Per Gigi D’Alessio è tempo di allargare la famiglia, nuovamente. Il cantante, infatti, sarà padre per la sesta volta, anche se è già nonno da diversi anni. A confermarlo nei giorni scorsi è stato lui stesso. Da tempo si sospettava che la compagna, Denise Esposito, fosse incinta (di 4 mesi), ma mancava la “prova”, che invece è arrivata durante il programma di Fiorello VivaRai2. Il conduttore ha letto la notizia secondo la quale in Italia non si fanno più figli e D’Alessio ha commentato ironicamente: «È perché li faccio tutti io».

Fertilità maschile: Gigi D’Alessio di nuovo padre a 57 anni

A quasi 57 anni (li compirà il 24 febbraio), Gigi D’Alessio sarà dunque di nuovo padre, per la sesta volta. Il primogenito Claudio è nato nel 1987, poi sono arrivati Ilaria e Luca, tutto frutto del primo matrimonio con Carmela Barbato. Dalla relazione con Anna Tatangelo, durata 12 anni, è nato invece Andrea, nel 2010. Ora che l’artista sembra aver ritrovato l’amore con Denise Esposito, prima è arrivato Francesco (nato il 24 gennaio 2022), che però avrà presto un fratellino o una sorellina. In realtà il cantante è anche già nonno di tre nipotini: Giselle (2012), sorella di Sofia (2020) e Noemi (oggi 17enne), figli del primogenito Claudio e della compagna Giusy Lo Conte.

La fertilità degli uomini famosi (anche over 70 e 80)

Se Gigi D’Alessio è pronto a essere nuovamente papà a 57 anni, ci sono anche casi di personaggi famosi più “attempati” che abbracciano la paternità, come Al Pacino, che ha avuto un figlio a 83 anni, e di Robert De Niro, diventato padre a 79 anni per la settima volta. Un altro esempio di paternità piuttosto attempata è quello di Mick Jagger, che ha avuto l’ultimo figlio – nonché l’ottavo – nel 2016 dalla 29enne ballerina Melanie Hamrick. Insomma, finora sapevamo che gli uomini potevano diventare padri, appunto, alle soglie della normale pensione e oltre. Finora, appunto, perché alcuni esperti mettono in guardia: anche per gli uomini il passare del tempo incide sulla fertilità. Ma allora era una leggenda metropolitana che solo per le donne esistesse un “limite biologico”? Come si spiegano tante paternità ben dopo gli “anta” (intesi come 60 e spesso 70)?

Gli studi: anche la fertilità maschile cala nel tempo

Anche l’età dell’uomo incide sulla sua fertilità, in particolare sulle caratteristiche del liquido seminale. È quanto emerge da una serie di approfondimenti scientifici in tutto il mondo. In Italia è stato condotto uno studio (WHO 2021-based comprehensive appraisal of sperm factor parameters’ association with embryological and clinical outcomes. A single center study of 4013 PGT-A cycles), presentato al 39° Congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) organizzato in questi giorni a Copenaghen. «Negli ultimi anni si sta osservando un sempre maggiore interesse della comunità scientifica verso l’impatto del fattore maschile in medicina della riproduzione. Il partner maschile è stato sempre un po’ “messo da parte” nell’iter diagnostico terapeutico della coppia infertile. Eppure, sempre maggiori evidenze mostrano quanto sia importante il ruolo paterno nell’ottenere una gravidanza, naturale o da tecniche di procreazione medicalmente assistita. Questo sia in termini di qualità del liquido seminale che di età», spiega Rossella Mazzilli, specialista in Endocrinologia e Malattie del metabolismo, androloga presso il Centro GeneraLife, Clinica Valle Giulia Roma, e presso l’Università La Sapienza di Roma- AOU Sant’Andrea.

Fertilità: cosa cambia tra uomo e donna?

Finora si era parlato sempre e solo di calo della fertilità femminile. Che differenze ci sono tra donne e uomini? Esiste un’età limite anche per gli aspiranti padri? «È noto che, mentre la riserva ovarica, ossia il numero di ovociti che la donna ha a disposizione, è già deciso nella pancia della sua mamma, per l’uomo, in assenza di condizioni patologiche, vengono prodotti milioni di spermatozoi ogni giorno – chiarisce l’androloga – Tuttavia, la qualità del liquido seminale tende a peggiorare sensibilmente con il passare degli anni. Ad oggi non esiste un cut-off preciso per “età paterna avanzata”, ma sulla base degli studi presenti in letteratura possiamo considerare i 40 anni come un ragionevole limite. Non significa però che dopo i 40 l’uomo non possa più concepire», spiega Mazzilli.

Volendo mettere a confronto uomo e donna, si può dire che «Il fattore anagrafico nell’infertilità risulta sicuramente più importante nella partner femminile, questo perché la donna va incontro a un esaurimento della riserva ovarica e un maggior rischio di anomalie cromosomiche fetali o di aborto. Inoltre, con la menopausa, si ha la totale cessazione della produzione di gameti femminili. Nell’uomo, invece, con l’“andropausa” si assiste a una progressiva riduzione della funzione testicolare, senza un momento specifico e preciso di interruzione. Questo implica una riduzione della secrezione di testosterone, talvolta accompagnata a disturbi della funzione sessuale (come ad esempio calo della libido o disfunzione erettile), ma dove nonostante tutto la produzione di spermatozoi continua».

Da Al Pacino e De Niro a Mick Jagger: perché gli uomini continuano ad avere figli?

Tecnicamente, dunque, negli uomini rimane più alta la possibilità di avere figli anche dopo i 40 anni. Resta il fatto, però, che non sono pochi quelli che continuano ad averne anche a 70 o persino 80 anni. Come si spiega? Si potrebbe persino ipotizzare che il motivo sia legato a un maggior numero di rapporti sessuali nel genere maschile anche in età avanzata? «Non ritengo dipenda tanto dal numero di rapporti, quanto dalla fisiologia, ossia dalla possibilità per l’uomo di poter concepire potenzialmente a tutte le età seppur, come abbiamo visto, con minore probabilità. Sicuramente un fattore molto importante da considerare è l’età della partner. Un’età materna non avanzata è sicuramente un buon fattore predittivo di concepimento, faccio riferimento anche all’esempio sopra citato dell’attore Mick Jagger e, ovviamente, anche per quanto riguarda la gravidanza. In conclusione, le coppie con partner maschile con età avanzata non dovrebbero essere scoraggiate a concepire. Tuttavia, credo sia importante un adeguato counselling nella coppia sui potenziali rischi legati all’età paterna avanzata».

I rischi di paternità in età avanzata

Il fatto di poter avere figli per uomini in età avanzata, infatti, non mette al riparo da possibili rischi. «Nel nostro studio abbiamo osservato che l’età paterna influisce negativamente sulla velocità di sviluppo della blastocisti, ossia lo stadio dell’embrione prodotto in vitro che si raggiunge generalmente in quinta giornata, ma ci sono effetti anche sulla qualità morfologica degli embrioni – spiega l’androloga ed endocrinologa – Entrambi questi fattori implicano una minor probabilità di concepimento». Non solo: «Col passare degli anni c’è un peggioramento della morfologia, ma anche un aumento dello stress ossidativo e della frammentazione del DNA nemaspermico. E questi sono tutti fattori che rendono lo spermatozoo meno competente. È stata inoltre ipotizzata una associazione tra età paterna avanzata ed aumentato rischio di autismo nei nascituri, tuttavia questi risultati sono ancora molto dibattuti», conclude l’esperta.