La meningite per tutti noi ha un nome e un volto, Bebe Vio. La sua energia e il suo sorriso rappresentano nel mondo la lotta alla malattia ma, come lei, sono tanti i giovani costretti ancora oggi a fare i conti con le conseguenze del meningococco, il batterio responsabile della meningite.
Davide Morana e gli atleti colpiti dalla meningite
Come Davide Morana, oggi 30enne, anche lui atleta paralimpico, colpito dal batterio quando aveva 24 anni. La sua storia, insieme a quella dei nuotatori Ellie Challis e Théo Curin, vuole diffondere una cultura della malattia, ancora poco raccontata e conosciuta, e sensibilizzare tutti, famiglie, associazioni, clinici, all’importanza del vaccino.
La Bandiera della Lotta alla Meningite: cos’è
Per questo dal 5 ottobre – Giornata mondiale della meningite – sventola (e sventolerà sempre di più) la Bandiera della Lotta alla Meningite, un simbolo di impegno e di determinazione per sconfiggere la patologia entro il 2030. La bandiera è il frutto di un’iniziativa globale realizzata grazie alla collaborazione di diversi attori: la Fondazione per la Ricerca sulla Meningite (MRF), la Confederazione delle Organizzazioni per la Meningite (CoMO) – di cui fa parte il Comitato Nazionale contro la Meningite “Liberi dalla Meningite” – la casa farmaceutica Sanofi e i para-atleti Ellie Challis (Gran Bretagna), Théo Curin (Francia) e il nostro Davide Morana.
La bandiera (realizzata dalla giovane designer Laura Spring) raccoglie nel design e nei colori lo spirito di pazienti, famiglie, medici e associazioni, tutti uniti nel combattere la meningite. Un semicerchio giallo, il sole della speranza dentro ciascuno di noi. Un triangolo viola, appuntito come una freccia lanciata verso il futuro, veloce come devono essere le diagnosi. Due triangoli blu, per rappresentare la calma e la determinazione verso l’obiettivo di sconfiggere la malattia entro il 2030.
Le meningite e Davide Morana
La meningite infatti non è stata sconfitta, nonostante il vaccino. È la sesta malattia infettiva mortale più diffusa al mondo con più di 2,5 milioni di persone colpite ogni anno. Anche Davide Morana ha rischiato di morire. Lo raggiungiamo mentre si trova a Bergamo, uno dei centri specializzati nell’accogliere e sostenere gli atleti paralimpici. «Avevo 24 anni ed ero in Spagna da tre con la mia ragazza di allora e attuale compagna. Avevo lasciato l’Italia e la mia Sicilia con un biglietto di sola andata, partito insomma all’avventura alla ricerca di un lavoro e del mio futuro. L’avevo trovato, quando una febbre strana, con dolori strani, mi colpì all’improvviso. Quando si presentarono i sintomi tipici, cioè il vomito, il dolore alla testa e le macchie porpora sul corpo, era già tardi. La marcia del meningococco era stata rapidissima. I medici diedero poche speranze alla mia famiglia: io avrei dovuto morire. Invece mi risvegliai dal coma, ancora con le mie gambe e le mie braccia, e fui grato alla vita. C’ero ancora, e quello per me era tutto. Il resto sarebbe stato solo una discesa».
La riabilitazione di Davide
Potenza della mente. Il dopo non fu una discesa, con le amputazioni e la riabilitazione, ma una lenta e sofferta salita alla conquista della nuova indipendenza, tra svariati dolorosi trapianti di pelle, costanti ingressi in chirurgia plastica, la sensazione dell’arto fantasma. Questo ragazzo solare e sorridente infatti perse la parte inferiore delle gambe e gli avambracci, ma non la positività e la voglia di riprendersi se stesso: e così ogni giorno divenne un piccolo passo verso una nuova libertà, la conoscenza delle protesi, l’adattamento a una vita diversa. «Se prima lo sport era una medicina per il corpo e l’anima, dopo per me fu la salvezza. La determinazione e la concentrazione che mi servivano per tornare a muovermi e camminare, diventarono la chiave per spingermi oltre e diventare un vero atleta. Ora corro nella Nazionale di atletica i 200 e 400 metri e punto alla qualificazione per le Paralimpiadi di Parigi del 2024». Ma la sua storia vuole essere soprattutto una testimonianza in favore della scienza. «Il ceppo di meningococco che mi ha colpito è il più comune, il C, per il quale esiste un vaccino da tempo. Eppure sono bastate 24 ore per portarmi in fin di vita. Io sono stato fortunato, ma quanti bambini e ragazzi invece muoiono o riportano danni molto gravi?».
L’incidenza della meningite
Davide Morano e gli altri atleti mettono a disposizione le loro storie e i profili social per fare divulgazione sulla malattia e soprattutto sensibilizzare alla prevenzione. «La prevenzione è l’unica arma veramente efficace che abbiamo contro la meningite» spiega la dottoressa Elena Bozzola, pediatra consigliere nazionale della Società italiana di Pediatria. «Questa malattia colpisce per fortuna sempre meno in Italia, con 0,3 casi su 100mila nel 2019 (0.04 casi su 100mila nel 2021), ma nei più piccoli si sale a 1.5 su 100mila. Nel 10-12 per cento dei casi si può andare incontro alla morte, anche se la malattia viene riconosciuta e trattata. Quando il meningococco colpisce, infatti, può essere difficile arrestarlo: può anche portare a conseguenze gravi dal punto di vista neurologico e psicologico se colpisce il sistema nervoso centrale, oppure può compromettere l’apparato visivo e uditivo, la cute lasciando cicatrici profonde e tanti altri organi. In alcuni casi innesca una coagulazione intravascolare
disseminata che crea danni agli arti e cicatrici profonde». Come vediamo sul corpo di Davide e Bebe.
Dove si trova il batterio del meningococco
Il batterio del meningococco in molti casi può non dar segno di sé, ovvero si è portatori asintomatici, cioè non ci si accorge neanche di averlo. «È stato trovato perfino sotto il naso dei bambini che vanno a scuola» dice la dottoressa. «Accade però che a volte le forme non siano lievi o che da lievi diventino
aggressive e il batterio attacchi cute, organi e apparati. Nel 2019 circa 200 all’anno in Italia sono le forme invasive diagnosticate sotto forma soprattutto di meninigite o sepsi, rari i casi di polmonite e artrite settica».
Più colpiti i piccolissimi e gli adolescenti
Non sono solo i piccolissimi a rischiare di essere colpiti, ma tutti possono contrarlo. In particolare i giovani tra i 15 e i 24 anni sono il secondo gruppo per fascia d’età a rischio. Per questo è importante vaccinarsi, anche in adolescenza». Tanto più che i vaccini a disposizione oggi sono diversi e la ricerca ha individuato parecchi ceppi. «I sierogruppi sono 13 ma solo alcuni sono pericolosi per l’uomo. In Italia, il meningococco B la fa da padrone ma stanno aumentando i casi di Y e W» prosegue la dottoressa Bozzola. «Oggi già nei primi mesi di vita si somministra un vaccino contro il B e al compimento del primo anno un quadrivalente che protegge con un’unica iniezione contro A, C, W e Y. Il nuovo piano di prevenzione vaccinale 2023-25 permette alle regioni di fornire vaccini contro ACWY anche in adolescenza. In alcune regioni (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Lazio, Basilicata e Veneto) si fornisce gratis agli adolescenti anche il vaccino contro il sierogruppo B». Insomma, chiedere al proprio medico non costa nulla. Non vaccinarsi invece può fare la differenza.