Un senso di stanchezza superiore al normale, che può arrivare a costringere a letto chi ne soffre o rende difficile compiere semplici movimenti, come sollevare un sacchetto della spesa: è la fatica cronica o encefalomielite mialgica (CFS). Una malattia difficile da diagnostica, a volte confusa con semplice mancanza di motivazione oppure come conseguenza di una condizione di stress momentanea. Si tratta, invece, di una patologia con basi fisiologiche, come ben sa chi ne soffre, che comporta alterazioni nel sistema immunitario, nel microbioma intestinale, a livello cardio-respiratorio e in alcune funzioni cerebrali. A dimostrarlo arriva ora uno studio, pubblicato su Nature Communications.
Lo studio: la fatica cronica ha basi fisiologiche
La fatica cronica sarebbe causata da un’anomalia nel funzionamento del sistema immunitario, che comporta a sua volta un’alterazione delle attività cerebrali. A indicarlo è uno studio, condotto su pazienti con sintomi riconducibili alla fatica cronica: dai check up effettuati presso alcuni National Institutes of Health (NIH) statunitensi – compresa risonanza magnetica a livello cerebrale – sono emerse alcune anomalie come un’attività ridotta nella giunzione temporo-parietale, un’area responsabile del coordinamento e dello svolgimento di azioni motorie come, per esempio, il movimento delle gambe o l’apertura della bocca per mangiare.
Fatica cronica: meno forza e meno controllo dei movimenti
Tra i segnali di alterazione che sono stati scoperti c’era anche un minor controllo generale dei movimenti, che sarebbe da attribuire a un funzionamento “scorretto” della corteccia cerebrale. È stata anche riscontrata una minor forza nella presa dei pazienti. «Anziché dalla mancanza di motivazione o dall’esaurimento fisico, l’affaticamento potrebbe nascere da un’incongruenza tra qualcosa che il paziente pensa di poter raggiungere e il modo in cui il suo corpo si comporta» ha chiarito il primo autore dello studio, Brian Walitt, medico e ricercatore del National Institute of Neurological Disorders and Stroke di Bethesda, nel Maryland.
Il sistema immunitario è iperattivo
Secondo gli esperti, a livello generale si ritrova una maggiore attività del sistema immunitario. «È uno studio molto importante, non solo perché condotto da un gruppo di ricerca autorevole come quello di Bethesda, pubblicato su una rivista come Nature, ma anche perché conferma quanto anche noi avevamo individuato già nel 1994», spiega il professor Umberto Tirelli, oncologo, storica figura dell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano, direttore del Centro Tumori, del Centro Fibromialgia e Stanchezza Cronica e del Centro di Ossigeno-Ozonoterapia della Clinica Tirelli Medical Group. «I dati statunitensi mostrano come nella CFS ci sia un’attivazione cronica del sistema immunitario, come se questo fosse impegnato a combattere una battaglia perenne contro un organismo esterno, anche quando questo non c’è più. Spesso, infatti, si tratta di un problema post infettivo», aggiunge l’esperto.
Come avere un’influenza cronica
«Dallo studio, sebbene condotto su un campione ridotto a causa del Covid (una 40ina di persone), arriva un’altra conferma che riguarda uno dei sintomi più frequenti: è come essere alle prese con un’influenza cronica, con stanchezza molto severa, affaticamento da piccoli sforzi, apparentemente banali, o dolori muscolari ai quali si unisce di frequente anche una febbricola – spiega Tirelli – Un altro aspetto importante su cui si fa luce è che alla base della fatica cronica non ci sono problemi del cervello, non è una malattia psichiatrica come invece qualcuno ha supposto in passato. Le risonanze hanno mostrato, invece, alterazioni nell’area temporo-parietale destra, deputata alla percezione della fatica e dello sforzo, a cui l’organismo non riesce da fornire una risposta adeguata. Un’altra anomalia emersa riguarda poi il liquido neurospinale e il microbiota. In questo caso il motivo è dato dal fatto che l’insieme di batteri, funghi e virus che si trovano proprio nell’intestino hanno un’influenza sul sistema immunitario. Il meccanismo è simile a quanto si verifica anche con la fibromialgia, per questo spesso la diagnosi è difficile», sottolinea Tirelli, tra i promotori nel 1991 della CFS (Sindrome da Stanchezza Cronica) Associazione Italiana – Onlus, la prima associazione di pazienti con CFS (www.stanchezzacronica.it), che ora conta su 4 realtà in Italia.
Difficoltà e ritardi di diagnosi
«A volte passano anni prima di ricevere una diagnosi. Io mi ritengo ancora fortunata perché ci ho messo poco più di un anno, anche grazie al fatto di aver letto della malattia su un giornale: mi ci sono ritrovata, nei sintomi, che invece spesso si sovrappongono a quelli di altre malattie», racconta Giada Da Ros, presidente di CFS Associazione Italiana onlus, che con Tirelli ha scritto un libro intitolato “Non solo fatica”. «L’Organizzazione mondiale della Sanità ha riconosciuto la patologia come tale, mentre in Italia manca ancora questo passaggio e non ci sono risposte adeguate e i pazienti nella maggior parte dei casi non hanno tutele», aggiunge Da Ros.
Nessuna invalidità e terapie a carico del paziente
«Non esiste il riconoscimento di invalidità da CFS, che invece c’è per la depressione nonostante, come per la fatica cronica, manchi un marcatore – dice Da Ros – Si può provare a chiederla comunque, anche perché in alcuni casi la patologia costringe a letto, quindi diventa limitante per tutte le attività quotidiane, come per il lavoro. Ma generalmente le commissioni incaricate non si recano a casa dei pazienti, che magari non riescono a uscire, o richiedono certificazioni che alcuni medici non rilasciano anche per mancanza di competenze specifiche oppure sono loro stesse impreparate. In altri casi, invece, chi soffre di fatica cronica è stato persino deriso e non creduto».
Le terapie per la fatica cronica: poche e a carico dell’utente
L’Associazione CFS ha fatto pressioni e, insieme ad altre realtà a giugno 2020 ha ottenuto l’approvazione da parte del Parlamento europeo della risoluzione B9-0186/2020, che chiede tra le altre cose un aumento dei finanziamenti per la ricerca biomedica sulla ME/CFS nell’UE. A livello italiano, però, i pazienti di fatto sono lasciati soli: «Non c’è una terapia vera e propria, riconosciuta dai Lea, i livelli essenziali di assistenza. Spesso si va per tentativi, che di solito consistono in integratori, pagati dall’utente. Il centro di riferimento oncologico qui a Pordenone in passato ha offerto una terapia con immunoglobuline, dietro prescrizione medica in casi specifici, ma molto costosa (si parla di migliaia di euro), che prevedeva un ricovero di una settimana. Ma con i tagli alla Sanità è possibile che non possa più essere sostenuta», spiega Da Ros.
L’ossigeno-ozono terapia
«Noi da anni abbiamo la possibilità di praticare l’ossigeno-ozono terapia, per via endovenosa che dà una risposta positiva nel 70% dei pazienti, senza effetti collaterali: è un trattamento conosciuto fin dal 1896 e adottato dalla Società scientifica di ossigenoterapia. Le alternative si basano sulla somministrazione di farmaci o integratori a base di antiossidanti, come glucagone, vitamina C, Q10, acido alfa lipoico, che agiscono sui radicali liberi che nella sindrome della fatica cronica aumentano in maniera importante. È una caratteristica comune ad altre patologie, come la fibromialgia o il long Covid. Ma è bene chiarire se questi integratori funzionano se si fanno in vena, mentre per bocca l’assorbimento è molto ridotto», spiega Tirelli.
Dove e come ricevere supporto
«È importante parlare di questa malattia e noi lo faremo anche in una delle puntate del podcast Wheeppy che stiamo curando con la psicologa e psicoterapeuta Marcella Maria Spirito, che lavora in gruppi di sostegno ai pazienti. Da metà marzo saranno disponibili su Spotify e per il 12 maggio, giornata della sensibilizzazione nei confronti della fatica cronica, affronteremo proprio questa malattia, in modo da fornire informazioni utili per chi ne soffre», ricorda Giada Da Ros. Tra queste anche le indicazioni per rivolgersi a centri specializzati, di cui si trova un elenco sul sito www.stanchezza cronica.it, alla voce “diagnosi”, o su www.associazionecfs.com.