I primi segnali dell’endometriosi possono essere intercettati molto presto, quando le adolescenti soffrono di una dismenorrea non fisiologica, cioè di dolori che hanno una causa neuroinfiammatoria. A dirlo sono i recenti studi, che confermano l’importanza di saper riconoscere alcuni “campanelli d’allarme” prima che il dolore diventi cronico. Di endometriosi, di cui il 28 marzo ricorre la Giornata mondiale, soffre fino al 1 donna su 10, nonostante la ricerca non abbia ancora fatto del tutto luce su questa patologia cronica.
L’endometriosi e la dismenorrea nelle adolescenti
Oltre il 65% delle donne con endometriosi ha avuto problemi di dismenorrea quando era adolescente. A partire da questo dato sono state condotte alcune ricerche da cui è emerso che i primi segnali della patologia potrebbero essere ricondotti proprio al dolore pelvico che si accusa da ragazze, durante il ciclo o tra un ciclo e l’altro. Dolori che poi, una volta cronicizzata la malattia, possono presentarsi anche nei rapporti sessuali o nell’evacuazione. Spesso si associano anche a disturbi gastroenterici, che peggiorano sensibilmente la qualità della vita delle donne che ne soffrono.
Endometriosi e dismenorrea: cosa dicono i nuovi studi
Dolori, crampi, nausea, lombalgia, cefalea, ecc. sono ritenuti sintomi tipici della cosiddetta “dismenorrea primaria” o “idiopatica”: sono causati dal brusco calo ormonale e dall’incremento di prostaglandine, che inducono infiammazione, e rappresentano un fenomeno fisiologico, normale. Le variazioni ormonali che si verificano nel ciclo ovarico – spiega la professoressa Coluzzi – determinano fisiologicamente fenomeni infiammatori e conseguente dolore pelvico ciclico, trattato efficacemente con i comuni analgesici.
Tuttavia a livello pelvico sono presenti anche cellule della nostra immunità innata, note come mastociti, che fisiologicamente proteggono il nostro sistema nervoso. Ma, quando queste vengono iperattivate, possono determinare fenomeni patologici di sensibilizzazione centrale, con la conseguenza che i segnali provenienti dalle strutture pelviche vengono amplificati. Questo fenomeno, noto come neuroinfiammazione, è alla base dell’evoluzione verso il dolore pelvico cronico».
Come distingue la dismenorrea fisiologica da quella “sospetta”
Mentre la dismenorrea fisiologica solitamente si può gestire con comuni antidolorifici e antinfiammatori, «Se questi non funzionano e i sintomi persistono anche in altre fasi del ciclo mestruale, e sono così severi da ostacolare o limitare la vita quotidiana, è opportuno prendere in considerazione la situazione con uno specialista. È questo un campanello d’allarme importante nelle adolescenti. Teniamo presente poi che solitamente la dismenorrea primaria migliora con l’età, mentre quella secondaria tende a peggiorare nel tempo», spiega Flaminia Coluzzi, professoressa di Anestesiologia e Terapia del Dolore presso l’Università Sapienza di Roma, Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea di Roma.
Quando rivolgersi al ginecologo
In questo caso quindi è importante rivolgersi allo specialista perché «solo un accurato consulto ginecologico può chiarire se ci si trova di fronte a forme secondarie di patologie, che possono evolvere verso la sindrome da dolore pelvico cronico. Come terapista del dolore, ci tengo a sottolineare che va evitato che il dolore diventi appunto cronico, perché porta a una maggior difficoltà di trattamento e possibilità di cura. L’endometriosi, se non diagnosticata adeguatamente – aggiunge l’esperta – può avere conseguenze importanti sulla salute della donna, incluso il rischio che si trasformi in dolore cronico e che sia compromessa la fertilità».
Dismenorrea nelle adolescenti troppo sottovalutata
Purtroppo il dolore è troppo spesso sottovalutato, ritenuto “normale” e dunque da sopportare. Anche gli stereotipi contribuiscono a una sottostima delle possibili conseguenze di una dismenorrea non valutata adeguatamente, con ritardi nelle diagnosi di endometriosi: «Nonostante il dolore sia la principale causa per cui una donna in età fertile si rivolge al proprio medico curante, il ritardo diagnostico medio tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi di endometriosi è stato stimato di oltre 6 anni. Per molte donne, ancora oggi, è ritenuto normale provare dolore, anche quando l’intensità è così elevata da non consentire una vita normale», sottolinea l’esperta.
Le diagnosi tardive di endometriosi complicano le cure
La conseguenza è che più tardi si diagnostica l’endometriosi, minori sono le possibilità di una cura risolutiva: «Quando l’endometriosi sfocia in un dolore pelvico cronico, diventa certamente più difficile da trattare. Anche se la terapia ormonale – che sospende le mestruazioni fisiologiche – è il primo trattamento da seguire, negli ultimi anni si è cominciato a dare più importanza al ruolo della neuro infiammazione a livello periferico e nel sistema nervoso centrale, cioè a livello del cervello», aggiunge Coluzzi. Recenti studi supportano infatti l’ipotesi di una risposta neuroinfiammatoria che contribuisce all’insorgere del dolore dell’endometriosi.
Ma quali sono, quindi, le cure più efficaci?
L’importanza di portare le adolescenti dal ginecologo
«L’adolescenza è una terra di mezzo, una fase di transizione tra infanzia ed età adulta, nella quale è possibile che si creino dei vuoti assistenziali – sottolinea l’esperta – A questa età, anche nelle ragazze giovanissime, il dolore pelvico non va sottovalutato, specie se compromette le normali attività quotidiane. Dobbiamo capire che le mestruazioni e le ovulazioni ripetute nel corso degli anni possono alimentare l’infiammazione, aggravando così la malattia. Quindi controllare tempestivamente la neuro infiammazione consente di ridurre il rischio di dolore pelvico cronico dopo, in età adulta».
Come riporta la Siru (Società Italiana di Riproduzione Umana), negli ultimi anni si sono compiuti progressi significativi nelle tecniche diagnostiche, con l’uso di ecografie avanzate e risonanza magnetica che consentono di rilevare eventuali lesioni con un elevato grado di accuratezza. Questa precisione diagnostica è cruciale, poiché un test falsamente positivo potrebbe portare a interventi chirurgici non necessari, mentre un test falsamente negativo potrebbe far sottovalutare alle pazienti una condizione che richiede attenzione immediata.
Dopo la diagnosi, esistono alcune terapie. Per l’endometriosi non vi sono cure definitive e valide per tutte, ma ogni caso va considerato a sé.
Le nuove cure più efficaci contro l’endometriosi
Una possibile risposta all’endometriosi arriva da molecole naturali, quali le ALIAmidi: «Sono molecole naturali che svolgono importanti ruoli nel dolore, nel metabolismo e nell’infiammazione», spiega Coluzzi. Aiutano a riportare a livelli fisiologici la risposta immunitaria, per esempio agendo sui mastociti, cellule immunitarie generate nel midollo osseo. Queste rilasciano ad esempio l’istamina, in grado di stimolare il processo infiammatorio: i mastociti infatti sono coinvolti in reazioni allergiche o patologie autoimmuni come l’artrite reumatoide. «Le ALIAmidi sono contenute in alcuni cibi e sono disponibili come nutraceutici per l’utilizzo in diverse patologie dolorose, caratterizzate dall’eccessiva neuroinfiammazione», spiega l’anestesiologa. Sono impiegate, per esempio, nella formulazione anche di prodotti contro la vulvodinia o creme per pruriti topici, ma vanno utilizzate dietro indicazione di uno specialista, che saprà scegliere il prodotto e le modalità di somministrazione adeguati.