Noi donne viviamo più a lungo degli uomini, ma peggio: i 4,1 anni in più che abbiamo a disposizione rispetto ai maschi, li passiamo in cattiva salute. Si tratta del divario di salute di genere e colpisce non solo noi donne, ma anche le persone di cui ci prendiamo cura, come i bambini e i genitori. Sacrificando tempo ed energie per occuparci di loro, pensiamo meno a noi. E, anche se ci curiamo, ci curiamo peggio degli uomini, perché i farmaci che usiamo non sono testati sulle donne.

I dati di un fenomeno mondiale

Basta qualche dato a dimostrarlo, per esempio dal rapporto del World economic forum e del McKinsey Global Institute: 75 milioni di anni è la vita persa dalle donne a livello mondiale a causa del gap di genere. 137 milioni le donne nel mondo che potrebbero svolgere un lavoro a tempo pieno nel 2040 se si riducesse il gap. 3,9 miliardi: le donne nel mondo che vivrebbero in modo più sano se si riducesse il divario di salute di genere.

Le donne più esposte a certe malattie

Eppure da ragazze partiamo bene. Poi, a un certo punto, il trend cambia: molte di noi si ammalano di malattie croniche e autoimmuni, a cui siamo particolarmente esposte. Tutte poi conviviamo col dolore più giorni al mese, molte col dolore cronico, depressione e malattie mentali, più degli uomini. E così, gli ultimi anni della nostra vita, li passiamo peggio dei maschi, che si curano di meno.

Le donne hanno meno comportamenti a rischio

Perché? Lo chiediamo a Giovanna Badalassi e Federica Gentile, fondatrici di Ladynomics, sito di economia politica di genere e autrici del libro Signora economia. Guida femminista al capitale delle donne (ed. Le Plurali). «Fin da bambine siamo più attente alla salute rispetto ai coetanei, come dimostrano i dati Istat: fumiamo e beviamo di meno, abbiamo meno problemi di peso, mangiamo in modo più sano, siamo meno soggette alle dipendenze da stupefacenti. Man mano che cresciamo, facciamo più visite mediche ed esami, anche semplicemente per proteggere la nostra fertilità: per esempio, il 79,3 per cento degli italiani che vanno almeno una volta all’anno dal medico di base, sono donne, contro il 68,3 per cento degli uomini».

La pressione sociale fa ammalare le donne

«Questo ci porta a vivere più a lungo – proseguono le esperte – ma poi, per il ruolo sociale che rivestiamo, prima da madri e poi da caregiver siamo sottoposte a uno stress fisico e mentale che mette a repentaglio la nostra salute. Secondo il Libro bianco sulla salute della donna di Fondazione Onda, questo stress si può tradurre anche in una maggiore vulnerabilità alle malattie, mentre l’isolamento che può derivare dal lavoro di cura può provocare problemi di salute mentale, ansia, insonnia, dolori all’apparato muscolo-scheletrico, patologie di tipo metabolico e vascolare».

Il divario di genere nella salute è anche un gap di cura

Se però da una parte siamo noi a curarci di meno in certe fasi della nostra vita, dall’altra esiste ancora un gap di cura: studi clinici, e quindi i farmaci, sono testati prevalentemente sugli uomini. Per colmare questo gap, esiste la Medicina di genere, di cui è pioniera la professoressa Giovannella Baggio, Presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere. «Oggi dovremmo parlare di “Medicina sesso e genere specifica”, cioè tutte le branche della medicina (per esempio internistica, oculistica, otorinolaringoiatria, chirurgia) dovrebbero essere declinate e applicate in base alle differenze di genere» spiega la professoressa.

Persino gli studi sugli ormoni non vedono le donne nelle fasi iniziali

«E di conseguenza la farmacologia» prosegue la professoressa Baggio. «Sappiamo bene che tutti i farmaci sono sviluppati sul target dell’uomo di 45 anni che pesa 70 chili. Per esempio, dell’aspirina, data in tutto il mondo per prevenire l’infarto al miocardio, non abbiamo dati definitivi che dimostrino l’efficacia sulle donne. Lo rivela uno studio pubblicato sul New England journal of medicine. Anche i prodotti più specifici per le donne, come gli ormoni, sono stati sperimentati sul genere femminile solo per trovare i dosaggi giusti, quindi non nella fase iniziale degli studi».

Divario di genere nella salute: i test su farmaci

Uno dei motivi per cui i farmaci non vengono sperimentati sulle donne, sono le fluttuazioni ormonali e la difficoltà di somministrarli durante il periodo fertile, con l’incognita di possibili gravidanze. «In realtà» dice la professoressa Baggio «la menopausa in media arriva a 50 anni: ci sarebbero quindi molti anni a disposizione per testare nuove cure, eppure non si fa». Il problema quindi è anche culturale. Le donne faticano a entrare nel raggio d’azione della ricerca, a partire proprio dal primo step: la raccolta dei dati negli ospedali. «Nel mio lavoro da internista» prosegue la professoressa Baggio «incontro più donne che uomini con problemi di difetto di pompa del cuore , eppure tutte le i lavori scientifici sulla terapia dello scompenso cardiaco riportano dati ottenuti prevalentemente su uomini. Insomma, le donne scompaiono».

Il Piano Formativo Nazionale per la Medicina di genere

Queste anomalie statistiche sono solo l’inizio di un processo di invisibilizzazione delle donne, che si riflette sulla sperimentazione e sulla messa a punto di nuove cure. «Occorre un’azione condivisa e in questo senso l’Italia sta dando il buon esempio» prosegue l’esperta. «A dicembre 2024 è diventato attuativo il Piano Formativo Nazionale per la Medicina di genere per allargare l’approccio di genere a tutti i livelli: università, ospedali, Regioni, Istituto Superiore di Sanità, Società scientifiche, Facoltà di Medicina».

L’industria farmaceutica e il divario di genere nella salute

Intanto l’industria farmaceutica sta prendendo sempre più in considerazione le donne. Sono 1200, secondo l’OMS, i farmaci in sviluppo clinico nel mondo per le donne» dice Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. «95 per patologie ginecologiche, 190 per tumore all’utero, 83 per tumore alle tube di Falloppio, 558 per tumore al seno, 251 per tumore alle ovaie, 22 per condizioni legate a gravidanza e parto. Un risultato che vede le imprese farmaceutiche in prima linea, con una Ricerca globale condotta sempre più in partnership con soggetti pubblici e privati: start-up, PMI, università, istituti di ricerca e di alta tecnologia».

Telemedicina e AI per colmare il divario di genere

La telemedicina può aiutare a reclutare le persone. «La novità sono gli studi decentralizzati, cioè la possibilità di partecipare ai controlli da casa. E questo agevola le donne» prosegue Cattani. Anche l’Intelligenza Artificiale fa la sua parte: «Dal 2020 al 2023 le molecole individuate grazie all’AI sono aumentate del 400 per cento e nell’analisi dei dati si riducono i tempi del 40 per cento, quindi si accelera lo sviluppo di nuove cure». Già, ma bisogna poi vedere come l’AI lavora: è fondamentale che i database siano bilanciati e gli algoritmi allenati su dati non specifici. Ma questa è un’altra storia.