Eleonora Giorgi prosegue nella terapia contro il tumore al pancreas che le è stato diagnosticato. Dopo l’intervento e l’inizio della chemioterapia, l’attrice 70enne ha raccontato a Verissimo le sue condizioni di salute: «Spero di entrare in un programma di cura sperimentale per il tumore al pancreas. Intanto continuo con la chemioterapia, è molto pesante, ma tengo duro». La Giorgi, infatti, fornisce periodici aggiornamenti e nell’ultima occasione ha citato una cura sperimentale che viene offerta a Verona.

Eleonora Giorgi e le speranze di cura per il tumore al pancreas

«Nessuno è immortale. Quando prendi un frontale con la vita, come nel mio caso, cambiano le priorità: tutto assume un significato più profondo. Oggi la mia priorità assoluta è quello che mi rimane, sperando il più possibile. In Italia abbiamo a Verona un’eccellenza della ricerca», ha spiegato l’attrice, aggiungendo: «Fanno mappe genetiche del tumore, spero di accedere ad un programma di cura sperimentale. Nel frattempo proseguo con la chemioterapia, anche questa nuovissima. Teniamo duro, non disperiamo: sono in un cammino molto impegnativo».

Eleonora Giorgi

Il centro di eccellenza per il tumore al pancreas a Verona

Nei mesi scorsi, infatti, era stato annunciato un nuovo passo in avanti per il trattamento del cancro al pancreas. Un gruppo di ricerca italiano, diretto da Davide Melisi, docente di oncologia medica dell’Università di Verona e responsabile dell’Unità di Terapie sperimentali dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona, aveva identificato un nuovo bersaglio terapeutico. Si tratta dell’autotaxina, ritenuta un fattore responsabile della resistenza delle cellule tumorali alla chemioterapia.

Lo studio e la nuova terapia

Partendo da questa scoperta è stato poi messo a punto un nuovo farmaco sperimentale: «È un inibitore di un enzima chiamato autotaxina e ha un ruolo importante nel sostenere la fibrosi che accompagna il carcinoma del pancreas. La sua inibizione dovrebbe rendere questa malattia più sensibile agli effetti della chemioterapia», spiega Melisi. I risultati dello studio che ha portato a individuare l’autotaxina, anche con il sostegno della Fondazione AIRC, erano pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Cancer Research e oggi il farmaco è disponibile in via sperimentale per alcuni pazienti.

Come funziona la cura innovativa per il tumore al pancreas

«La sperimentazione clinica con l’inibitore di autotaxina è ormai attiva da più di un anno e l’arruolamento in questo studio di fase precoce, o cosiddetto di fase 1, è pressoché completo. Tuttavia molti altri farmaci sono attualmente in attiva sperimentazione presso il nostro centro e non è facile stare al passo con la divulgazione scientifica. Fortunatamente la ricerca è più veloce della stampa», sottolinea l’oncologo, a dimostrazione che non si tratta dell’unica innovazione in questo settore.

Chi può avere accesso

Essendo sperimentale e ancora non diffusa su larga scala, il numero di pazienti ai quali è indirizzata la terapia è limitato: «La maggior parte delle sperimentazioni cliniche per il carcinoma del pancreas sono dedicate a pazienti con malattia non operabile perché già metastatica – spiega ancora Melisi – Quando un paziente viene diagnosticato in questo stadio non dovrebbe sempre rivolgersi inizialmente a centri di oncologia medica che partecipano e possono offrire l’arruolamento in sperimentazioni cliniche».

Quanto durano le terapie

Ma quanto può durare il trattamento? «Quando i pazienti mi rivolgono questa domanda io rispondo sempre che bisogna sperare che duri il più a lungo possibile. Questo vorrà dire che il trattamento sarà efficace. Certamente partecipare ad una sperimentazione clinica è un impegno importante per i pazienti, si viene sottoposti ad un numero di analisi ed esami spesso più frequenti di quelli che si ricevono durante i trattamenti standard e per i pazienti fuori regione certamente costituisce un disagio dover ricevere delle cure in un ospedale a volte così lontano da casa», ammette l’oncologo. Cionostante non mancano le richieste di partecipazione.

L’importanza di partecipare alla sperimentazione

«Tuttavia – prosegue il medico – di solito i miei pazienti sono molto motivati e, oltre a cercare il miglior trattamento possibile capiscono il valore filantropico della loro stessa partecipazione ad uno studio clinico senza la quale non ci sarebbe progresso per il trattamento di queste patologie. Inoltre, da meridionale di origine, cerco sempre di offrire un rimborso almeno minimo delle spese di trasporto per raggiungere il nostro centro per quei pazienti che vengono da regioni più distanti».

Le liste d’attesa

La dimostrazione dell’interesse nello studio è data dalle liste d’attesa. «Per le sperimentazioni cliniche soprattutto di fase uno esistono certamente delle liste d’attesa. Tali studi, infatti, sono molto delicati e, proprio per valutare con accuratezza innanzitutto la sicurezza del farmaco, vengono arruolati pazienti di solito in piccoli gruppi di non più di tre soggetti alla volta e solo quando in questi tre soggetti si è osservata una certa sicurezza del farmaco si offre l’arruolamento ad una dose superiore ad un altro piccolo gruppo di pazienti rendendo certamente l’arruolamento non rapidissimo», spiega Melisi.

Le altre terapie innovative

«Parlare di una singola terapia innovativa nel trattamento di una patologia così complessa come il carcinoma pancreatico è un po’ riduttivo. Sono numerosi, infatti i nuovi farmaci che quasi contemporaneamente dobbiamo sperimentare per cercare davvero di fare la differenza in tempi ragionevoli per i pazienti affetti da questa patologia», sottolinea Melisi, che ricorda come quello di Verona sia «un centro completamente dedicato al trattamento di pazienti affetti da neoplasie soprattutto del tratto gastroenterico nell’ambito di sperimentazioni cliniche e molti sono i farmaci attualmente in studio con diversi meccanismi d’azione».

Perché si parla tanto di tumore al pancreas

Il cancro del pancreas è un tumore per il quale ancora non esistono trattamenti con farmaci a bersaglio di tipo molecolare o immunoterapici, oltre ai classici chemioterapici. In molti casi può essere asintomatico, salvo diagnosticarlo in stato avanzato. «Di tumore al pancreas si parla ancora molto proprio perché rappresenta la neoplasia umana con la prognosi peggiore e con il minor numero di farmaci attivi a disposizione», spiega Melisi. Da mesi, inoltre, se ne parla molto, complici i personaggi noti che hanno dichiarato di esserne ammalati, dalla Giorgi a Fedez, da Eriksson a Vialli.

L’effetto “vip”, ma nessun privilegiato

«I pazienti “noti” sono certamente utili nel far aumentare la consapevolezza di questa patologia e stimolare investimenti nella ricerca, ma non possiamo fare per loro di più di quanto non facciamo per le oramai migliaia di pazienti che si rivolgono alla nostra struttura ogni anno – spiega Melisi – Fortunatamente gli sforzi di decenni di ricerca stanno tuttavia iniziando a dare i loro frutti ed è possibile che nel prossimo futuro anche per questa patologia si potrà iniziare ad offrire farmaci a bersaglio molecolare che possano davvero essere efficaci per la maggior parte dei pazienti».