È boom dei parti cesarei. Secondo i ginecologi tra 10 anni quasi tutte le donne metteranno al mondo i loro bambini con il bisturi. E già oggi molte vip scelgono di partorire con l’aiuto del chirurgo.
«Certo, l’intervento in certi casi è indispensabile» afferma Irene Cetin, primario di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Sacco di Milano, dove in otto mesi ha fatto scendere i cesarei dal 44 al 39 per cento. «Succede se la placenta è previa, se il piccolo è podalico, se supera i quattro chili di peso e la mamma è minuta, oppure se ci sono due gemelli e uno è in posizione podalica, o, ancora, se il precedente parto è stato cesareo e risale a meno di due anni prima».
La tendenza, invece, è quella di esagerare con la prudenza e ricorrere alla chirurgia in molti altri casi. In realtà, l’aumento vertiginoso dei cesarei non ha portato nessun vantaggio. Gli studi dimostrano che non c’è stata una riduzione delle patologie e della mortalità neonatale. Anzi, a volte è vero il contrario. Il New England Journal of Medicine avverte che programmare un cesareo ed eseguirlo prima della 39ªsettimana aumenta il rischio di complicazioni per il piccolo.
«Non dimentichiamo che il passaggio del bimbo nel canale vaginale lo sottopone a un benefico massaggio che attiva la funzione respiratoria» spiega Cetin.
I buoni motivi per nascere secondo natura sono tanti. Facciamo un esempio: il contatto immediato con la pelle della mamma dà al piccolo un imprinting che favorisce l’allattamento al seno. «Se lasciamo il neonato sul petto della sua mamma, dopo un po’ il bambino riesce ad attaccarsi al capezzolo da solo, perché è un atteggiamento innato. È per questo che in ospedale abbiamo iniziato una sperimentazione provando a mettere subito il bimbo accanto alla madre anche quando si ricorre al parto cesareo» racconta la professoressa Cetin.
Insomma, se un ginecologo prospetta il taglio cesareo già dai primi mesi di gravidanza senza valide ragioni mediche bisognerebbe riflettere e magari cambiare specialista. A maggior ragione se le motivazioni sono antiscientifiche. «Non ha senso raccomandare l’intervento perché la futura mamma è miope, ha una leggera ernia del disco o ha le emorroidi. Eppure succede» avverte la professoressa Cetin.
Persino nelle situazioni più delicate, come il parto podalico o una seconda gravidanza dopo un cesareo, l’intervento non è una indicazione assoluta. «Nel caso del podalico i rischi di sofferenza nella fase espulsiva aumentano ma, se la dilatazione è avanzata, ci sono manovre ostetriche che rendono possibile un parto naturale. Il problema è che, per colpa dei troppi cesarei, si è persa la giusta manualità» dice la ginecologa.
«Una donna che ha già fatto un cesareo, invece, e la seconda volta vuole partorire naturalmente, ha un rischio di rottura dell’utero dello 0,5 per cento, ma è un rischio che, sebbene inferiore, c’è anche nel parto tradizionale: quindi il secondo intervento non è automatico». In queste situazioni sta al ginecologo valutare, caso per caso, insieme alla futura mamma che cosa è meglio fare. Perché la scelta del tipo di parto è un percorso che si fa insieme, mese dopo mese.