Difficoltà a ricordare parole e numeri, perdere oggetti come le chiavi o scordare dove si è lasciata la macchina, difficoltà a concentrarsi (perdersi nei propri pensieri, perdere il filo del ragionamento, distrarsi più facilmente), difficoltà a passare da un’attività all’altra, dimenticarsi la ragione per cui si fa qualcosa (per esempio perché ci si è recate in una stanza) e dimenticarsi di eventi o appuntamenti. Se questi inciampi di memoria si accompagnano a disturbi del sonno, cambiamenti d’umore e vampate di calore, e siete nella fascia d’età tra i 45 e i 55 anni, allora possono essere causati dalla menopausa.

La menopausa può provocare disturbi cognitivi?

Studi scientifici infatti dimostrano che anche la memoria con la menopausa subisce alcune modificazioni legate alle oscillazioni ormonali. Questi disturbi cognitivi, il cosiddetto “cervello nella nebbia”, sono reali e non frutto dell’immaginazione. In occasione della Giornata mondiale della menopausa – il 18 ottobre – la Società internazionale della menopausa vuole proprio porre l’accento sul “cervello nella nebbia” , un fenomeno normale e frequente nelle donne tra i 45 e i 55 anni. Una fase della vita fisiologica, su cui pian piano sta cadendo lo stigma, grazie agli studi scientifici da un lato e, dall’altro, a tante donne dello star system che si espongono in prima persona (per esempio Monica Bellucci, Heather Parisi, Maria Grazia Cucinotta, Naomi Watts e Gwyneth Paltrow), con l’obiettivo di spingere le donne a cercare soluzioni concrete per stare meglio, spogliandosi dei pregiudizi che ancora pesano su questa condizione.

I disturbi cognitivi in menopausa sono la spia di demenza precoce?

I fastidi che compaiono in menopausa sono tutti strettamente legati, quindi anche il cervello ne è coinvolto. Ma questi deficit cognitivi nella maggior parte dei casi sono passeggeri e non sono i primi segni di una forma di demenza. Ci rassicura così Rossella Nappi, professoressa ordinaria di Ostetricia e ginecologia all’Università di Pavia, ginecologa presso il Policlinico San Matteo di Pavia e Nuovo presidente eletto della Società Internazionale della Menopausa. «Spesso le donne sono preoccupate riguardo al fatto che questi problemi di memoria possano rappresentare una manifestazione precoce di un disturbo cognitivo come demenza o malattia di Alzheimer. Ma in base agli studi, possiamo dire che se tutte le donne sono destinate ad attraversare la menopausa, la maggior parte di loro non svilupperà un quadro di demenza. In questa fase della vita, i casi di demenza sono molto rari, a meno della presenza di familiarità per malattia di Alzheimer a esordio precoce».

Le vampate di calore sono pericolose per i disturbi cognitivi?

Il “cervello nella nebbia” è strettamente legato alle vampate di calore e migliora una volta superata la menopausa, come spiega l’esperta. «Un ultimo studio pubblicato sulla rivista Neurology dimostra che le vampate di calore tipiche della menopausa non sono solo un disagio momentaneo, ma nel tempo provocano un danno alla sostanza bianca del cervello. Avere tante vampate quindi non fa bene al cuore, ma neanche al sistema nervoso centrale. Si tratta di piccoli eventi che, ripetuti nel tempo, mettono sotto scacco i vasi del cuore e i neuroni».

Con quanta frequenza dovrebbero presentarsi le vampate per preoccuparci?

«Questi episodi – prosegue l’esperta – sono davvero impattanti quando arrivano a 35 alla settimana, una media di sette tra giorno e notte. Situazioni che creano ansia, confusione, stress e disagio soprattutto in ambito lavorativo, perché in grado di condizionare le nostre performance e relazioni. Goccia dopo goccia, sono in grado di creare un profondo malessere che condiziona anche l’umore e l’autostima».

Come si curano le vampate di calore?

Ridurre le vampate è quindi importante sia per preservare il nostro cervello dal decadimento – in parte temporaneo – sia per farci stare meglio al lavoro, in famiglia, con gli altri. Da tempo, come spiega la professoressa Nappi, si sta lavorando a un farmaco non ormonale in grado di spegnere il meccanismo della vampata. «Sarebbe l’ideale per tutte quelle donne che non possono seguire una TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva) perché hanno avuto un cancro al seno o alle ovaie oppure hanno un rischio di trombosi elevato. I filoni di ricerca sono due al momento e i dati sempre più incoraggianti. La nuova pillola servirà a modulare l’NKB, un recettore specifico del cervello, inducendolo a spegnere la vampata: in pratica il farmaco funzionerebbe da intermediario tra gli estrogeni e il meccanismo stesso della vampata. Per ora due farmaci sono in fase avanzata di studio, ma non sono ancora disponibili in Europa e presto ci arriveremo».

Si possono migliorare i disturbi cognitivi in menopausa?

La terapia ormonale sostitutiva (TOS) rappresenta il trattamento più efficace di tutti i disturbi legati alla menopausa, tra cui quelli cognitivi. Spiega la professoressa Nappi: «Fino a un certo periodo si pensava che questa terapia potesse aumentare il rischio di demenza. Tuttavia, i dati scientifici ci dicono che, se si è in buona salute e si inizia la TOS in prossimità della menopausa, non vi sono rischi sul versante cognitivo. Per di più, l’assunzione di una terapia solo estrogenica sembra essere sicura in termini di rischio cognitivo, anche se assunta nella fase di post menopausa tardiva».

È vero che la terapia ormonale sostituiva provoca tumori?

Fino a poco tempo fa la terapia ormonale sostituiva a base di estradiolo e progesterone veniva demonizzata, ma ora si sa che i benefici sono largamente superiori ai rischi. «Lo dimostrano tutti gli ultimi studi e pure l’analisi delle casistiche che avevano creato tanto timore in passato: oggi possiamo dire che la TOS regala benefici enormi sul fronte osteoporosi e rischio cardiovascolare, addirittura riduce il rischio del diabete dl 13 per cento. Attenzione al diabete in menopausa perché è il killer cardiovascolare peggiore che esista: se una donna si ammala di diabete negli anni della menopausa e non viene curata, la probabilità di infarto o ictus è molto alta».

La terapia ormonale sostituiva è per tutte?

La TOS va somministrata in un certo periodo e in alcuni casi: «La TOS è indicata per donne che abbiano sintomi conclamati e si trovino nella cosiddetta finestra delle opportunità, cioè intorno alla menopausa o durante la stessa. Purtroppo molto spesso ancora oggi le donne vengono trattate in ritardo, nell’erronea convinzione che debba passare un anno dall’ultima mestruazione. Non è così». La professoressa Nappi ha dedicato la sua vita e i suoi studi a diffondere la cultura della menopausa: «Bisogna prepararsi al cambiamento: la menopausa va riconosciuta prima, nella fase cosiddetta di perimenopausa, quando arrivano i primi segni del cambiamento del ciclo, le vampate e i mutamenti d’umore. È quello il momento giusto per andare da un ginecologo esperto in questo tema e capire cosa sta succedendo. I principali tumori ginecologici, come quelli che colpiscono il seno e l’endometrio, dipendono dalle irregolarità dell’equilibrio tra estrogeni e progesterone che porta a proliferare i tessuti».

Quando iniziare a occuparsi della menopausa?

Molte donne iniziano a entrare in menopausa semplicemente con un senso di gonfiore, la cefalea o sbalzi di pressione: «È lì che si può già agire con una dieta mirata e uno stile di vita attivo. Il cibo giusto e il movimento prevengono proprio la sindrome metabolica che è alla base di tanti scompensi. Gli ultimi studi dimostrano che i danni si possono ridurre anche sette anni prima della menopausa vera e propria, cioè a partire dai primi cambiamenti del ciclo».

Si può prevenire o ritardare l’insorgenza di demenza?

Non bisogna pensare che estrogeni e progesterone possano in generale risolvere disturbi cognitivi o diminuire il rischio futuro di decadimento cognitivo e demenza, come ci dice la professoressa. «La TOS è una terapia da modulare sulla singola persona, soprattutto in presenza di disturbi e il prima possibile». Più semplicemente, se soffrite di disturbi cognitivi in menopausa e siete preoccupate del rischio di sviluppare un quadro di demenza in futuro, potete sforzarvi di rimanere in salute per ritardare o addirittura prevenire l’insorgere di demenza. Alcuni fattori di rischio di demenza non si possono cambiare, come l’età, il sesso femminile e la genetica, ma molte abitudini sì, come ci elenca l’esperta: «Fare almeno 150 minuti alla settimana di attività aerobica moderata, seguire la dieta mediterranea, evitare di mangiare cibi zuccherati, controllare il cuore, il diabete e l’ipertensione, evitare i fumo, fare vita sociale ed esercitare il cervello: son0 regole d’oro per proteggere il nostro cervello in menopausa».

Che legame c’è tra l’aumento di peso e i disturbi cognitivi?

In menopausa è normale aumentare di peso, e non solo perché con l’età si riduce il metabolismo basale, cioè la quantità di energia che ogni cellula impiega per far funzionare l’organismo. In questa fase, l’aumento del grasso è un meccanismo di compensazione che il corpo mette in atto. «La menopausa, con il calo degli ormoni femminili, spinge all’accumulo di grasso perché la massa grassa produce estrogeni. E il corpo sa che possono aiutare. Ma proprio perché gli estrogeni non ci sono più, l’accumulo avviene sull’addome, dove c’è una prevalenza di androgeni, gli ormoni maschili. E infatti gli uomini ingrassano soprattutto lì. Dai 45 ai 55 anni il girovita delle donne può crescere anche di 5 centimetri e il peso dai 4 ai 6 chili, se non si fa nulla per ridurlo».

Le vampate oltre a danneggiare il cervello fanno ingrassare?

Il problema non è solo estetico ma di salute generale. «Questo tipo di grasso è insulino resistente: difficile da eliminare, ma soprattutto legato all’aumento del colesterolo e della glicemia, fattori che peggiorano se si è stressati. Lo stress, che quindi interferisce con la massa grassa, si accende con le vampate, che a loro volta aumentano l’accumulo di grasso. Un circolo vizioso pericoloso che si può interrompere con una dieta mirata e l’attività fisica».