Le microplastiche sono ovunque, anche all’interno del corpo umano. Particelle sono state ritrovate nel sangue, nelle reni, nel midollo osseo, nel pene, addirittura nel latte materno e nella placenta. Non fa eccezione il cervello umano, nel quale ne è stata rinvenuta una quantità che è equivalente a un cucchiaino di plastica. Ora uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del New Mexico e pubblicato su Nature Medicine ha rilevato un dato ancora più allarmante, e cioè il loro aumento esponenziale negli ultimi 50 anni. Un’impennata che non è destinata a interrompersi visto che la loro presenza potrebbe raddoppiare entro il 2040.

Cosa sono le microplastiche?

Le microplastiche sono particelle minuscole, dalle dimensione comprese tra i 330 micrometri ai 5 millimetri. Possono avere origine dalla produzione di manufatti in plastica o fibre sintetiche, oppure derivare dalla disgregazione di rifiuti più grandi. Quando finisce in acqua infatti, la plastica tende a dissolversi in maniera estremamente lenta a causa di vari processi chimici o fisici. Durante questo tempo si staccano minuscoli pezzetti che attraverso inalazione e ingestione finiscono nel nostro organismo. La più comunemente trovata è il polietilene, quella che si usa nei sacchetti e nelle confezioni di alimenti e bevande.

Sempre più microplastiche nel cervello

La ricerca condotta dall’Università del New Mexico ha concluso che le microplastiche nel cervello umano hanno ormai raggiunto una soglia spaventosa, pari allo 0,48% del peso totale dell’organo. Il dato è stato ricavato dall’analisi del tessuto cerebrale di decine di autopsie effettuate tra il 1997 e il 2024 su individui di età tra i 45 e i 50 anni. Gli studiosi hanno preso a campione il tessuto cerebrale, epatico e renale di 28 persone decedute nel 2016 e di 24 decedute nel 2024 nel New Mexico.

Hanno così notato sia che la concentrazione microplastiche era molto più alta nel tessuto cerebrale che negli altri tessuti, sia che nei campioni di cervello e fegato più recenti era in generale più alta rispetto a quelli più vecchi. Estendendo l’analisi a campioni di tessuto cerebrale di persone morte tra il 1997 e il 2013 sulla costa ovest degli Stati Uniti, hanno constatato un aumento di concentrazione col passare del tempo.

Le microplastiche nel cervello: come ci sono arrivate?

Gli studi condotti dai ricercatori hanno individuato nel cervello umano ben 12 varietà di microplastiche differenti. Nei campioni esaminati erano presenti gruppi di minuscole schegge di plastica affilate con un diametro di soli 200 nanometri, solo due o tre volte più grandi di un virus. La loro dimensione è abbastanza ridotta da poter attraversare la membrana che protegge il sistema nervoso centrale dalle tossine. Entrano nell’organismo attraverso cibi o bevande ma anche semplicemente respirando, ma ciò che non è chiaro è come abbiano potuto raggiungere il cervello.

I rischi per la salute

Gli effetti che le microplastiche possono avere sulla salute non sono ancora del tutto chiari. Non si esclude una connessione con lo sviluppo di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. Sono inoltre collegate a ictus e attacchi cardiaci perché possono bloccare i vasi sanguigni. Per questo motivo sarà prioritario per gli scienziati capire meglio le vie di esposizione e assorbimento. Nel frattempo per proteggerti il più possibile potresti ridurre al minimo l’acquisto di cibi imballati nella plastica. In più preferisci sempre contenitori in vetro o acciaio inossidabile per la conservazione.