L’emicrania è molto più di un mal di testa: è la seconda malattia più disabilitante nel mondo. Colpisce un miliardo di persone, di cui sei milioni solo in Italia, con una maggiore prevalenza nelle donne, che ne soffrono tre volte in più degli uomini. Sono infatti le donne che manifestano attacchi più frequenti, di intensità e durata maggiori.
Più cure oggi per la prevenzione dell’emicrania
Negli ultimi anni le possibilità di cure sono aumentate: si parla addirittura di prevenzione. Spiega Cristina Tassorelli, Professoressa Ordinaria di Neurologia, Università di Pavia e Direttrice dell’Headache Science Center dell’Istituto Neurologico Mondino di Pavia: «La decisione di iniziare una terapia di prevenzione dipende dalla frequenza degli attacchi, durata e gravità oltre che da quanto questi incidono negativamente sulla qualità di vita delle persone. L’emicrania è una malattia che può accompagnare chi ne soffre anche per decenni, a volte per tutta la vita. Avere a disposizione un armamentario di terapie mirate agli attacchi e personalizzabili a seconda delle specificità e delle necessità rappresenta una svolta positiva, per vivere la quotidianità con una nuova libertà».
Il nuovo farmaco per la prevenzione dell’emicrania
Nello scenario terapeutico della prevenzione dell’emicrania, le cose hanno iniziato a cambiare qualche anno fa quando sono arrivati i primi anticorpi monoclonali, da prendere in endovena una volta al mese. Come funzionano? Funzionano bloccando il CGRP, un peptide correlato al gene della calcitonina, responsabile degli attacchi. «Ora però abbiamo a disposizione anche altri farmaci. Sono i gepanti, che hanno sempre come target il peptide, ma possono essere usati in pastiglia una volta al giorno o a giorni alterni. Hanno dimostrato di essere perfino più efficaci degli anticorpi monoclonali e molto più tollerabili rispetto a farmaci tradizionali» prosegue la professoressa Tassorelli. «I dati che provengono dagli studi clinici ci dicono che quasi la metà delle persone con emicrania episodica ha ottenuto la totale libertà dalla malattia, dopo un anno di terapia». L’ultimo farmaco della famiglia dei gepanti, il cui principio attivo si chiama atogepant, si può prendere per via orale ed è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale. Serve la prescrizione dello specialista e rappresenta il primo farmaco orale per il trattamento preventivo dell’emicrania episodica e cronica: con emicrania episodica ci si riferisce alle persone che hanno meno di 15 giorni di mal di testa al mese; l’emicrania è definita cronica invece quando si hanno 15 o più giorni di mal di testa al mese.
Come funziona il nuovo farmaco contro il CGRP
Atogepant appartiene alla famiglia dei gepanti. «Questi farmaci bloccano il recettore a cui si lega il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), responsabile degli attacchi» prosegue la professoressa Tassorelli. «Questo peptide (cioè un insieme di alcuni aminoacidi), viene liberato dalle terminazioni nervose trigeminali. Il trigemino innerva il volto ma manda terminazioni anche alle meningi, quei “fogliettini” che rivestono il cervello, proteggendolo, ricche a loro volta di fibre trigeminali e nocicettori. Il peptide rilasciato da queste fibre si lega ai nocicettori, stimolandoli a farci sentire il dolore. Ma non solo: la sua azione è più ampia perché libera le sostanze responsabili dell’infiammazione e crea così anche un edema a livello locale. I gepanti quindi bloccano il recettore su cui il peptide va a legarsi e cosi, trovando il recettore bloccato, questo non può più provocare danni».
Perché le donne sono più colpite dall’emicrania
L’emicrania è una malattia prevalentemente femminile. «Su quattro persone colpite, tre sono donne» prosegue l’esperta. «I vasi sanguigni delle meningi, cioè le membrane che avvolgono il cervello, contengono recettori per gli ormoni, tra cui gli estrogeni e il progesterone, che fluttuano durante il ciclo mestruale. Queste fluttuazioni ormonali possono influenzare diversi aspetti fisiologici, inclusa la sensibilità dei vasi sanguigni, che potrebbero essere un fattore che contribuisce all’emicrania nelle donne». In pratica, le pareti dei vasi nelle donne sono più instabili. «Durante il ciclo mestruale, i livelli di estrogeni tendono a diminuire subito prima delle mestruazioni, e questa caduta improvvisa è stata associata a un aumento della frequenza e dell’intensità delle emicranie in molte donne. La variazione degli estrogeni potrebbe influenzare i recettori nei vasi sanguigni delle meningi, rendendoli più suscettibili a dilatazioni o contrazioni, che sono fenomeni legati all’emicrania. Inoltre, gli estrogeni hanno effetti diretti sul sistema nervoso e sui neurotrasmettitori coinvolti nell’emicrania, come la serotonina».
Emicrania: una malattia sottovalutata
L’emicrania tende ad essere liquidata come un semplice mal di testa, quindi sottovalutata e sottodiagnosticata, con conseguente ritardo nell’accesso alla diagnosi e ai percorsi terapeutici. Ma ora le cose stanno cambiando. «Lo scenario terapeutico è molto diverso rispetto a 10 anni fa, ma c’è ancora tanto da fare per combattere lo stigma e l’isolamento delle persone che ne soffrono. Siamo davanti a una storia di tempo ritrovato, grazie a nuove opzioni terapeutiche efficaci e specifiche che possono contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone» aggiunge Alessandra Sorrentino Presidente di Al.Ce – Alleanza Cefalalgici e di Fondazione CIRNA. «Purtroppo, nonostante siano milioni le persone che convivono con questa patologia complessa, è sempre molto forte la mancata comprensione del dolore e delle difficoltà ad essa associate, come se non ci si rendesse conto di quanto possa essere disabilitante. Gli attacchi possono essere così forti da impedire di compiere anche le attività quotidiane più semplici e la paura di un imminente attacco condiziona la relazione con la patologia, impattando psicologicamente la quotidianità».
L’impatto sul sistema sanitario
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera una giornata vissuta con emicrania severa invalidante quanto una giornata vissuta con demenza, tetraplegia o psicosi acuta. E questo dato è ancora più significativo se si tiene conto del fatto che l’emicrania, spesso, si manifesta nella fascia di età tra i 25 e i 55 anni, quindi nella fase più attiva e produttiva della vita. La qualità di vita può essere fortemente compromessa in questi anni centrali dell’esistenza con un conseguente impatto sul Sistema Sanitario Nazionale e sul sistema sociale in generale. L’impatto della malattia anche dal punto di vista economico è decisamente rilevante, tra costi sanitari diretti (legati all’assistenza specialistica, ospedaliera e farmaceutica), costi diretti non sanitari (relativi, ad esempio, all’acquisto di dispositivi) e, infine, indiretti (riconducibili alla perdita di produttività di paziente e caregiver). In studi europei, il costo annuo associato all’emicrania è stato stimato tra i 18 e i 27 miliardi di euro. Investire sulla prevenzione, quindi, è importante non solo per migliorare la qualità di vita delle persone.