Di glifosato si parla da tempo, soprattutto per i suoi potenziali effetti cancerogeni. Adesso, però, uno studio mette in relazione la presenza del potente erbicida con possibili disturbi dell’apprendimento negli adolescenti. Da una ricerca condotta in sud America da studiosi californiani, infatti, sono emerse correlazioni tra l’esposizione al glifosato – erbicida ammesso negli Usa e in altri Paesi al mondo – e un peggioramento delle prestazioni cognitive nei più giovani. Il tutto mentre l’Ue si prepara a votare, a dicembre, sulla messa al bando o la proroga dell’autorizzazione all’uso, che finora ha contrapposto le aziende produttrici e molte associazioni di consumatori.

Troppo glifosato nelle urine dei giovanissimi

La ricerca, chiamata Espina, è stata condotta a partire dal 2008 su un gruppo di adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, in Equador. Gli esperti hanno indagato i possibili effetti del glifosato e altri erbicidi, di funghicidi e diversi composti chimici come i Pfas, insieme al repellente per insetti Deet (dietiltoluamide). L’obiettivo era capire se questi prodotti, ormai utilizzati in quantità massicce in molte parti del mondo, possano avere effetti negativi sul funzionamento cognitivo dei più giovani. Il primo risultato è stata la constatazione che nel campione di circa 500 giovanissimi erano largamente presenti: il 98% dei ragazzi aveva nelle urine glifosato e il 66% il 2,4-D, un altro erbicida utilizzato in agricoltura. I ricercatori, provenienti da diversi istituti statunitensi come il National Institute of Environmental Health Sciences e il National Institute of Occupational Safety and Health della California University, si sono però spinti oltre nelle loro indagini.

Che effetti sullo sviluppo cognitivo

Gli esperti, infatti, hanno utilizzato cinque parametri differenti per capire se le due sostanze abbiano un qualche effetto sullo sviluppo cognitivo degli adolescenti. Lo studio lo ha confermato: dai test neurologici condotti, infatti, è emerso che a concentrazioni più elevate di 2,4-D corrisponde un peggioramento statisticamente significativo nell’ambito del controllo, dell’inibizione, della memoria, dell’apprendimento e del linguaggio. Quanto al glifosato, si è registrata una diminuzione della percezione sociale, mentre per il Deet non sono emerse associazioni statisticamente significative in termini di deficit neuro-comportamentali.

L’allerta degli esperti

Da un lato gli esperti non si sono meravigliati della presenza di sostanze chimiche e potenzialmente dannose nell’organismo degli adolescenti perché, come per gli adulti, queste sono assorbite non solo dal cibo trattato con questi prodotti, ma anche dall’acqua e dall’ambiente in generale. Dall’altra, i ricercatori hanno messo in guardia proprio riguardo ai possibili effetti nocivi, soprattutto nei più giovani. Secondo lo studio, infatti, gli erbicidi potrebbero dare disturbi dello sviluppo neuro-comportamentale. «I risultati non stupiscono più di tanto perché, specie di alcune sostanze come gli Pfas, si conoscono gli effetti sul sistema endocrino. Le informazioni che emergono dallo studio in Equador non sono certo rassicuranti, ma occorrono ulteriori verifiche. Non è esclusa, però, un’azione sul sistema nervoso centrale, che potrebbe essere anche rilevante, a seconda dei soggetti, della loro età, del genere e del grado di esposizione. D’altro canto sono già stati condotti altri studi sui potenziali effetti del glifosato nell’insorgenza dell’Alzheimer», spiega Agostino Macrì, docente di Ispezione degli Alimenti presso la Facoltà di Medicina dell’Università Campus Biomedico di Roma e responsabile alimentare per l’Unione nazionale consumatori.

Gli effetti del glifosato su ambiente e uomo

A preoccupare, però, non sono solo gli effetti diretti sull’uomo, ma anche quelli indiretti, tramite l’ambiente. «Il problema è che sostanze come il glifosato vengono impiegate, anche in Italia, nella preparazione dei terreni di coltura, per distruggere ogni tipo di insetto. Anche se è dimostrato che poi la loro azione si dissolve in un lasso di tempo relativamente breve, gli effetti sono devastanti perché uccidono qualunque erba e insetto, comprese le api delle quali invece conosciamo l’importanza – spiega Macrì – Di fatto portano quindi a un deserto biologico molto pericoloso per l’ecosostenibilità». Ma esiste il pericolo che questi prodotti arrivino anche sulle tavole, sotto forma di residui sugli ingredienti (in primis il grano), come nel caso di pasta o biscotti? «Nel nostro Paese i controlli sono molto severi e prima della lavorazione i pastifici e i molini verificano che non ci siano residui o che siano nei limiti di legge. Questo vale anche per le farine di importazione da Paesi dove l’uso di questi diserbanti è lecito anche in fase di preraccolto», rassicura Macrì.

I rischi da esposizione

Il problema, dunque, non si porrebbe nel caso di consumo dei prodotti di agricoltura, anche qualora fosse stato usato il glifosato in termini differenti rispetto a quanto prevede la normativa italiana, ossia nella preparazione dei terreni. Diverso è il discorso per quanto riguarda l’altro uso del prodotto: «Si tratta dell’impiego appena prima del raccolto, per facilitarne la seccatura, che in Italia è vietato. Ad essere realmente a rischio sono comunque coloro che lavorano in quei campi, perché la loro esposizione è molto maggiore e purtroppo spesso anche senza le adeguate protezioni – chiarisce l’esperto – È il caso di molti Paesi dove esistono coltivazioni intensive dove i lavoranti operano senza maschere e dove, di frequente, i diserbanti sono dispersi direttamente da aerei in sorvolo. È anche per questo che ci si pone il problema sull’uso di glifosato e sostanze analoghe, in Europa».

L’Europa al bivio: glifosato sì o no?

Il nuovo studio, quindi, apre ad altrettanti nuovi dubbi, soprattutto in Europa dove il 14 e il 15 dicembre è atteso il voto sulla possibile messa al bando del glifosato o sulla sua proroga per altri 10 anni. A chiederne il divieto non sono solo le associazioni ambientaliste, che ritengono danneggi le coltivazioni e la biodiversità; anche molti consumatori ricordano come l’Agenzia internazionale per la ricerca contro il cancro dell’Onu, la Iarc, abbia classificato il glifosato e il 2,4-D rispettivamente come “probabilmente” e “potenzialmente cancerogeni”. La Commissione europea ha già dato il proprio via libera ed è prevedibile che il Parlamento segua la stessa strada, nonostante alcuni Paesi si oppongano. Si tratta soprattutto di Austria, Germania e Lussemburgo. Il dibattito, dunque, è aperto e non resta che attendere metà dicembre.