Gli esercizi fisici e l’allenamento cognitivo possono rallentare Alzheimer e demenze. La conferma viene da uno studio, condotto dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In). I ricercatori italiani hanno sviluppato un programma di allenamento per persone con danno cognitivo lieve, arrivando a una conclusione incoraggiante: «Gli stimoli ambientali riescono ad arrestare e talvolta a far regredire il decadimento cognitivo dei pazienti», ha affermato Alessandro Sale il primo autore della ricerca, condotta con i finanziamenti dalla Fondazione Pisa e svolto in collaborazione con Università di Pisa, Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa (Cnr-Ifc) e Ircss Fondazione Stella Maris. Ma non solo: «Gli effetti benefici perdurano nel tempo e non sembrano condizionati dai fattori generalmente correlati alla demenza, come il genere, l’età e il tasso di scolarità. Inoltre, il miglioramento appare più marcato nelle donne e nei soggetti con minor grado di istruzione, che all’inizio del training presentavano una maggiore compromissione delle funzioni cognitive”, spiega ancora Sale.
Allenare la mente (e il corpo) contro le demenze e l’Alzheimer
Lo studio è particolarmente importante perché le demenze, tra le quali l’Alzheimer, rappresentano una “emergenza mondiale”, sia per il progressivo invecchiamento della popolazione e dunque con una previsione di aumento dei casi tra gli anziani e grandi anziani; sia per l’assenza di trattamenti farmacologici in grado di bloccare questo tipo di malattie. In realtà il progetto, chiamato Train the Brain, «era partito nel 2012 ma, mentre nelle sperimentazioni passate abbiamo analizzato i risultati subito dopo il training, in questa sessione abbiamo deciso di osservarne gli effetti a distanza di sette mesi dall’allenamento», spiega il ricercatore. I risultati hanno confermato l’efficacia del protocollo, che prevede un percorso combinato di esercizi fisici e di training cognitivi.
Quali esercizi fisici fare contro le demenze e l’Alzheimer
Il percorso di allenamento fisico prevede tre sessioni alla settimana, di un’ora ciascuna, alle quali seguono gli esercizi di tipo cognitivo: «Ogni lunedì, mercoledì e venerdì ai nostri anziani, con un’età da 65 a 89 anni, sono proposti percorsi personalizzati perché ciascuno ha caratteristiche specifiche: c’è chi potrebbe correre una maratona e chi invece fatica a fare una breve corsetta, per esempio. «Per questo come attrezzo utilizziamo il cicloergometro, che permette una taratura personalizzata e modificabile nel tempo quando, man mano che si progredisce, si aumenta anche l’intensità dello sforzo», spiega il ricercatore. A questo si unisce una serie di esercizi a corpo libero, con movimenti degli arti superiori e inferiori da eseguire in piedi per migliorare l’equilibrio; un’altra parte, invece, si svolge su materassini e punta allo stretching. Infine, usiamo anche i nastri elastici che permettono anch’essi di modulare lo sforzo, possono essere di varie misure e aiutano la coordinazione motoria, mentre i palloni sono usati per farli rimbalzare camminando per la palestra, quindi unendo la coordinazione al movimento», chiarisce Sale.
Cos’è l’allenamento cognitivo
Dell’importanza dell’allenamento cognitivo si sono già occupati diversi esperti finora, ma l’aspetto più innovativo dello studio è quello che riguarda l’attività in gruppo: «L’allenamento motorio è importante, ma il solo esortare gli anziani a fare, per esempio, l’enigmistica, ha due limiti: il primo è che può risultare un’attività noiosa; il secondo è che una persona tende a rafforzare un’abilità che ha già, come per esempio proprio risolvere un cruciverba. È per questo che, invece, noi abbiamo puntato ad attività cognitive di gruppo: abbiamo creato un contesto ricreativo sociale, delle vere e proprie classi come quelle del liceo, ma composte da “ragazzi di 80 anni” che dopo 7 mesi giocano, scherzano tra loro e non vogliono abbandonare il programma», spiega l’esperto del Cnr. L’ambiente ricreativo stimola anche la fluidità verbale e, proprio come per gli esercizi motori, ogni mese il pacchetto di esercizi cognitivi è riproposto, ma a un livello di difficoltà maggiore. Per esempio, se a un anziano si chiede di ricordare a memoria una lista di 30 parole contenute delle canzoni della sua infanzia, lo stop successivo prevede che ne ricordi 50», spiega ancora Sale.
Alzheimer: l’importanza della musicoterapia e cineforum
Il protocollo ha previsto anche la stimolazione attraverso la musicoterapia e il cineforum: «Periodicamente proponiamo la visione di un film tutti insieme, dopo la quale lo si commenta, ripercorrendone le tappe principali e chiedendo cosa ci si ricorda della trama, dei personaggi, ecc. – spiega il ricercatore – Una volta alla settimana, poi, c’è l’intervento di un musicoterapeuta con una prima parte di ascolto della sua musica dal vivo e una seconda parte di tipo produttivo: sono gli anziani, infatti, a suonare in gruppo, ciascuno con uno strumento come tamburelli o maracas. In questo modo si stimolano molte funzioni cognitive contemporaneamente: l’ascolto, l’esecuzione, il movimento, la coordinazione, ecc. La mente risulta molto impegnata con evidenti benefici», spiega Sale.
Esercizi efficaci per le donne
Nelle donne i risultati degli esercizi sono risultati particolarmente efficaci nel miglioramento della malattia. «È così, per almeno due motivi. Il primo è più generale e riguarda il punto di partenza di inizia questo percorso: in genere, per esempio, chi ha un livello di scolarizzazione inferiore ha anche un deficit cognitivo più alto, quindi durante il percorso ha un margine di recupero maggiore rispetto a chi magari ha disturbi cognitivi inferiori. Ecco che le donne che accedono al percorso in media hanno diagnosi peggiori, risultano un po’ più compromesse. Di contro, con loro il miglioramento e i benefici sono superiori in genere rispetto agli uomini – chiarisce l’esperto – Il secondo motivo, invece, è che in linea di massima le donne sono più coinvolte nelle attività proposte rispetto agli uomini, che a volte hanno più vergogna o reticenza nell’accettare il percorso». Molti più complesso e delicato capire perché la popolazione femminile arrivi in terza età spesso con qualche compromissione cognitiva maggiore: alcuni studi porterebbero a pensare a cause ormonali, quindi al fatto che con la menopausa venga meno la “protezione” dall’invecchiamento, anche cognitivo. «Quello che possiamo dire sicuramente è che le donne hanno maggiore capacità di coinvolgimento nelle attività e quindi, una volta intraprese, risultano poi anche le maggiori beneficiarie in termini di efficacia», conclude il ricercatore del Cnr.