Endometriosi: la storia di Tea

«Hai mal di pancia durante il ciclo? E allora? Tutte hanno mal di pancia durante il ciclo, è normale, stringi i denti e vai avanti, ché niente hai». Tu stringi i denti, inghiotti il dolore e vai avanti. Il mese dopo stessa cosa, tanto dolore, ma proprio tanto. «Non ci badare, è normale. Prima o poi ci farai l’abitudine». E così di mese in mese. Poi il dolore diventa più forte. È come se una pulce avesse fatto nido tra le tue viscere e morde, smangiucchia, lacera: è un piccolo essere affamato che si nutre del sangue del mestruo, poi, per fortuna, si quieta. Ma puntuale, al ciclo successivo, torna, e pizzica, pizzica, ingorda e vorace: strappa, lacera coi dentuzzi famelici la polpa di te. Dunque hai male al fianco, male al rene… Sei malata? «Ma no! È solo il ciclo. Non fare troppe storie, dài, inghiotti una pillola e ti passa, tutte hanno i dolori del mese, possibile che solo tu ti lamenti così?». Tu inghiotti pillole e lamenti e vai avanti, del resto, il dolore è normale, sei tu quella sbagliata.

«Ancora ti lamenti?»

La pulce, ciclo dopo ciclo, s’ingrassa, si rinforza, i suoi denti non sono più minimi ma forti e aguzzi come quelli del cucciolo che ti addentò fino a bucarti le dita. Un cane che morde anche a metà mese, e morde fino a farti sanguinare in quelli che prima erano giorni asciutti. Intanto cresci, dal liceo passi all’università, quella bestia continua a moltiplicarsi dentro di te. Ne parli col medico, «dismenorrea» dice, prescrive antinfiammatori e antidolorifici che anestetizzano il cane che ha fatto tana dentro di te: a destra soprattutto, sul fianco destro, lì il dolore ringhia e pulsa, palpita nella carne viva. E soffri e ti lamenti e non hai pace. «Ancora ti lamenti? Possibile che ancora non ci hai fatto il callo? Com’è che non ti abitui?». Semplice, perché hai la soglia del dolore troppo bassa, perché non riesci ad accettare il sangue come espressione di te, della tua femminilità, della tua possibilità di diventare madre.

La diagnosi: è endometriosi

«Appena fai un figlio ti passa», ti dicono. Ma non è tempo, ancora, di fare figli… Poi, quando quel tempo arriverà, ti diranno che sarà ormai troppo tardi, la malattia avrà distrutto le tube, compromesso le ovaie. La malattia? Quale malattia? «Si chiama endometriosi». Ah, dunque ha un nome? Dunque non sono io quella sbagliata? Dunque non ho la soglia del dolore troppo bassa? Dunque? La prima ecografia mostra innumerevoli cisti, la più grossa – 6 centimetri di diametro – nell’ovaia di destra, là dove il cane sbranava con più ferocia. Dunque? Dunque ormoni a bloccare il ciclo, dunque… Comincia un lungo calvario. Operazioni, terapie, errori nelle terapie, un pasticcio.

No, tu non sei sbagliata

Perché ve ne parlo? Perché non pensiate, voi che avete dolori forti durante il ciclo, di essere sbagliate, di avere la soglia del dolore troppo bassa, di non riuscire ad accettare la normalità femmina del ciclo; non aspettate di scoprire la malattia quando quella ha già compromesso la vostra fertilità. La maternità è una libera scelta, tocca a voi decidere se avere o no un figlio, non deve essere la malattia a decidere per voi. E non è normale soffrire soffrire durante il ciclo. Dunque controllatevi, indagate, fate del ginecologo il vostro medico di fiducia. L’endometriosi viene diagnosticata in media con 7-10 anni di ritardo. Non lasciatele il tempo di divorarvi, di rovinarvi la vita, di darvi l’infelicità. Se la scoprite in tempo, potrete limitare i danni, e non soffrire, perché quello alla felicità, alla maternità, è un diritto di tutti.

Un libro importante sull’endometriosi

Soffre di endometriosi da quando è giovanissima la scrittrice siciliana Tea Ranno. È per questo che ora, dopo aver raccontato tante donne forti e coraggiose, con il nuovo romanzo ha deciso di dare spazio alla sua lunga storia di malattia. Avevo un fuoco dentro (Strade Blu Mondadori) è un memoir e al tempo stesso una denuncia contro una cultura che scredita il dolore femminile. Attraverso le parole di Tea trovano voce tantissime donne che vivono per anni in balìa di diagnosi e cure sbagliate.

Dieci anni per avere una diagnosi

Endometriosi: un nome che fa paura e che rievoca dolore, un dolore tutto femminile. Secondo le stime ufficiali, questa malattia colpisce il 10-15% delle donne in età fertile, in modo più o meno grave. È talmente dolorosa che molte donne giurano che le doglie del parto, a confronto, siano quasi una passeggiata. È nota alla medicina da circa 100 anni e un occhio medico esperto sa individuarla, perché lascia segni evidenti, ma nonostante questo chi ne soffre riceve la diagnosi in media 7-10 anni dopo la sua comparsa. Come è successo a Tea Ranno, che racconta in queste pagine quanto a lungo questo male le abbia fatto compagnia, nascondendosi dietro ai luoghi comuni.

Se non la conosci, non la riconosci

«Veniamo da una cultura in cui si dice “partorirai con dolore”, le mestruazioni sono una cosa benedetta, mestruare significa generare la vita. E nessuno si domanda se dietro una ragazza che si contorce per il mal di pancia ci possa essere una patologia. È lei stessa a non indagare, ha visto la nonna e la mamma stare male. Anche chi finisce al Pronto soccorso 9 volte su 10 esce con un antidolorifico, niente di più» dice Annalisa Frassineti, presidente dell’associazione Progetto Endometriosi, che da 18 anni è in prima linea per diffondere la “cultura” dell’endometriosi e offrire sostegno alle pazienti. Anche lei, come tutte, ha convissuto a lungo con lo strazio: dai 18 ai 23 anni, fino a quando, dopo essere passata di ginecologo in ginecologo, non ha trovato quello giusto. «Gli esperti usano la frase “Think endometriosis”. Per scovarla devi pensare che esiste, se non la conosci non la riconosci, anche se ti si palesa davanti. Io avevo una cisti piatta che mi occupava la parte alta e bassa dell’intestino. Era lì ma nessuno la cercava».

Cos’è l’endometriosi?

L’endometriosi è una malattia cronica infiammatoria, legata all’endometrio, la mucosa che riveste l’interno dell’utero, ed è caratterizzata dalla presenza di un tessuto molto simile all’endometrio, appunto, ma al di fuori dell’utero. «Ogni mese anche questo tessuto si sfalda con le mestruazioni e attecchisce all’interno della cavità addominale, per continuare a funzionare anche dove non dovrebbe. È come se si formassero qua e là “microisolette” di un endometrio bizzarro che, sanguinando, diffondono altre microisolette nell’addome. Succede a ogni ciclo, poi il tessuto si cicatrizza. Questa alternanza provoca la formazione di aderenze, cicatrici, cisti, lesioni che ogni mese tendono a peggiorare in modo lento, subdolo e impercettibile» spiega Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar a Verona, che nel mondo cura il numero più alto di casi. «A essere interessato non è solo il sistema riproduttivo, i tessuti si “attaccano” a volte in altre aree della cavità addominale, provocando lesioni anche in organi come gli ureteri, la parte finale dell’intestino e la vescica».

L’impatto sociale ed economico della malattia

Riconoscere la patologia non è semplice, ma una differenza con i crampi normali del ciclo c’è, spiega l’esperto: «Il dolore dell’endometriosi peggiora con il passare degli anni, lentamente, si presenta anche durante l’ovulazione e spesso durante i rapporti sessuali è un dolore profondo che si acuisce in determinate posizioni». Individuare i campanelli di allarme e intervenire per tempo è essenziale, perché, mestruazione dopo mestruazione, la malattia continua a fare danni. È come se – spiega il professore – un vestito venisse strappato sempre negli stessi punti e rammendato, fino a diventare come una corazza che costringe chi lo indossa.

«Ogni donna ha circa 14 mestruazioni all’anno, un ritardo di 10 anni significa sottoporla a 140 “incendi”, con tutto ciò che ne deriva. L’impatto sociale ed economico è altissimo. Più del 60% delle adolescenti che restano a casa da scuola per i dolori del ciclo soffre di endometriosi. Sono donne che un domani, nel 30% dei casi, dovranno modificare la loro vita professionale in funzione della malattia». Secondo un report europeo dell’Endometriosis All Party Parliamentary Group, il 14% delle donne affette da questa patologia ha ridotto l’orario di lavoro e il 14% ha abbandonato o perso l’impiego o richiesto il prepensionamento, solo per dare alcuni dati.

Endometriosi e infertilità

E poi c’è il tema dell’infertilità, che colpisce il 30% delle pazienti: paradossalmente molte scoprono la malattia solo quando si rendono conto di avere difficoltà di concepimento. Continua Ceccaroni: «Le aderenze possono provocare la distorsione o la chiusura delle tube, ma anche le sostanze chimiche rilasciate ogni mese durante il ciclo, le citochine infiammatorie, creano un ambiente sfavorevole al concepimento: possono ridurre qualità e quantità degli ovociti, ostacolare la sopravvivenza dell’ovulo o la possibilità di attecchire per quello fecondato. Vero è che in 7 casi su 10 la malattia non lascia grosse conseguenze, ma lasciar passare tempo può peggiorare le cose».

Più formazione per i medici

E allora la diagnosi precoce è l’unica strada. O, per dirla con il professore, «la cura è la cultura». Non servono esami particolari, ma una visita ginecologica e un’ecografia transvaginale condotta sapendo cosa cercare. I medici, anche ginecologi, troppo spesso non hanno la formazione necessaria. «Servirebbe almeno la capacità di ascoltare la paziente. Il suo vissuto sarebbe sufficiente per un sospetto diagnostico e per l’invio a un professionista specializzato o un centro di cura» dice Annalisa Frassineti. «Per questo da anni la nostra associazione organizza corsi di alta formazione a tappeto, a medici di famiglia, ginecologi, radiologi e anche psicologi. In molti casi i forti dolori mestruali vengono scambiati per disagi di tipo psicologico: dolori psicosomatici, mancata accettazione della femminilità, reazione a un trauma. Ma quando una ragazza piena di vita dice che in certi giorni le manca il respiro e non riesce più a fare una vita normale, forse ci si dovrebbe porre qualche domanda in più».

Endometriosi: affrontiamola così!

L’endometriosi si può trattare con cure ormonali, in particolare con alcuni tipi di pillola anticoncezionale. «Quelle di ultima generazione hanno dosaggi molto leggeri e bloccano o rallentano la malattia, ponendo fine ai sanguinamenti anomali e prevenendo la formazione di nuove lesioni. Ciascuna paziente deve trovare la “sua”» spiega il professor Marcello Ceccaroni. I sintomi possono essere alleviati con integratori di ultima generazione ad azione antiossidante e antinfiammatoria. «Anche un regime alimentare ricco in frutta, verdura, pesce e 20-30 minuti di esercizio moderato al giorno aiutano a ridurre i livelli di dolore». Quando le lesioni sono numerose e profonde si valuta l’intervento, una sorta di bonifica a cui seguirà comunque la terapia ormonale. La mappa dei centri pubblici specializzati, che sono presenti in ogni Regione è su apendometriosi.it, ma l’esenzione dal pagamento dei ticket è prevista solo per le forme più gravi, al terzo e quarto stadio. Nel sito si trovano anche informazioni su gruppi e incontri di sostegno.