La Dottoressa Antonietta Ancona, Responsabile della Radiodiagnostica Senologica di Ospedale Santa Maria – GVM Care & Research, risponde a 10 domande sulla mammografia, per aiutarci a comprendere l'importanza di questo esame diagnostico.
Qual è la differenza fra mammografia ed ecografia?
La mammografia è il test principale per lo studio della mammella nella ricerca di lesioni sospette. È un esame radiologico con elevata sensibilità e specificità, semplice e a basso costo tanto da essere considerato il test utilizzato negli screening per la ricerca del tumore della mammella. La mammografia è indicata per tutte le donne dopo i 40 anni o a volte anche in età inferiore quando è presente una lesione. L’ecografia invece è un esame che può definirsi complementare all’esame mammografico nell’iter della diagnosi. Permette di differenziare un nodulo solido da un nodulo liquido (cisti). È utilissima come guida in tutte le procedure di prelievo con ago. È l’esame più indicato nel monitoraggio delle lesioni benigne nelle giovani donne.
Cosa riesce a vedere la mammografia che agli altri esami sfugge?
La mammografia è un esame radiologico ad alta sensibilità, che consente di evidenziare lesioni tumorali in fase precoce. Ci sono lesioni come le microcalcificazioni (a volte espressione di tumore in situ) che altri esami come l’ecografia non riescono non tanto a vedere quanto a definirne le caratteristiche. Permette di individuare anche piccole alterazioni della struttura e dà una visione spaziale generale della ghiandola mammaria.
I raggi a cui veniamo esposte durante la mammografia sono pericolosi per la nostra salute?
È da sfatare la paura di danno da radiazioni, poiché le dosi erogate dalle moderne apparecchiature sono così basse che non rappresentano più un problema. Non è tra l’altro un esame doloroso come a volte viene raccontato nell’immaginario collettivo.
Esiste una sola tecnica per eseguire la mammografia?
Esiste una tecnica di esecuzione standardizzata per l’esame mammografico. Si eseguono proiezioni con compressione in differente posizione della mammella tanto da poter rappresentare tutto il corpo ghiandolare in quella che è la sua distribuzione spaziale. La mammografia non ammette mediocrità, come affermava il Professor Gros, inventore della metodica. Oggi la mammografia si è evoluta e parliamo sempre più frequentemente di mammografia 3d – tomosintesi. La Tomosintesi-Mammografia 3D è un’evoluzione tecnologica della Mammografia digitale. Si tratta sempre di un esame mammografico con riprese multiple dell’organo che opportunamente rielaborate da un software, permettono una lettura dell’organo “a fette” ovvero strati più o meno sottili, al fine di ridurre le sovrapposizioni delle immagini e poter ottenere così una maggior definizione delle lesioni presenti, evitando il mascheramento da sovrapposizione. Con l’uso della tomosintesi la sensibilità dell’esame aumenta e raggiunge l’85%.
Qual è il momento del mese migliore per una donna per sottoporsi alla mammografia, tenendo conto del ciclo mestruale?
Non c’è alcuna limitazione temporale per l’esecuzione del test. Solo per alcune donne che hanno intenso dolore in fase premestruale l’esame può essere programmato dopo il ciclo.
La tipologia del tessuto mammario (più o meno denso) può incidere sulla chiarezza dell’esame?
Il tessuto ghiandolare nelle donne varia e può rappresentarsi con una struttura altamente densa e radiopaca o trasparente. Le strutture più dense che sono prevalentemente appannaggio delle donne più giovani, possono oscurare lesioni presenti nella mammella. Infatti questo problema crea un limite proprio dell’organo allo studio mammografico. Necessaria in questi casi è l’integrazione con altri test come l’ecografia.
La mammografia è sufficiente per diagnosticare un tumore?
La sensibilità della mammografia (capacità di individuare un tumore) per quanto alta, è intorno al 77-80%, pertanto va detto che circa il 20% dei tumori può non rendersi visibile, o perché troppo piccoli o con caratteristiche istologiche particolari (cr lobulare) o ancora perché la struttura radiologica della ghiandola mammaria è talmente densa, tanto da essere opaca e mascherare eventuali lesioni presenti. Proprio per superare tali limiti, è stata introdotta la Mammografia 3D-Tomosintesi. Bisogna però sempre ricordare che non esiste alcun test che ha il 100% della sensibilità e specificità: ovvero infallibile. La mammografia comunque rimane il primo test e il più importante per le donne dopo i 40 anni o nelle donne asintomatiche.
Cosa succede in caso di mammografia dubbia?
La paziente in cui è presente un dubbio mammografico viene sottoposta ad esami complementari alla mammografia quali la ecografia, la risonanza magnetica o mammografia con contrasto ed infine in caso di dubbio o sospetto a prelievo cito-istologico al fine di tipizzare una lesione in fase di eventuale pre intervento. Tutto questo iter diagnostico deve avvenire secondo un percorso razionale, nel rispetto delle Linee Guida, possibilmente da parte di un unico operatore.
Si può fare la mammografia durante l’allattamento?
Se la paziente deve eseguire un esame di controllo routinario è preferibile rinviarlo alla fine dell’allattamento, poiché la mammella in questa fase funzionale è particolarmente densa e difficilmente esplorabile. Solo in casi di sospetto tumore può essere eseguito un esame mammografico in allattamento. L’aver eseguito un esame mammografico non compromette l’allattamento.
Quali indicazioni si possono trovare nel referto della mammografia?
Nel referto mammografico oltre alla descrizione della struttura della mammella, vanno descritte una o più eventuali lesioni definendole come sede, dimensioni, caratteristiche. La parte però principale del referto sono le conclusioni. Laddove le conclusioni non sono possibili, bisogna indicare nel referto il successivo iter diagnostico da intraprendere e con quali esami. L’ideale sarebbe poter emettere un referto conclusivo dopo aver effettuato almeno gli esami di base (esame clinico, mammografia, ecografia) con consiglio di ripresa del follow up nei casi negativi ovvero indicazione ad approfondimenti diagnostici (prelievo con ago, risonanza magnetica, etc..) per la pianificazione chirurgica nei casi sospetti – positivi.
Il referto scritto è importantissimo ma ancora più importante è la comunicazione della diagnosi da parte del medico direttamente alla donna e la spiegazione chiara e semplice dell’iter da intraprendere.