Secondo un nuovo studio pubblicato sul Journal of Occupational Health Psychology, le persone con lavori fortemente sedentari corrono un rischio significativamente più elevato di insonnia. «Sappiamo che un sonno regolare è alla base per il benessere e la produttività dei dipendenti, ma il modo in cui la progettazione del lavoro ha cambiato le cose mette a repentaglio la salute del sonno», ha affermato la dott. ssa Claire Smith, autrice dello studio e professoressa all’Università della Florida del Sud.

Come la progettazione del lavoro influisce sul sonno

La ricerca, che ha analizzato i dati di oltre 1.000 dipendenti in un periodo di 10 anni, ha esaminato in che modo la progettazione del lavoro influisce sui modelli di sonno. E per progettazione del lavoro si intendono elementi come la quantità di tecnologia utilizzata, i livelli di attività fisica e gli orari di lavoro.

I partecipanti hanno segnalato le loro abitudini del sonno all’inizio dello studio (dal 2004 al 2006) e di nuovo un decennio dopo (dal 2013 al 2017) utilizzando sei indicatori della salute del sonno: durata del sonno, regolarità, sintomi di insonnia, abitudini del pisolino, stanchezza diurna e tempo impiegato per addormentarsi.

Impieghi e categorie di sonno

Per monitorare i cambiamenti nei modelli di sonno nell’arco di 10 anni, lo studio ha individuato tre distinte categorie di salute del sonno: chi dorme bene, chi soffre di insonnia e chi recupera il sonno. I «buoni dormienti» sono quegli individui che presentano ritmi di sonno ottimali, ovvero cicli di sonno regolari con bassi livelli di stanchezza durante il giorno. Chi soffre di insonnia ha cicli di sonno brevi e livelli più elevati di stanchezza durante il giorno. Chi recupera il sonno rientra in questi due gruppi e spesso fa affidamento sui riposini o su un sonno extra nel fine settimana per compensare i ritmi irregolari del sonno.

Dai risultati è emerso che i dipendenti che operano con orari non tradizionali, in particolare quelli che lavorano di notte, avevano il 66% di probabilità in più di rientrare nella categoria dei catch-up sleeper (cioè quelli che tendono a recuperare il sonno) a causa dei loro turni serali. Smith ha osservato che i colletti bianchi erano più frequentemente categorizzati nei gruppi dei good sleeper (buoni dormienti) o degli insomnia sleeper (insonni), mentre gli operai avevano maggiori probabilità di essere catch-up sleeper a causa dei loro turni impegnativi.

Impiegati in ufficio

Si è rivelato inoltre che i dipendenti che sviluppano cattive abitudini del sonno a causa della progettazione del loro lavoro sono anche a rischio di dover affrontare queste abitudini per anni. Il 90% percento degli insonni ha riscontrato sintomi continui fino a 10 anni dopo.

Secondo un altro studio condotto da Smith in collaborazione con altri autori, chi soffre di insonnia corre un rischio maggiore dal 72% al 188% di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete, depressione e fragilità.

Cosa fare per combattere l’insonnia

Smith riconosce che cambiare lavoro per meglio allinearsi alle esigenze di sonno è irrealistico per la maggior parte delle persone. Tuttavia, se possibile, consiglia di fare un «job crafting», ovvero apportare piccole modifiche durante la giornata lavorativa per allinearsi meglio alle esigenze personali, per affrontare i problemi di sonno.

Per i lavoratori sedentari, questi accorgimenti potrebbero includere brevi pause durante il giorno per muoversi. Brevi periodi di attività fisica, come una veloce passeggiata in ufficio, possono aiutare a sentirsi più stanchi prima di andare a letto e aiutare alcune persone a evitare problemi muscoloscheletrici che interrompono il sonno, ha affermato Smith.

Anche prendere le scale invece dell’ascensore è un piccolo gesto per aggiungere un po’ di attività fisica alla giornata. Infine, se l’attività lo consente, è fondamentale stabilire dei limiti rigorosi per quanto riguarda l’orario di lavoro. Ciò impedisce che le attività notturne alterino l’orologio biologico, il che può portare a dover recuperare il sonno.