Con l’arrivo del caldo a far soffrire non sono solo le alte temperature, che possono causare spossatezza, ma anche le gastroenteriti, o influenze intestinali estive. A ricordarlo sono i medici di medicina generale, che ne ricordano alcuni sintomi classici come coliche e dolori gastrici. «Una patologia che in questo periodo vediamo con più frequenza nei nostri studi è proprio una forma gastroenterica», ha spiegato all’Adnkronos Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg). Ma ai consigli dei medici di famiglia si aggiunge anche un nuovo studio, che conferma l’importanza del microbiota contro le infezioni gravi.
Gastroenterite: attenzione al caldo (e all’intestino)
La disidratazione è uno dei problemi principali legati al caldo, specie per anziani e bambini. Come ricorda Scotti «con la disidratazione anche i farmaci tendono a concentrarsi, quindi ai pazienti in terapia con più medicinali va ricordato, sia per l’alimentazione sia per l’idratazione, di introdurre grandi quantità di liquidi in questo periodo, anche per evitare un effetto amplificato dei farmaci che usano». Ma a preoccupare in questo periodo sono anche le forme di influenze gastroenteriche, in aumento.
Perché aumentano le gastroenteriti estive
«Sicuramente oggi c’è maggiore attenzione alle problematiche infettive, complice anche il Covid, che ha mostrato l’importanza anche di queste patologie. Non sappiamo se prima del 2019-2020 ci fossero più gastroenteriti estive, ma certamente meritano considerazione», premette Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. «Le cause di un aumento di infezioni intestinali in questo periodo, però, possono essere molteplici: il caldo fa sì i batteri e i virus in generale proliferino, perché possono colonizzare maggiormente il cibo, ma anche la trasmissione oro-fecale è più facile», aggiunge Bassetti.
Gastroenterite da batteri o da virus?
«È importante, intanto, capire le cause della gastroenterite estiva. Può essere dovuta a un virus e ce ne sono molti: il norovirus è quello più diffuso, ma ce ne sono anche molti altri minori o che, specificatamente, danno la classica influenza intestinale. Oppure può essere causata da batteri come lo stafilococco, la salmonella, l’escherichia, ecc. magari legati alla cattiva preparazione e conservazione dei cibi, oppure con i quali si entra in contatto facendo, per esempio, il bagno in fiumi, laghi o mari dove si trovano questi batteri, ingerendo involontariamente acqua», spiega l’infettivologo.
Come si cura la gastroenterite
«In genere queste problematiche si risolvono in 2 o 3 giorni, senza particolari conseguenze. Occorre, quindi, evitare di fare ricorso al fai-da-te con medicinali non idonei», sottolinea Bassetti, che spiega: «Per esempio, si dovrebbero evitare i farmaci che fermano la diarrea, perché se questa è causata da un batterio o virus e dunque ha natura infettiva è bene eliminarlo, invece che trattenerlo all’interno dell’organismo. Un altro errore è ricorrere agli antibiotici».
No agli antibiotici facili contro la gastroenterite
«Gli antibiotici, anche quelli intestinali, non servono: di fatto si finisce con l’uccidere lo strumento che il nostro corpo ha per combattere l’infezione, cioè i batteri “buoni” nell’intestino. Se c’è un microorganismo che causa un problema, infatti, gli altri batteri lo devono mettere in condizione di non nuocere. Per questo la soluzione migliore è usare i fermenti lattici, che si riproducono in grande quantità e ripopolano l’intestino, facendolo tornare in equilibrio. Purtroppo, soprattutto in Italia c’è una eccessiva facilità nel ricorso agli antibiotici che ha fatto sì che il nostro Paese abbia il record (negativo) di antibiotico-resistenza, perché si usano e sono anche prescritti con troppa leggerezza».
Idratarsi in modo corretto: quando serve integrare
«L’altro aspetto da non trascurare è la corretta idratazione, specie in presenza di diarrea, che fa perdere liquidi ed elettroliti, cioè minerali importanti – prosegue l’infettivologo – L’acqua è fondamentale per reintegrare i liquidi, ma se occorre possono essere di grande aiuto anche alcune bevande ricche di minerali, come quelle usate dagli sportivi, che contengono quindi sodio, potassio, calcio e magnesio, per esempio, che aiutare a integrare i sali e le sostanze perse a causa della gastroenterite».
Gli altri consigli: no alle bibite troppo fredde
Se l’idratazione è fondamentale per dissetarsi e contrastare le alte temperature, è pur vero che si è portati a bere bibite fredde, a volte troppo fredde, come ricorda Scotti: «Queste indeboliscono l’intestino rendendolo più permeabile a virosi o a dismicrobismi intestinali (quindi alterazioni nel funzionamento dell’intestino), che poi sfociano in forme di diarrea con coliche addominali anche abbastanza importanti», spiega ancora Scotti.
Attenzione alla conservazione dei cibi
Come detto, col caldo, inoltre, i cibi tendono a deteriorarsi più facilmente. Le alte temperature, infatti, favoriscono la proliferazione di batteri o microorganismi che possono creare problemi intestinali. «Magari eviterei di mangiare una brioche con la crema conservata fuori dal frigorifero su un bancone di un bar in piena estate, visto che si deteriora facilmente col caldo. Attenzione, poi, alla preparazione dei cibi, a pulire coltelli e utensili da cucina, perché i batteri possono passare da un cibo all’altro e finire nei piatti. Le mani, che sono strumento di trasmissione, andrebbero lavate più di frequente e, se c’è un familiare con una gastroenterite, si dovrebbero evitare contatti ravvicinati o l’uso dello stesso asciugamani, per esempio», consigli Bassetti.
Il microbiota sano protegge da infezioni anche gravi
Intanto un nuovo studio, appena pubblicato su Lancet Microbiome e firmato dai ricercatori dell’Università di Amsterdam e Università di Turku in Finlandia, conferma l’importanza del microbiota sano. In particolare, un ruolo fondamentale sarebbe svolto dai batteri intestinali che producono l’acido butirrico. È quello che si trova in alcuni latticini e derivati, come il burro, il latte e i formaggi. Si può ottenere anche fermentando fibre alimentari e carboidrati non digeribili, dunque consumando cibi ricchi di fibre come orzo, avena, riso integrale e crusca, frutta e verdura.
L’acido butirrico come protezione dell’organismo
I ricercatori hanno visto analizzato il microbiota intestinale di 10.899 persone, concentrandosi in particolare su 602 pazienti ricoverati in ospedale per infezioni gravi e poi decedute. «È un lavoro sperimentale, ma che ha mostrato come la maggior presenza di batteri che producono acido butirrico possono proteggere contro le malattie infettive che portano al ricovero, quindi anche gravi come infezioni respiratorie e urinarie», spiega Bassetti. Ora gli studi proseguiranno per approfondire il ruolo dei batteri intestinali e soprattutto dell’acido butirrico. A sorprendere, però, è anche il fatto che questo si può ottenere con il consumo di olio di cocco e palma, considerati “meno sani”.
Olio di palma: sì o no?
«Oltre che dal latte, burro, formaggi e yogurt, l’acido butirrico può derivare dal consumo dell’olio di palma che specie in Italia, è stato considerato un “veleno”, tanto che sulle confezioni ci sono etichette che esaltano la sua assenza come indice di qualità – spiega Bassetti – Ma, a prescindere dall’impatto ambientale che può avere la sua produzione, ad oggi non ci sono società scientifiche che ne abbiano dimostrato la nocività. Se può far bene al microbiota intestinale, che è considerato il nostro secondo cervello, forse non dovremmo escluderlo a priori. Il problema è sempre la moderazione: non dobbiamo abusarne e certamente occorre attendere ulteriori conferme dalla ricerca che, però, è stata pubblicata su una rivista prestigiosa emerita attenzione».