«La terapia è diversa a seconda che ci sia una condizione di ipo o di ipertiroidismo. Nel primo caso il principio attivo è la levotiroxina in varie formulazioni (compresse, softgel e liquida) da scegliere a seconda delle esigenze personali. Il dosaggio del farmaco deve essere personalizzato in base al peso corporeo e alla gravità della disfunzione, mentre la durata della terapia dipende dal tipo di problematica: è temporanea, come in caso di tiroiditi acute, o da seguire per sempre nelle forme di tiroiditi croniche che portano a una distruzione della tiroide o, ancora, quando viene asportata la ghiandola».

E chi invece ha una tiroide che funziona troppo?

«Se c’è una diagnosi di ipertiroidismo, i farmaci prescritti sono i cosiddetti tireostatici che bloccano l’iperfunzione. Nei casi più resistenti però si considera l’opzione chirurgica o radiometabolica. Sono terapie che si valutano con attenzione perché risolvono l’ipertiroidismo, ma scatenano una forma di ipotiroidismo che va tenuta poi sotto controllo con levotiroxina per tutta la vita. Non abbiamo ancora parlato però delle tiroiditi, patologie non meno importanti. Se si tratta di una forma acuta, si risolve con levotiroxina e una terapia antin-fiammatoria nell’arco di 4-12 settimane circa, a seconda dell’agente patogeno che le ha causate. Nel caso della forma cronica, cioè la tiroidite di Hashimoto, se viene diagnosticata in fase di normale funzionamento della tiroide, si può tenere sotto controllo con alimenti ricchi di iodio e integratori a base di iodio e selenio. Questa tiroidite però progredisce verso l’ipotiroidismo e a quel punto ci vuole la levotiroxina».

Mini-guida alle malattie tiroidee

IPOTIROIDISMO. La tiroide ha una funzionalità rallentata a causa di una carenza nell’attività degli ormoni tiroidei.

IPERTIROIDISMO. Qui la tiroide è, al contrario, accelerata a causa di una iperfunzione ghiandolare.

TIROIDITE. Con questo termine si intende uno stato infiammatorio che colpisce la tiroide. Può essere acuta, di natura virale o batterica, oppure più frequentemente cronica autoimmune: in questo caso si tratta di tiroidite di Hashimoto e rappresenta la principale causa di ipotiroidismo.

NODULI. Se la tiroide lavora sempre in maniera rallentata, si possono formare uno o più noduli, che in nove casi su dieci sono benigni.

GOZZO. È un aumento del volume della tiroide che in Italia ormai non esiste pressoché più, grazie all’utilizzo del sale e dei supplementi a base di iodio.

Come controllare la tiroide con Donna Moderna

Donna Moderna dedica dicembre alla prevenzione dei disturbi tiroidei. Per tutto il mese il team di endocrinologia del Policlinico Federico II di Napoli, diretto dalla professoressa Colao, risponde alle lettrici all’indirizzo mail: [email protected]