31 gennaio primo Open day dedicato all’emicrania
L’emicrania è una malattia femminile perché colpisce in prevalenza le donne. Il 31 gennaio si tiene per la prima volta l’Open Day dedicato all’emicrania, un’iniziativa promossa da Fondazione Onda in tutti gli ospedali aderenti alla rete bollini rosa (li trovi su bollinirosa.it). I centri offrono visite neurologiche, consulenze, somministrazione di test, info point, conferenze e distribuzione di materiale informativo per la prevenzione, la diagnosi e cura delle cefalee.
L’emicrania colpisce 3 volte in più le donne
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, colpisce circa il 12% degli adulti in tutto il mondo con una prevalenza tre volte maggiore proprio nelle donne. «Per ogni uomo che ne soffre, ci sono 4 donne che hanno problemi di emicrania» conferma Lara Merighi, coordinatrice laica di Al.Ce. (Alleanza Cefalgici) Group Italia CIRNA Foundation Onlus, una delle principali associazioni di pazienti con cefalea e lei stessa con una esperienza di lunga malattia: «Io soffro di mal di testa da sempre, da che mi ricordi e fin da bambina ai tempi della scuola materna. Oggi, a 71 anni, convivo ancora con questo problema» ci racconta.
L’emicrania è una malattia femminile
Un problema che può diventare molto disabilitante: «Da tempo ci occupiamo di emicrania in quanto malattia di genere. Riguarda le donne non solo numericamente (su 6 milioni di italiani che ne soffrono, 4 sono donne), ma anche per le forme cliniche con cui si presenta nelle donne, che generalmente sono più severe e portano a maggiori livelli di disabilità. Questo a causa soprattutto delle fluttuazioni ormonali, che variano anche nel corso della vita» spiega Nicoletta Orthmann, coordinatore medico-scientifico della Fondazione ONDA, Osservatorio Nazionale sulla Salute della donna e di genere.
Potete rivedere qui la diretta Facebook del 22 ottobre 2021.
Emicrania: non un semplice mal di testa
Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità, l’emicrania rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante nel mondo. «L’emicrania è una malattia neurologica cronica che ha un altissimo costo umano, sociale ed economico. Alla sofferenza fisica si associano altri sintomi (nausea, vomito, ecc.) e spesso un vissuto emotivo che mina la qualità della vita dei pazienti e dei familiari. Vivere con l’emicrania porta inoltre a impoverire le relazioni sociali» spiega la Fondazione ONDA. Durante gli attacchi acuti, per esempio, i pazienti non possono partecipare alla vita di relazione e spesso alla malattia si associa uno stato depressivo, la paura di nuove crisi e lo “stigma sociale”, perché legato alla banalizzazione del mal di testa, erroneamente confuso con un comune sintomo transitorio.
L’emicrania accompagna le fasi della vita femminile
«L’emicrania è una delle tante forme di cefalea cronica, può comparire anche in età molto giovane, ma spesso non viene considerata a dovere: io ne ho sofferto fin da bambina ma, come spesso accade, si tende a ritenere il mal di testa nei piccoli come un problema psicologico, nella maggior parte dei casi come un motivo per non voler andare a scuola. Chi soffre di emicrania, così, arriva a 18 anni già cronico, perché per anni ha ingerito farmaci antidolorifici. Nel mio caso, per esempio, il medico a 30 anni mi disse persino che la soluzione era trovarmi un uomo, quando avevo tre figli. Io la prima diagnosi l’ho ricevuta a oltre 40» racconta Lara Merighi.
L’emicrania è legata agli ormoni femminili
«L’emicrania può colpire a qualsiasi età, anche se nella maggior parte dei casi compare con lo sviluppo, dopo il menarca, perché c’è una stretta correlazione con gli ormoni. Nelle donne, infatti, si associa tipicamente ai giorni delle mestruazioni e dell’ovulazione» spiega la coordinatrice medico-scientifica di ONDA. «In genere migliora in gravidanza, ma non è la regola, mentre in menopausa è ancora una volta associata alle variazioni ormonali, così come in pre menopausa, quando spesso si attraversa un periodo delicato per le fluttuazioni ormonali: ci si aspetterebbe che le ovaie andassero a riposo, riducendo la malattia, invece non è sempre così. I dati ci dicono che in un terzo delle donne l’emicrania regredisce o scompare, in un terzo peggiora e in un altro terzo rimane invariata» aggiunge l’esperta.
Quali cure: a che punto siamo
«Fino a tre anni fa non avevamo una cura specifica per l’emicrania e la cefalea in genere, dunque il mal di testa, se non gli antidolorifici o medicinali usati per altre patologie e che potevano diminuire i sintomi del mal di testa. Ora c’è la terapia monoclonale» spiega Merighi. Si tratta di una iniezione sottocutanea di anticorpi monoclonali che devono essere prescritti dal medico e possono essere erogati solo dalle farmacie ospedaliere o presso i presidi ambulatoriali specialistici. «Ma non sono per tutti: un po’ per i costi, un po’ perché non tutti coloro che soffrono di emicrania hanno una diagnosi tale da prevedere i monoclonali. Oltretutto l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, prevede una sospensione del trattamento dopo un anno, con una interruzione di tre mesi, dopo la quale molti pazienti che riassumono i monoclonali faticano a beneficiare gli effetti e devono aspettare anche altri tre mesi prima di iniziare a stare meglio» prosegue Merighi.
Quando il mal di testa diventa emicrania
Va detto, infatti, che occorre una certa frequenza perché si parli di emicrania: «Perché sia riconosciuta una cefalea cronica occorre che ci siano almeno 7/8 attacchi al mese, considerando che ciascuno può durare 2/3 giorni, con sintomi anche prima e dopo la crisi vera e propria. Il cefalgico, quindi, soffre per più di 15 giorni al mese» racconta la coordinatrice laica di Al.Ce. «Ci sono poi diversi tipi di cefalee primarie, ossia non legate ad altre patologie: le emicranie croniche, con aura, mestruali, a grappolo, ecc. Per questo occorre una corretta diagnosi, effettuata da uno specialista» spiega Orthmann.
La mappa dei centri specializzati nell’emicrania femminile
Il percorso per una diagnosi corretta passa, prima di tutto dal medico di base anche se spesso, come raccontano i cefalgici, i primi ad accorgersi che non si tratta di semplici mal di testa passeggeri sono i farmacisti, che vedono i pazienti acquistare con troppa frequenza farmaci antidolorifici. «È il medico di base che dovrebbe poi indirizzare a centri di secondo e terzo livello, specializzati» spiega l’esperta di ONDA che, dopo aver svolto un’azione di sensibilizzazione delle Istituzioni centrali e regionali, dei clinici, dei pazienti, ha mappato i Centri cefalee a livello nazionale che al loro interno offrono percorsi e servizi dedicati alla gestione dell’emicrania nelle diverse fasi di vita della donna . Un lavoro che è stato realizzato in collaborazione con le Società scientifiche e le Associazioni di pazienti: «È emersa una situazione a macchia di leopardo, perché i servizi sanitari dipendono dalle Regioni. Va detto che in tutta Italia abbiamo specialisti molto competenti, ma in alcune zone i pazienti possono avere più difficoltà magari perché ci sono meno centri, uno solo o due, e quindi ci si deve spostare per seguire una terapia. In Lombardia o Lazio, invece, si arriva anche a una ventina di centri – spiega Orthmann – Comunque in alcuni centri, che hanno aderito su base volontaria compilando i nostri questionari, hanno indicato anche eccellenze come percorsi specifici per le donne, per esempio di supporto durante gravidanza e allattamento o in menopausa».
La legge sul riconoscimento della patologia è incompiuta
Il vero limite riguarda il fatto che «nonostante la legge 81 di due anni fa consideri la cefalea cronica come malattia cronica, ad oggi non c’è ancora un codice specifico. In pratica non possiamo fare domanda per avere alcuna agevolazione: né per le esenzioni sui farmaci, ma neppure per vederci riconoscere, ad esempio, una percentuale aggiuntiva di inabilità in concomitanza con altre patologie. I decreti attuativi, infatti, attendono da due anni» spiega Merighi . «Questa malattia, invece, necessita di maggiore attenzione e anche di sostegni, che a volte mancano persino in famiglia. Spesso ci si sente dire: “Non pensarci”, ma come è possibile non pensarci quando non si sa neppure se il giorno dopo sarà possibile lavorare o avere una vita normale?». Per questo la Fondazione ONDA ha in programma un incontro a breve con le Istituzioni, con la speranza che il nuovo Governo possa sbloccare la situazione.