“Un attimo”: la risposta ai figli dei genitori ‘smanettoni’
Genitori "un attimo". E' questa la risposta che viene data dal 38% delle mamme e dei papà, mentre sono intenti a smanettare con lo smartphone, ai figli che chiedono le loro attenzioni. Il 22% risponde "cosa?", il 15% non alza neanche la testa dalla schermo ma rassicura con un "ti sto ascoltando", il 12% promette "ora arrivo", l'11% sbuffa borbottando un faticoso "dai, ho appena preso il cellulare in mano" e il 2% esclama "dimmi!".
E' quanto emerge da una recente ricerca dell'Associazione nazionale Di.Te., che dal 2002 si occupa di dipendenze tecnologiche, gioco d'azzardo patologico e cyberbullismo, condotta su un campione di 2000 adolescenti tra i 14 e i 20 anni e adulti tra i 28 e i 55, equamente suddivisi in maschi e femmine.
E' quanto emerge da una recente ricerca dell'Associazione nazionale Di.Te., che dal 2002 si occupa di dipendenze tecnologiche, gioco d'azzardo patologico e cyberbullismo, condotta su un campione di 2000 adolescenti tra i 14 e i 20 anni e adulti tra i 28 e i 55, equamente suddivisi in maschi e femmine.
"Si tratta di incoerenza digitale – sostiene Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell'Associazione nazionale Di.Te – Se i ragazzi riescono a fare più cose contemporaneamente, magari in modo approssimativo ma le fanno, i grandi quando sono concentrati sui loro schermi, difficilmente prestano attenzione ad altro. Ma – sottolinea Lavenia – questo atteggiamento dei genitori fa sentire i figli non considerati. Possono percepirlo come una disconferma, ossia un "allora io per te non esisto, non valgo la tua attenzione" e ritirarsi lentamente in loro stessi".
Ma quando poi sono i genitori a chiedere l'attenzione dei figli colti davanti allo schermo dello smartphone, piovono giudizi: i ragazzi affermano che il 45% degli adulti utilizza l'incipit "sempre con quel cellulare in mano", mentre il 20% impone "spegni subito", il 12% ricorda "quante volte ti ho detto che non devi usare il cellulare a tavola", il 13% interroga per sapere "con chi parli sempre?", l'11% "cosa stai facendo al cel?" e il 9% minaccia "se continui così ti prendo il cellulare!".
"Dovremmo cercare di comprendere cosa stanno facendo i ragazzi con i loro smartphone e in rete – aggiunge ancora Lavenia – Non è minacciando o imponendo soluzioni che si risolve il problema. Servono regole condivise, curiosità per attivare quella dei ragazzi a dare spiegazioni, momenti di detox da stabilire insieme. La distanza digitale sta creando una distanza relazione e prima che la situazione sfugga di mano è bene ritrovare un contatto".
E i ragazzi piegati sullo smartphone che cosa rispondono ai genitori che chiedono la loro attenzione? Il 55% replica con "l'ho appena acceso", il 16% si giustifica dicendo "mi stavo annoiando", l'11% giura che "sto solo ascoltando musica", l'8% promette "un attimo e spengo", il 6% confessa che "ero nervoso/a" e il 4%, probabilmente assordato dalla musica chiede di ripetere con "cosa?". "L'identità dei ragazzi passa anche dallo smartphone, ne dobbiamo prendere atto – osserva Lavenia – Dobbiamo cercare di comprendere cosa fanno con questo strumento, e non giudicarli a priori. Dobbiamo aiutarli a trovare l'equilibrio tra schermo e realtà. Dobbiamo fare in modo che le loro emozioni non siano più dissociate dal corpo, come spesso purtroppo accade", conclude.