Le merende, durante l’intervallo, le gettano nel cestino o le regalano ai compagni. A scuola o al lavoro vanno a piedi, anche se ci sono sei fermate di bus, per bruciare calorie e sensi di colpa. Non mangiare diventa una punizione che si infliggono ogni giorno, a volte una prova di resistenza. O, al contrario, ingurgitare di tutto fino a stare male, per placare l’ansia. In Italia 3 milioni di persone vivono questo incubo. Sono bambini, giovani e adulti vittime di anoressia, bulimia, binge eating e tutti quelli che la medicina definisce dna, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Non si può più parlare di problemi femminili perché i maschi malati sono in aumento.

Uscirne è faticoso, ma non impossibile

Il 15 marzo si celebra la Giornata del fiocchetto lilla, per ricordarci che questi mali sono subdoli e sempre più diffusi. Nel 2023 i nuovi casi registrati sono stati 1.680.456, nel 2019 erano 680.569, più che raddoppiati in 4 anni, quindi. «Dati drammatici» esordisce lo psichiatra Adolfo Bandettini di Poggio, direttore medico della Psichiatria nel Gruppo Kos, gruppo sanitario leader per la cura dei disturbi alimentari. «Oggi una persona su 5 che soffre di questi disturbi ha tra i 12 e i 17 anni. E stiamo parlando di quelli che sono già in cura, significa che l’età di esordio è tra gli 8 e i 10 anni, perché le diagnosi di queste malattie arrivano in ritardo di 2 o 3 anni. Chi ne soffre si nasconde e non chiede aiuto». Uscirne è faticoso. Lo sa ogni famiglia che ha dovuto affrontare uno dei disturbi della nutrizione. Faticoso, sì ma non impossibile, soprattutto se si fa coraggiosamente piazza pulita di falsi miti e resistenze. Solo così quel ritardo nella diagnosi si può abbreviare. Iniziamo da qui allora. Dalle domande, dai dubbi, dalle incertezze che accomunano molti. E che vogliono risposte precise.

Disturbi dell’alimentazione: domande e risposte

Perché ci si ammala? «Non esiste una causa, ma un insieme di fattori diversi. È come se a un certo punto questi elementi si incastrassero come tessere di un puzzle, nello stesso momento, e facessero esplodere il disturbo» risponde il dottor Bandettini. È un puzzle complicato, però. Lo spiega Gabriele Sani, responsabile del Dipartimento di Psichiatria della Fondazione Agostino Gemelli IRCCS: «A concorrere sono fattori di tipo biologico, genetico, neurobiologico. Per esempio, si è scoperto che l’anoressia nervosa è legata a un’alterazione di alcuni neurotrasmettitori. Ci sono poi fattori psicologici, per esempio problemi di autostima, l’avere un’immagine distorta del proprio corpo, lo stress, e naturalmente c’è una componente sociale. La diffusione di un prototipo alterato di bellezza ha un ruolo».

Com’è possibile che la stessa persona passi dall’affamarsi all’abbuffarsi, dall’anoressia alla bulimia? «Questi sono disturbi dell’alimentazione diversi solo in apparenza ma alla radice hanno lo stesso problema psichiatrico, del quale ancora oggi non conosciamo fino in fondo le cause ma che stiamo imparando a curare sempre meglio» risponde il professore Gabriele Sani.

C’entra il rapporto con la madre o la famiglia? «Colpevolizzare le famiglie non ha senso» chiarisce subito Gabriele Sani. «Vi ricordate la tesi della mamma frigorifero, il genitore freddo e anaffettivo che avrebbe determinato l’insorgenza del disturbo? Ebbene, a 10 anni di distanza si può dire che tutto questo non ha alcuna base scientifica. Oggi, al contrario, gli specialisti vedono nelle famiglie una risorsa che può aiutare i ragazzi malati».

Gli adolescenti sono spesso a dieta o di malumore. Come si capisce se c’è un problema vero? «Chi soffre di questi disturbi manda tanti segnali, non uno solo» risponde Adolfo Bandettini. «E un’attenzione per il cibo quasi ossessiva è sicuramente il primo. Per esempio, i giovanissimi amano per definizione i cosiddetti alimenti palatabili, con alti livelli di zuccheri, grassi e sale. Se iniziano a evitarli o ad avere verso di essi un atteggiamento diverso, può essere una spia. Soprattutto quando a questi si aggiungono altri comportamenti: i ragazzi diventano più timidi, nervosi e chiusi, tendono a stare soli, a coprirsi. E il contatto fisico con gli altri li mette a disagio».

A tavola faccio finta di niente o lo costringo a mangiare? «Vanno evitati atteggiamenti indagatori e diktat: quietano le nostre ansie ma non servono de il dottor Bandettini. «Il disturbo alimentare è il sintomo di un male profondo che scava dentro. Queste persone non sono contente di se stesse e non si sentono mai nel posto giusto. Bisogna mettersi in ascolto, tenendo presente che loro tenderanno a nascondere e a negare».

Per le cure serve il medico o lo psichiatra? Una volta individuato il problema, uno specialista non basta. «Serve un approccio multidisciplinare e personalizzato, la persona va seguita da figure che lavorano in team, dallo psichiatra allo psicoterapeuta, al nutrizionista, e se il caso lo richiede, anche l’endocrinologo e il gastroenterologo. Queste sono malattie del cervello ma a lungo andare compromettono molti organi. È fondamentale identificare centri altamente qualificati sia nel pubblico sia nel privato» sostiene Gabriele Sani. «Occorrono cure intensive. Se gli appuntamenti sono distanziati e se gli specialisti non si parlano, i risultati non arrivano» aggiunge il dottor Bandettini.

Questi disturbi guariscono o si è destinati a conviverci per tutta la vita? Se in passato anoressia e bulimia erano spesso destinate a cronicizzarsi, alternando periodi di latenza a fasi acute, oggi la letteratura medica dice che quando il disturbo viene riconosciuto tempestivamente e affrontato con le terapie giuste nel 40-50% dei casi si guarisce. E a conferma che le cose stanno migliorando, i dati dell’Istituto superiore di sanità mostrano negli ultimi anni un calo dei ricoveri nei pazienti adulti. Quello che si è capito oggi è che nei giovanissimi e negli adolescenti bisogna agire il prima possibile, quando il neurosviluppo non è ancora completato: così aumentano le chance di guarigione. «Le capacità di recupero del cervello e della psiche dei più giovani sono sorprendenti» racconta il dottor Bandettini. «Alcuni di loro ce la fanno in pochi mesi, altri si salvano anche quando la malattia esordisce in maniera drammatica».

Accendiamo la luce sui disordini nascosti

“Così buono che vorrei tuffarmici dentro. E affondare sempre più giù”. Ogni volta che una persona affetta da disturbi alimentari si trova a tavola viene tormentata da frasi come questa: pensieri patologici, ossessioni, tarli che divorano. Nasce da qui l’iniziativa del gruppo Kos Disordini nascosti, pensata in occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla. L’idea è quella di partire dalle frasi pronunciate dai e dalle pazienti, (illustrate con piatti come quelli che vedi qui sopra) per mostrare che è nella psiche che vanno ricercate le cause e far vedere quanto siano complesse queste malattie. Dal 13 marzo è online il sito disordini-nascosti.kosgroup.com e chiunque abbia dubbi o domande può trovare informazioni sui diversi disturbi, le terapie e gli approcci possibili.